
Dio ha affidato in particolare ai profeti, lo dicevamo già, il compito di scuotere il torpore di un popolo, di noi, che facciamo fatica a renderci conto di questa situazione in cui ci troviamo.
Una delle voci più incandescenti di questa letteratura profetica è senza dubbio quella di Ezechiele, un profeta che appartiene alla classe sacerdotale e che ha suddiviso la sua predicazione in due parti:
1. Prima in Palestina, fino alla caduta di Gerusalemme nel 587.
2. Poi in Babilonia, dove è costretto a raggiungere gli esuli.
Il suo ministero profetico, lo sappiamo e lo ricordiamo tutti probabilmente dai nostri studi, è caratterizzato da numerosi gesti simbolici molto forti, con i quali il profeta cerca di destare il popolo dal suo torpore, e poi da alcune visioni pittoresche con cui forza l'immaginazione dei suoi ascoltatori fino a dilatare l'orizzonte della speranza.
Nella seconda parte del suo libro il profeta fornisce proprio delle visioni sul futuro di Israele, nonostante il tempo presente molto difficile. È in questa sezione che troviamo le profezie più belle e giustamente celebri, come per esempio quella del Cuore Nuovo, al Capitolo 36:
Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati. Io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.
Questo trapianto di cuore non sarà per nulla facile da realizzarsi, anche perché sappiamo bene che la premessa necessaria a qualsiasi tipo di terapia, anche una forte come questa, è la coscienza da parte del malato di trovarsi in uno stato di grande necessità.
Forse consapevole di questo, che questa condizione non è pienamente radicata nel popolo, il profeta nel Capitolo successivo aggiunge un'altra visione. Lo spirito lo rende partecipi di questo, siamo al Capitolo 37 di Ezechiele:
La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa. Mi fece passare tutto intorno accanto a esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse, figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere? Io risposi, Signore Dio, tu lo sai.
Agli occhi del profeta l'umanità del popolo appare come un grande cimitero a cielo aperto, dentro cui si può persino passeggiare. Gli scheletri del popolo sono in stato di avanzata decomposizione, inariditi dal tempo e dall'arsura.
Di fronte a questo spettacolo raccapricciante, che è un'immagine di quello che il popolo sta effettivamente vivendo, risuona la domanda di Dio, torna l'immagine di un Dio a cui piace porre domande. La forma interrogativa non è il pretesto per esibire la propria potenza da parte di Dio. È un modo invece molto rispettoso per orientare la sensibilità del profeta verso una speranza che a prima vista sembra impossibile. Questo è il motivo per cui Dio interroga il profeta.
Cosa vedi e cosa pensi? Potrà rivivere questo spettacolo di morte? Ezechiele non si sbilancia. Signore, tu lo sai e allora questo fornisce a Dio l'occasione di continuare. Egli replicò:
Profetizza su queste ossa e annunzi a loro. Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne.Su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore. Anziché spiegare al profeta quello che Dio intende fare, la rigenerazione della nostra umanità, ecco che il Signore coinvolge Ezechiele affidandogli un compito, tanto bello quanto assurdo. Ezechiele deve mettersi a parlare con dei morti, anzi ossa in stato di decomposizione, come fossero ancora dei vivi, annunciando loro che Dio intende fare un lavoro di ricostruzione chirurgica che neanche l'ospedale più eccellente oggi sarebbe in grado di fare. Sembra una cosa folle ma chiunque come noi ha provato nella sua vita ad annunciare la voce profetica di Dio sa benissimo che non è un'immagine, è la realtà. La parola di Dio è rivolta a persone che si trovano in uno stato di morte e devono rivivere di nuovo.
Ezechiele è come se dovesse anzitutto risvegliare le persone che pregano forse come abbiamo pregato noi nell'ora media. Conserva la luce ai miei occhi perché non mi sorprenda il sonno della morte. Ecco dove ci troviamo, lì dove la morte c'è già ma noi preghiamo Dio perché non ci sia per sempre. Il profeta deve raggiungere lì la nostra umanità. E in qualche modo è partecipe di quello che Dio dovrebbe fare. Dio ha creato l'uomo, l'uomo è entrato nella morte e lo dovrebbe salvare lui. Invece chiede all'uomo di diventare partecipe di quest'opera di salvezza. È come se Dio chiedesse all'uomo che si è nascosto di diventare consapevole di questo nascondimento e di svegliarsi.
Ora se le ossa inaridite che sembrano una distesa di morte sono in grado di ascoltare la parola del profeta, ciò significa che non tutto è perduto. Pur avendoci tragicamente segnato, quella che abbiamo definito la prima morte non ha distrutto quel livello profondo dove sotto le maschere, le apparenze, noi siamo in attesa di quel soffio originario, di quel soffio che solo Dio può donarci e che può rianimare la nostra vita.
E infatti, io profetizzai come mi era stato ordinato, mentre io profetizzavo sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa che si accostavano l'uno all'altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai ed ecco apparire sopra di essa i nervi, la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c'era spirito in loro. Chi nella sua vita ha vissuto dei momenti di guarigione, di illuminazione capisce la verità di queste parole. Sono i momenti di risveglio in cui il nostro corpo è come risanato improvvisamente. Quando Dio ci raggiunge, in modi e tempi che sono unici per ciascuno di noi, la sensazione è proprio quella di ricominciare a vivere, come se tutte le cose si riallineassero e riprendessero a funzionare, come se ci svegliassimo da un lungo torpore per tornare lentamente alla luce.
Tuttavia questo risveglio è solo l'inizio di un processo a cui manca ancora lo spirito, il dinamismo, per rimettere in moto tutti i passi. Egli aggiunse, profetizza allo spirito, profetizza figlio dell'uomo e annuncia allo spirito, così dice il Signore Dio, spirito vieni dai quattro venti e soffia su questi morti perché rivivano. Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi, erano un esercito grande, sterminato. Dio chiede al profeta non solo di parlarea dei morti ma di ordinare allo spirito di Dio di fare qualcosa. Ma quanta audacia c'è in queste parole. Il profeta deve ordinare allo spirito di soffiare sui cadaveri, per farli tornare a vivere. E così accade. Le ossa già coperte di carne e di pelle si trasformano in corpi, capaci di alzarsi, di stare in piedi, e di presentarsi come un esercito enorme pronto al combattimento più difficile, più estenuante. Ricominciare a vivere. Non sono queste le due cose che Dio attraverso lo spirito profetico chiede alla Chiesa di fare:
- Annunciare ai morti la vita eterna
- Ordinare allo spirito di scendere per restituire vita a tutte le cose.
Noi viviamo ogni giorno dentro questo scenario. Solitamente la parola dei profeti non ottiene un grande risultato, se non che il profeta muoia in qualche modo, no? Invece qui accade una cosa straordinaria. In questa occasione l'ambasciata profetica si compie. Perché? Forse perché i destinatari sono in uno stato tale da non potersi nemmeno opporre. Quando uno è così disteso da essere quasi morto, ha un vantaggio su chi è ancora vivo. Può soltanto ricevere, non riesce più a opporsi. E Dio finalmente può compiere quello che realmente desidera, donarci ancora la sua vita che è eterna. È quello che Gesù riusciva a fare nel suo ministero pubblico. Rialzava i morti, rimetteva in piedi chi era sdraiato per terra. L'oracolo di Ezechiele conosce un lieto fine. Nonostante il tentativo delle ossa in aridite di resistere a questo sussulto di vita che vorrebbe rianimarle, il Signore forza le cose. Mi disse, figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la casa di Israele. Ecco il dubbio sull'identificazione si scioglie. Ecco, essi vanno dicendo, le nostre ossa sono in aridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. Ecco, questa è la nostra difficoltà davanti all'annuncio della vita eterna. Indugiare su quello che non c'è, su quello che non va, sul vittimismo. Perciò profetizza e annuncia loro. Così dice il Signore Dio:
- Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra di Israele.
- Riconoscerete che io sono il Signore quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio.
- Farò entrare in voi il mio spirito e riviverete.
- Vi farò riposare nella vostra terra.
- Saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò.
L'immagine di sepolcri sigillati approfondisce quella delle ossa in aridite. Il popolo non è soltanto morto, è morto e sepolto, come anche Gesù, come anche a Gesù dovrà accadere. E sono così le situazioni veramente compromesse, non soltanto morte. Noi tante volte dalle morti riusciamo anche a rialzarci, ma quando siamo morti e sepolti non c'è più niente da fare. E sono quelle situazioni di vita che di fatto abbiamo lasciato, abbiamo ormai abbandonato. Quelle questioni, quelle parti di noi, quelle porzioni serie della realtà su cui armiamo ormai una grande sfiducia di poterle riprendere in mano in qualche modo. Il profeta si rivolge a tutto questo, ciò che è morto ed è sepolto. E il ritorno alla vita sembra la descrizione di un parto, un sepolcro che si apre e un corpo che finalmente viene alla luce. Questa esperienza così intensa di un morto che vede la porta del suo sepolcro forzata e aperta e poi un volto che lo risuscita, è l'esperienzadi Dio che non si dimentica più. Dio lo possiamo conoscere in tanti modi, perché ne abbiamo. sentito parlare quando eravamo piccoli, perché in alcuni giorni della nostra vita ci è sembrato di provare dei sentimenti nei suoi confronti, ma c'è un tipo di conoscenza inconfondibile che penetra le profondità del nostro cuore e non ci abbandona più, ed è questa: quando sperimentiamo Dio come colui che ci può ridare ciò che noi abbiamo perduto, la vita. Solo questo tipo di esperienza e di conoscenza di Dio ci lega definitivamente a Lui e ci rende capaci della perseveranza e della fedeltà.
Quando nella vita ci scopriamo incapaci di continuare a camminare nelle vie che magari abbiamo scelto e abbiamo accordato col Signore, a volte è semplicemente perché questo tipo di esperienza non l'abbiamo ancora vissuta, ed è per questo che il Signore permette che noi conosciamo ancora la nostra fragilità e la nostra debolezza, perché in quella tomba ci siamo ancora e Lui sta semplicemente venendo a cercarci, non ci sta rimproverando, sta cercando il nostro volto.
Questo è quello che il profeta tenta di dire a un popolo che in esilio si sente smarrito e colpevole, ma desidera intimamente ritornare dentro la terra. Per capire cosa significa tutto questo nella vita nostra di tutti i giorni basterebbe ricordare un po' quelle parole che Gesù rivolgeva a persone che incontrava lungo la strada, nella sinagoga, nel Tempio, a cui diceva:
- «guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo».
- Sia chiaro, Gesù non si imbarazzava mai davanti a nessuno e cercava di non mettere mai nessuno in imbarazzo, non è lo stile di Dio, ma ogni tanto Gesù si prendeva la libertà di scuotere le persone che vedeva afflitte dal male più grave, non avere degli errori nella propria vita, ma far finta di vivere mentre dentro si trovavano morte. Questo tocca di più il cuore di Dio, non i nostri errori, ma il nostro aver rinunciato a vivere, il nostro aver creduto alla morte più che alla vita.
Catechesi di Padre Roberto Pasolini, predicatore della casa Pontificia. Il brano è tratto dagli esercizi spirituali. Vai all'audio integrale su Youtube
Ezechiele è uno dei profeti più incisivi della Bibbia, chiamato a scuotere il popolo dal suo torpore spirituale e a risvegliare la speranza in un futuro nuovo. Sacerdote e profeta, divide la sua missione in due fasi: prima in Palestina, fino alla caduta di Gerusalemme nel 587 a.C., poi in Babilonia, dove si unisce agli esuli.
Il suo ministero è caratterizzato da gesti simbolici potenti e visioni straordinarie che mirano a ridestare il popolo. Nella seconda parte del suo libro, le profezie si concentrano sulla restaurazione di Israele, come nel celebre annuncio del "Cuore Nuovo" (Ez 36) e nella visione della valle delle ossa aride (Ez 37). Qui, Dio mostra al profeta uno scenario di morte assoluta, chiedendogli se quelle ossa potranno rivivere. Attraverso la parola profetica e l’azione dello Spirito, Dio compie un’opera di rigenerazione e restituisce vita a ciò che sembrava irrimediabilmente perduto.
Questa potente immagine diventa metafora della condizione umana: spesso siamo come ossa aride, incapaci di risorgere da soli, ma attraverso la Parola e lo Spirito possiamo rinascere. Il profeta è chiamato non solo ad annunciare la vita, ma anche a invocare lo Spirito affinché tutto possa essere rinnovato. Il messaggio di Ezechiele si rivela così un invito a riconoscere la nostra fragilità, ma anche a sperare nella potenza di Dio, capace di riportarci alla vita e alla pienezza dell’esistenza.