Matteo 17,10-13



Parola del Signore
Dal Vangelo secondo Matteo 17,10-13

Testo del Vangelo
Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

 

Recita
Vittoria Salvatori

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

Meditazione
Don Oreste Benzi
Recita don Valerio Celli

La meditazione è tratta da "Pane quotidiano", bimestrale con le Letture di ogni giorno commentate da don Oreste Benzi. L'utilizzo del testoè stato gentilmente concesso dall'Associazione Papa Giovanni XXIII

Meditazione
«Anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire». Ci sono due modalità diverse di affrontare il dolore: il dolore con la speranza e il dolore senza speranza. Il dolore senza speranza si chiama disperazione. Non prendete la parola disperazione come sinonimo di dolore, disperazione è un dolore senza speranza. La disperazione, vi garantisco, è una sensazione che vi prende dentro, che vi fa sentire l’impotenza, l’ingiustizia. Ecco allora che c’è bisogno di sperare. La speranza è una terapia del dolore. Direi che il dolore, in qualche modo, pone come necessario sperare, e sperare vuol dire credere. Ma credere in che cosa? C’è una sola risposta ed è quella della condivisione: «Io sono qui con te per soffrire, sono qui per condividere il tuo dolore». Gesù, Figlio di Dio, uguale al Padre, si è “incarnato”, è diventato uomo ed ha condiviso la vita umana a partire dagli ultimi, dai fuori casta, dai rifiutati da questo mondo. Come Cristo ha condiviso la vita dell'uomo prendendo la forma di schiavo, non tenendo per sé ciò che era di privilegio rispetto all'uomo, così dà a noi quella luce che ci fa sentire che non siamo noi stessi secondo Dio, se non saldiamo la nostra vita all'ultimo in ogni ambito dove ci troviamo, se non scegliamo liberamente ciò che l'ultimo è costretto a vivere per forza.

 

 

 

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