Lc 22,14-23,56 commento di



Testo della meditazione
La Domenica delle Palme è la porta della Settimana Santa. Una porta aperta, spalancata ai cristiani di ogni tempo. Entriamo quindi nella Settimana Santa, la settimana della Passione di Gesù, il dramma più solenne e drammatico della storia dell’umanità, il più decisivo. C'è un proverbio che dice che Dio scrive diritto sulle righe storte. Nulla di più vero in questo caso. Tutto è andato storto: il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro, la fuga dei discepoli, il processo farsa, la debolezza di Pilato, le urla della folla, gli insulti, gli sputi, il peso del patibolo, l'umiliazione della spoliazione, i chiodi, la morte in croce. Tutto è andato per il peggio, eppure tutto è andato per il meglio. C'è una scena bellissima nel film The passion di mel. gibson dove Maria vede Gesù che cade lungo la via dolorosa e ricordando quando era bambino corre per sollevarlo e rincuorarlo. Ma questa volta è Lui che rincuora lei e col volto tumefatto e sanguinante le sussurra: madre non vedi che sto facendo nuove tutte le cose?
La sentenza proclamata da Caifa e dai titolati religiosi andrà ben oltre il loro meschino progetto; la sentenza di morte sarà la miccia che andrà ad accendere quel fuoco di cui già in precedenza Gesù desiderava vederne l'accensione. Quel fuoco sarà l’inizio di una storia nuova, di una vita nuova, di una creazione nuova.
Entriamo allora in questa settimana santa. Dico entriamo usando il verbo al presente, perché la Passione di Gesù non è un fatto passato che riguarda il passato. E’ piuttosto un fatto passato che riguarda il presente e rivive nel presente. Santa Teresa d’Avila amava pregare con Gesù nel Getsemani, perché diceva che lì era sicura di rimanere sola a solo con Lui. Sant’Agostino piangeva ogni volta che leggeva il Passio nella Settimana Santa. La Passione infatti è un atto metastorico, attraversa la storia e noi come in un racconto aperto e onnipresente abbiamo la possibilità di entrarci, piangere, emozionarci, soffrire, patire con Gesù. Scegliamo allora dove stare: in cammino con Maria e le donne, a rincorrere Giuda per evitargli la sua morte ingloriosa, sotto la croce per restituire un sorriso a Gesù. Io preferisco stare nel cortile vicino al fuoco quando Pietro incrocia lo sguardo di Gesù dopo averlo rinnegato pubblicamente. Dice il vangelo: e uscito pianse amaramente. E' qui che mi porta ogni volta il cuore: a piangere insieme a Pietro. Durante gli anni di Seminario ho scoperto la Passione secondo Matteo di Bach e quell'aria "Erbarme dich" mi è diventata cara al punto che in Quaresima la ascolto sempre e la faccio ascoltare a tanti che seguono Pregaudio. Bach nella Passione insiste in modo particolare sul pianto di Pietro: infatti, quando nel testo si dice weinete (pianse), la musica si allunga pietosamente su questa parola, quasi come a farci sentire il dolore di quel pianto. Ed è qui qui che Bach sigilla il recitativo con la toccante Aria musicale erbarme dich non è solo un “Signore, abbi pietà”, ma esprime un movimento: è Dio che si avvicina al peccatore. Curiosamente, la parola tedesca erbarmen ha la stessa radice di umarmen, che vuol dire “abbracciare”. È come se, già, mentre Pietro piange, fosse avvolto da un abbraccio di misericordia. E' bellissima. Cercatela su Internet, magari digitando anche la parola Pregaudio sul motore di ricerca. Troverete anche una breve meditazione. Entriamo allora nella settimana santa

Meditazione
Don Franco Mastrolonardo

Musica di sottofondo
J.S.Bach. Matthaeus Passion. Erbarme Dich mein Gott. Diritti Creative Commons

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