Madeleine Delbrêl (13 Ottobre)



Madeleine Delbrêl. Una biografia
12 maggio 1993; 4 ottobre 1996; 26 gennaio 2018. Tre date da tenere a mente..

Un uomo bussa alla porta di Rue Raspail 11, una donna lo accoglie, lo fa accomodare in una stanza con un grande tavolo ovale. La donna si accende una sigaretta.. passa qualche minuto di assoluto silenzio..

«Qui est-tu? De quoi as-tu besoin? Qui cherches-tu? Chi sei? Di cosa hai bisogno? Chi cerchi?», chiede lei all’incerto ospite dopo aver inalato, trattenuto ed espirato l’insano fumo. In quella casa, che chi vi abita chiama “Monsieur Raspail”, quasi fosse un essere vivente, tre giovani donne hanno scelto, senza darsi alcuna regola, di vivere semplicemente il Vangelo. Chi sono?

Il 15 ottobre 1933, nel giorno in cui la Chiesa celebra Teresa d’Avila, le tre entreranno in una casa di Ivry-sur-Seine, periferia parigina. Una casa speciale. Esattamente 65 anni dopo, altri giovani, questa volta maschi e femmine, entreranno in un’altra casa, certo meno nota, ma agli occhi di Dio altrettanto speciale: quella del Punto Giovane di Riccione, che darà vita ad un’avventura appassionante, che dura tutt’ora. Ma questa, come si dice, è un’altra storia. 

Torniamo alle ragazze francesi, che hanno da poco traslocano in quell’appartamento e lì hanno scelto di chiamarsi Èquipe, “squadra”, a sottolineare che il soggetto di ogni atto d’amore è prima di tutto il “noi”. Un’abitazione volutamente sganciata dal centro parrocchiale di San Giovanni Battista, in cui erano state fino a quel momento. La scelta è dovuta ad almeno un paio di motivi: un migliore inserimento nel tessuto sociale e per essere più libere di assumere una forma di apostolato, diciamo così, originale. Le tre si chiamano Susanne, Hélène e Madeleine, e qualche anno prima avevano dato vita a “La Charité de Jésus”, un gruppo che, sulla scia di san Vincenzo de’ Paoli, aveva malati ed emarginati come oggetto di predilezione. Se oggi questo manipolo di ragazze può sembrarci non così originale, delle laiche – tra l’altro neppure consacrate – che vivono “nel mondo”, al tempo si trattò di qualcosa di davvero rivoluzionario. 

A Ivry la vita non sarà facile, come lasciò già intuire quel 15 ottobre 1933 quando, appena scese dal tram, le tre giovanotte vengono prese a sassate, con ogni probabilità per i vestiti che indossano, ragion per cui li smetteranno subito, per essere tre di loro a partire dagli abiti. E in quel quartiere occorre immediatamente dire da che parte stai: nella maggioranza povera, comunista, o dall’altra, quella minoranza anziana e benestante, cattolica? Ivry, sobborgo che sa tanto di laboratorio di sinistra, dove la Chiesa fatica a dire la sua, a meno che.. A meno che non accetti di impastarsi col resto della ciurma, di insinuarsi tra i meandri del marxismo, di scorrere in quelle vene rosse che più rosse non si può! Madeleine capisce che non può, e non vuole farne a meno, perché «Une fois connue la parole de Dieu […], nous appartenons à ceux qui l’attendent. Una volta conosciuta la parola di Dio […] apparteniamo a coloro che la aspettano». Comprende insomma che le è chiesto di diventare come i suoi interlocutori, se vuol davvero comunicare loro l’incomunicabile: «Pour nous, gens de la rue […] Le monde entier est comme un face-à-face avec lui, dont nous ne pouvons pas nous évader. (per) noi gente di strada […] Il mondo intero è come un faccia a faccia con lui dal quale non possiamo evadere», “facce” alle quali, sole, dobbiamo realmente obbedienza, sorta di superiori di quell’immenso monastero che è il mondo, la Ville Lumière nel suo caso.

«Et ne soyons pas fiers: Dieu ne laisse rien au hazard […] L’obéissance, pour “nous, gens de la rue” est de nous plier aux manies de notre époque. E non facciamo gli orgogliosi: Dio non affida nulla al caso […] L’obbedienza, per “noi gente di strada” è piegarci alle manie della nostra epoca».

Queste poche battute bastano già, sole, a dirci che la protagonista di questa grande storia è Madeleine. Allora, riavvolgiamo il nastro..

Nasce il 24 ottobre 1904 a Mussidan, un’ottantina di chilometri da Bordeaux, unica figlia dell’inquieto ferroviere, oltre che poeta mancato, Jules Delbrêl e della benestante Lucile Junière. Il fatto di non avere fratelli e sorelle la rivestirà oltremisura di attenzioni, trasformandola in «una sorta di riscatto esistenziale» da parte dei genitori, afferma la scrittrice e giornalista Maria Amata Di Lorenzo, nella sua biografia di Madeleine. Ma a tale eredità la piccola non si sottrae, scrivendo e riflettendo spesso su tutto, prendendo lezioni di musica e disegno. Nel 1915, nel giorno in cui riceve la prima Comunione, nel suo quaderno scrive: «Quand je serai grande, je convertirai les gens. Da grande convertirò le persone».

Basteranno pochi anni, quelli che segneranno il primo conflitto mondiale, a far sbiadire l’inchiostro di quelle parole, facendole perdere la fede. L’anno dopo la famiglia si trasferisce a Parigi, in Piazza Denfert-Rochereau 3. Nel 1919 è la volta di piazza Saint Jacques. Poi, come detto, sarà la periferia di Ivry ad attenderla, in quella Route de Choisy 207, “strada scelta” – questa la traduzione in italiano – che è già un indirizzo profetico. Infine al civico 11 di Rue Raspail, sempre ad Ivry.   

Le piace la musica, la poesia e andare a ballare (spesso trascorrendo l’intera notte nelle sale), fuma e si veste alla moda. Si dichiara atea, senza esitazione, vede l’arte come sola possibilità di trasformare la disperazione in bellezza. A 15 anni scrive che «Il mondo è assurdo, (e) la vita è un non senso», per rincarare la dose due anni più tardi, come sappiamo da un suo tema: «Dieu est mort, vive la mort! […] Il faut avoir l’honnêteté de ne plus vivre comme s’il vivait. Dio è morto, viva la morte! […] bisogna avere l’onestà di non vivere più come se egli vivesse».

Dopo una delle sue tante nottate danzanti incontra un gruppo di giovani che «Ils parlaient de tout, mais aussi de Dieu, qui pour eux semblait indispensable comme l’air. Parlavano di tutto, ma anche di Dio, che per loro sembrava indispensabile come l’aria».. ma come? Tra costoro spicca Jean Maydieu, interessato di politica, ma soprattutto carino, intelligente e simpatico: se ne innamora. Lui ricambia e si mettono insieme, trascorrendo giornate in barca e a ballare. Cosa si può desiderare di più alla soglia dei vent’anni? Piccolo problema.. un giorno Jean sparisce senza nemmeno avvisarla. Nessun segnale, non una lettera di spiegazione, nulla! Dov’è finito? Scoprirà un giorno che.. è entrato come novizio nei Domenicani. Madeleine non si rassegna, lo va a cercare, ma al convento non le danno alcuna risposta. Nulla sarà più come prima.

Col senno di poi capirà che quell’incontro non era stato casuale, né tanto meno un incidente di percorso: Jean le aveva dimostrato, con la vita, che la fede poteva – forse doveva – andare a braccetto con l’intelligenza e la ricerca della bellezza. Dio la stava aspettando proprio in quel ragazzo, ma per mandarla altrove, come una fionda! Le occorre però del tempo per digerire la botta: un anno di depressione, aiutata in una casa di cura.

«A vent’anni Madeleine – scrive la Di Lorenzo – ha compreso che nessuna sapienza umana è in grado di soddisfare le sue drammatiche domande sul dolore, sulla malattia, sulla guerra, sulla vecchiaia, sulla morte, ed è la conoscenza di quei giovani credenti a darle per la prima volta il sentore di un mistero […] lei che aveva considerato Dio come morto, inattuale, improbabile e improponibile».

Quindi? Sceglie di pregare: quel “Dio assurdo” aveva bisogno di essere indagato, approfondito, conosciuto. Non poteva più fare a meno di provarci! Quell’esperienza la definirà anni dopo come “abbagliamento”. Prova allora a far suo un suggerimento di Jean: starsene in silenzio, pensando a Dio per almeno 5’ al giorno.. non è tanto, ma quanto basta per farglielo trovare: «J’ai trouvé Dieu en lisant et en réfléchissant; mais c’est en priant que j’ai cru que Dieu me trouverait. Leggendo e riflettendo, ho trovato Dio; ma pregando “ho creduto” che Dio mi trovasse». «La conversion arrive un jour décisif qui nous éloigne de ce que nous savons de notre vie, puisque, face à Dieu […] il nous dise ce qu’il en pense e ce qu’il ne veut pas faire. La conversione accade in un giorno decisivo che ci distoglie da ciò che sappiamo della nostra vita, perché, faccia a faccia con Dio […] ci dica quello che ne pensa e quello che ne vuol fare».

Ogni cosa da lei pensata, sperimentata e amata fino a quel momento – dalla musica alla filosofia, al ballo – trovava un senso e acquistava una luce nuova. Nessuna rinuncia le veniva chiesta, solo di guardare la vita con occhi nuovi, ma quella vita nuova, ora, le chiedeva altro, in primis di girare pagina: si appassiona alla Bibbia e ai santi Giovanni della Croce e Teresa d’Avila, tanto da maturare l’idea di farsi carmelitana scalza.. ma come fa ad abbandonare i genitori, lei, figlia unica, con un padre quasi cieco e affetto da squilibri psichici?!

Ad attenderla c’è un altro incontro maschile, quello col prete Jacques Lorenzo, che prima le propone di entrare negli scout, di cui è cappellano, poi di studiare da assistente sociale. Capirà più tardi che.. il monastero che l’aspetta è il mondo, dato che, è lei stessa a scriverlo, «Il y a des lieux où souffle le Saint-Esprit, mais il y a un Esprit qui souffle dans tous les lieux. Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito, ma c’è uno Spirito che soffia in tutti i luoghi».

Nessun ripiego, ben inteso. D’accordo, ma cosa fare? dove andare?  

La già citata Di Lorenzo sottolinea come, nel 1943, l’allora arcivescovo di Parigi Emmanuel Suhard avesse dato vita al documento La France, pays de mission?, frutto di una ricerca che evidenziava lo stato di scristianizzazione del mondo dei lavoratori, scristianizzazione di cui la Chiesa ammetteva le proprie colpe. Se quello transalpino era diventato un “paese di missione”, beh, allora andava evangelizzato come tale. È per questo fine che a Lisieux, proprio là dove aveva vissuto Teresa Martin, canonizzata nel 1925, verrà aperto un seminario d’eccezione, capace di preparare preti missionari, pronti ad andare là dove sembra impossibile andare, dalle fabbriche alle periferie più dimenticate, un seminario posto non a caso sotto la protezione di Teresa, lei che attraverso la “piccola via” ci ha insegnato che ogni missione inizia dal più minuscolo gesto quotidiano. Teresa che, nel 1944, Pio XII proclamerà patrona secondaria della Francia, assieme a Giovanna d’Arco. E Jacques Lorenzo sarà tra i primi a partecipare a questo “laboratorio missionario”, lui che è guida spirituale di Madeleine, che più volte viene invitata a parlare in quel seminario, lei che scrisse Noi delle strade, diventato poi un pilastro della spiritualità cattolica del tempo. È in questo clima, in sintesi, che prenderà vita il fenomeno dei cosiddetti “preti-operai”, inizialmente attenzionato – per usare un eufemismo – dalla Santa Sede.

Cosa si temeva davvero? Anzitutto che il comunismo potesse “deviare” i preti, e che la loro vita venisse un po’, come dire, annacquata, dissolta, sfumata, perdendo il suo proprio. Risultato? Fine dei giochi, così sentenziò nel 1952 l’allora Sant’Uffizio, oggi Dicastero per la Dottrina della Fede: l’esperimento dei “preti-operai” doveva fermarsi. Occorrerà attendere il 7 dicembre 1965, quando il Decreto Conciliare Presbyterorum Ordinis permetterà nuovamente un ministero vissuto in mezzo ai lavoratori.

Questa fase di arresto del movimento, Madeleine la visse mooolto male, scelse infatti di recarsi in treno sulla tomba di Pietro, per pregarci su ben dodici ore filate. Quanto alla ripresa del movimento, possiamo solo immaginarlo, dato che morirà un anno prima di quel decreto..

Ma alla Chiesa fu, nonostante tutto, sempre obbediente, a partire dalle piccole cose concrete: «Quand nous serons habitués à livrer notre volonté à l’arbitre de beaucoup de petites choses, nous ne trouverons plus difficiles, à l’occasion, de faire la volonté de notre chef de service, de notre mari, de nos parents. Quando ci saremo abituati a consegnare la nostra volontà all’arbitrio di tante piccole cose, non troveremo più difficile, all’occasione, fare la volontà del nostro caposervizio, di nostro marito, dei nostri genitori», e ognuno potrebbe aggiungere le figure o le situazioni che più spesso incontra nelle ventiquattr’ore di ogni giorno. Sapeva insomma obbedire, letteralmente “ascoltare chi (e cosa) aveva davanti”, ma standoci dentro in modo critico, senza temere, ad esempio, di richiamare i preti sul loro apostolato, lei, donna di quel tempo, in tutto rivoluzionaria:

«Si je t’aime, communiste, ce n’est pas malgré l’Eglise, mais grâce à elle et en elle. Se ti amo, comunista, non è malgrado la Chiesa, è grazie a lei e in lei!». Una rivoluzione, la sua, ispirata e guidata dalla Madonna: l’arrivo ad Ivry con la statua della Vergine tra le braccia fu un quadretto in tal senso programmatico, che si concretizzerà nel libro Nostra Signora del Metrò, in cui immagina Maria prendere il mezzo più utilizzato in città, col solo obiettivo di portare suo Figlio tra la folla, là dove questa, di cui era innamorata, vive ogni giorno.    

«Si je devais choisir une relique de ta Passion, je prendrai juste cette bassine remplie d’eau sale. Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione, prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca. J’aimerais parcourir le monde avec cette bassine et à chaque pied m’entourer d’une serviette et me courber en bas, au fond, ne levant jamais la tête au-delà du mollet pour ne pas distinguer les ennemis des amis et laver les pieds du vagabond, de l’athée, du drogué, du prisonnier, du meurtrier, de celui qui ne me salue plus, de ce camarade pour qui je ne prie pas. Girerei il mondo con quel recipiente ad ogni piede cingermi l’asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre il polpaccio per non distinguere i nemici dagli amici, e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato, del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego. En silence […] jusqu’à ce que tout le monde comprenne ton amour, dans le mien. In silenzio […] finché tutti abbiano capito, nel mio, il tuo amore».

Dopo essere diventata assistente sociale, delle sue colleghe diventerà formatrice, soprattutto delle più giovani, chiedendo loro di abbandonare gli uffici, per dedicarsi alla strada, perché «C’est la vie qui les instruit […] un livre énorme [..] (où) chacun des êtres vivants que nous approchons, y ajoute une ligne. È la vita che educa […] libro enorme […] (cui) ognuno degli esseri che avviciniamo vi aggiunge una riga».

Le coordinate spazio temporali, del suo cammino di santità, diventano insomma la strada e il quotidiano. Col tempo, l’Equipe s’ingrandirà, da tre a dieci donne, manipolo di cui Madeleine sarà guida e madre, e la comunità per tutte «sacramento della Presenza di Gesù», mentre il contatto serrato con l’ateo e l’indifferente diventano per lei terreno che la costringe ad andare al fondo della sua fede, una messa alla prova oggi inevitabile.

«[…] per essere santi – scrive papa Francesco nella sua Esortazione apostolica Gaudete et exsultate – non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi».. eppure, se consultassimo anche distrattamente il calendario liturgico della Chiesa cattolica, ci parrebbe esattamente il contrario. Come mai? Certo la bimillenaria storia agiografica del cristianesimo è marchiata a fuoco da migliaia di figure: Agostino, Gregorio Magno, Francesco d’Assisi o Caterina da Siena, ma tutti o quasi «vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi». Coloro che escono da questa cerchia sono pochi, e quei pochi neanche tanto conosciuti. D’altro canto, poiché lo Spirito soffia dove vuole, anche i santi vestono sempre più.. panni nuovi. Tra costoro c’è appunto Madeleine, salita sulla ribalta italiana grazie al cardinal Martini, che non esitò a ritenerla «una delle più grandi mistiche del XX secolo».

«Nous avons besoin de savoir; si les athéismes de nos jours constituent pour les chrétiens des tentations devant lesquelles ils succombent ou peuvent à peine survivre. Ci occorre sapere: se gli ateismi di oggi costituiscono per i cristiani delle tentazioni davanti alle quali soccombono o possono appena sopravvivere; ou si, au contraire, ces milieux athées ne représentent pas pour nous des lieux auxquels Dieu nous destine, des circonstances favorables où la foi peut croître avec vigueur et être annoncée aux autres; o se, al contrario, questi ambienti atei non costituiscono per noi luoghi ai quali Dio ci destina, circostanze favorevoli dove la fede può crescere vigorosamente ed essere annunciata agli altri. Cette deuxième hypothèse je l’ai vécue comme vraie; d’autres chrétiens l’ont vécue comme moi. Questa seconda ipotesi io l’ho sperimentata come vera; altri cristiani l’hanno sperimentata con me». Belle parole, diremo noi, ma come incarnarle davvero in un’epoca così complessa? Nel mondo attuale non c’è più spazio per un cristianesimo “d’abitudine”, ma ciò non può che rappresentare un’occasione, che richiede però una fede esigente, capace di superare il vaglio dell’ateismo e, ancor più, l’indifferenza. Madeleine allora ci risponderebbe così, col suo testamento spirituale, vergato 7 gennaio 1958: «Ne simplifiez pas, ne compliquez pas. Il faut prendre l’homme tout entier pour le donner à Dieu. Et l’homme est compliqué; il faut s’adapter à Dieu […] et Dieu est simple. Non “semplicizzate”; non complicate. Bisogna prendere l’uomo intero per donarlo a Dio, e l’uomo è complicato; bisogna adattarsi a Dio […] e Dio è semplice». Ma, ci ricorda la Di Lorenzo, «Il tempo di Madeleine è appena cominciato».

Come incontrare questo “Dio semplice”? Ci risponderebbe nuovamente, senz’esitare: con la preghiera! Di qualunque forma, lunghezza o durata: «Sans prière […] Nous serons probablement ses serviteurs, ses combattants, même ses disciples; mais nous ne serions ni des enfants qui aiment le Père, ni les amis ou les amoureux de Jésus-Christ. Senza preghiera […] Saremo forse i suoi servitori, i suoi combattenti, perfino i suoi discepoli; ma non saremo né dei bambini che amano il Padre, né gli amici o gli innamorati di Gesù Cristo». «J’ai trouvé Dieu en lisant et en réfléchissant, mais c’est en priant que j’ai cru que Dieu me trouverait. Leggendo e riflettendo ho trovato Dio, ma è pregando che ho creduto che Dio mi trovasse». Parole, queste, pronunciate nel 1924, anno in cui voleva dedicarsi totalmente alla preghiera ed entrare nel Carmelo, ma le condizioni dei genitori non lo permisero, così scelse il mondo come suo Carmelo, il suo personale monastero. Molti anni dopo Richard Carter scriverà La città è il mio monastero, opera deliziosa, frutto di un percorso umano e spirituale, ma soprattutto un manuale per la nascita di realtà comunitarie attuali, significative, umane, all’interno delle nostre città frenetiche e distratte, che umane lo sono.. sempre meno. Se per Madeleine la metropoli in cui annunciare il vangelo era l’antica Lutezia romana, che deve il suo nome alla tribù gallica dei Parisii trasferitasi sulle rive della Senna, per il presbitero anglicano diventa Londra, ma ognuno di noi potrebbe sovrapporre alle due capitali europee, la città in cui abita, per quanto piccola. 

Nel ’54, quando aveva ormai dismesso le vesti di assistente sociale, si dedicò anima e corpo ad un apostolato, che la fece viaggiare in continuazione, portando ovunque la sua testimonianza, al punto da farla sentire «un représentant de la Parole. Un commesso viaggiatore della Parola». Ma è l’anno seguente quello della svolta, che inevitabilmente passa da una forte crisi: si acuiscono divergenze all’interno della comunità, nella quale comincia a sentirsi sola e incompresa, soprattutto, nel giro di pochi mesi le muoiono padre e madre, oltre all’amato Jean. Ma l’episodio che più segnerà il suo annus horribilis accade in una notte di dicembre, in cui perde totalmente la testa: non sa dove si trova, teme di essere stata imprigionata e bussa in continuazione, senza che nessuno la accolga! La chiamerà “la notte delle porte”, per lei una svolta spirituale, capace di farle fare un bagno di umiltà, mettendo a nudo tutta la sua fragilità.

Autunno del ’64, ad attenderla il mese di ottobre, per lei il più importante: il 15 di trentuno anni prima la comunità si era insediata ad Ivry, il 24 ottobre spegnerà la sessantesima candelina, e ogni compleanno, si sa – soprattutto dopo una “certa età” – porta con sé i pensieri più disparati, su tutti il tempo che passa e, di conseguenza, la fine che si avvicina; pensiero, quello della morte, che l’ha sempre assillata, fin da bambina; pensiero col quale non ha mai fatto pace. Ma sarà il giorno 13 dello stesso mese ad attenderla in modo speciale, quello in cui, «per singolare coincidenza – ci ricorda la Di Lorenzo – a Roma per la prima volta un laico, Patrick Keegan, prendeva la parola in un’assemblea del Concilio, esponendo il proprio intervento sull’apostolato dei laici». Quel giorno le sue compagne la troveranno esanime sul grande tavolo ovale.. A chiuderle gli occhi sarà un ictus, che in latino vuol dire “colpo”, ma ha tanti nomi: apoplessia, ischemia o attacco cerebrale, accidente, insulto cerebrovascolare, stroke.. poco importa, la trovano lì, su quell’“altare” la cui forma è già figura dell’eternità che l’attende. 

Gli ultimi anni della sua vita terrena furono caratterizzati da un’altra grande amicizia, quella con padre Jacques Loew, che sceglie di annunciare il Vangelo tra gli scaricatori del porto di Marsiglia. Di lei, il prete operaio scriverà più tardi nel suo Madeleine Delbrêl. Dall’ateismo alla mistica: «Tutti e due atei, tutti e due contro la Chiesa e i preti, tutti e due alla ricerca di qualche cosa, di Qualcuno. Tutti e due abbiamo trovato questo Qualcuno, il giudeo del primo secolo […] Tutti e due […] siamo scesi nell’inferno dell’umanità e abbiamo scoperto che c’è la possibilità di chiamare Dio per nome, di gridargli, magari bestemmiando, che lanci la corda della salvezza. Madeleine, forse, qualcuno la chiamerà pazza. Per me è la santa di questo secolo».

12 maggio 1993: viene concesso il nulla osta per l’avvio della sua causa di beatificazione; 4 ottobre 1996: la Congregazione per le Cause dei Santi la dichiara Serva di Dio; 26 gennaio 2018: papa Francesco la proclama Venerabile. Ma il meglio.. deve ancora venire, per lei.. e per noi!

 

 

Recita
Cristian Messina, Federica Lualdi, Andrea Parato

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Gabriele Fabbri

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