
Testo della catechesi
Perché occuparci della Bibbia dei testimoni di Geova? Le ragioni sono diverse, in primis perché aiuterà anche noi ad approfondire meglio il grande codice occidentale, quel libro così decisivo e allo stesso tempo ancora sconosciuto, ai fedeli stessi. Il rapporto che il testimone ha con la Scrittura tra l’altro, è tale da costringerci a scendere nei particolari. Prima di accedere al testo, però, proviamo a considerare quegli aspetti che maggiormente caratterizzano questa religione, immaginando di trovarci in una Sala del regno.. entriamo! Un “usciere” ci apre il cancello e si presenta cordialmente, chiedendoci se vogliamo lasciare i nostri oggetti nel guardaroba. Varcata la soglia dell’aula veniamo affidati ad un testimone, affinché ci “affianchi” durante l’adunanza, compito svolto alla perfezione e con discrezione graduale: ci viene subito consegnato il cartaceo de La Torre di Guardia e mostrata la Bibbia, probabilmente su un tablet, ogni volta che il momento lo richiede. L’aula è molto spoglia, priva di immagini o statue, con le sedute disposte “a cinema” (come nelle chiese cattoliche, purtroppo), ma molto curata. Qui si tengono programmi di studio e conferenze. Se le adunanze, aperte a tutti, sono molteplici, il momento più importante dell’anno è la Commemorazione della morte di Gesù. Una normale adunanza, con fedeli sempre vestiti elegantemente, si apre con un canto e uno o più anziani tengono un discorso tematico. Avvalendosi dell’ausilio di alcune immagini proiettate su uno schermo, i presenti – chiamati sistematicamente “fratello” e “sorella”, con l’aggiunta dei rispettivi nome e cognome – prima leggono insieme alcuni paragrafi della rivista Torre di Guardia, poi prendono la parola per alzata di mano e rispondono alla fine di ogni paragrafo, che pone domande precise e puntuali agli astanti. I più esperti sono definiti anziani, scelti a loro volta – in base alla condotta di vita e alla conoscenza della Bibbia – dai viandanti, coloro che stanno a capo delle case Betel, cui fa riferimento ogni Sala del Regno. Gli anziani personalizzano la risposta, quelli meno istruiti (ragazzini compresi) si limitano a ripetere – probabilmente per memorizzarla – quanto scritto ne La Torre di Guardia, che ognuno possiede in versione cartacea o digitale. Le risposte vengono date da seduti, poiché tre o quattro inservienti passano con più microfoni con asta telescopica. Si parla anche di come proporsi, senza giudicarli, ai non testimoni e agli inattivi, coloro che per varie ragioni non frequentano né predicano più. Seguono video-testimonianze di conversioni (a Geova) avvenute nel mondo. Il tutto si svolge con sistematico riferimento alla Bibbia, perché è da essa, vien detto, che occorre partire per poi avvalorare i propri discorsi, non il contrario. Al termine della fase di studio un anziano dà alcune comunicazioni giunte dal Direttivo, in questo caso sul vestiario maschile e femminile da adottare durante le adunanze e la Commemorazione: le femmine meglio con la gonna, i maschi con giacca, cravatta o papillon, ma mai casual. Al termine della conferenza veniamo benevolmente circondati e sottoposti a cordiali domande: come siamo venuti a conoscenza dell’evento, cosa facciamo nella vita, ecc.. Ci viene proposto infine un corso per conoscere meglio la Bibbia.
Si diceva che il momento centrale dell’anno è rappresentato dalla Commemorazione della morte di Gesù.. di cosa si tratta? Una celebrazione, o meglio una commemorazione, appunto, di un’oretta circa, aperta e chiusa da un canto e una preghiera, durante la quale un anziano guida il ricordo di quanto avvenuto nel 33 dell’Era Volgare (non si parla di “dopo Cristo”). Il momento centrale è rappresentato dalla lettura della 1Cor 11,23-24: «Io, infatti – dice la traduzione della Conferenza Episcopale Italiana – , ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”». Ciò che sentiamo è tuttavia un po’ diverso: «Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: nella notte in cui sarebbe stato tradito, il Signore Gesù prese un pane e, dopo aver reso grazie a Dio, lo spezzò e disse: “Questo rappresenta il mio corpo, che dev’essere dato in vostro favore. Continuate a far questo in mio ricordo”» (TNM). Quindi gli addetti al servizio (seduti tutti e dodici nella prima fila) prendono i sei piattini posati su un tavolo del palco, e li fanno passare tra i presenti. A seguito di ciò vengono letti i versetti seguenti della stessa epistola paolina, e fatti girare analogamente sei calici di vino rosso: «Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga» (1Cor 11,25-26). Ma anche in questo caso la versione differisce: «Fece lo stesso con il calice alla conclusione della cena, dicendo: “Questo calice rappresenta il nuovo patto basato sul mio sangue. Continuate a far questo, ogni volta che ne berrete, in mio ricordo. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete questo calice, voi proclamate la morte del Signore, finché lui non verrà» (TNM). A commemorazione ormai sciolta, un anziano ci chiede se vogliamo bere uno dei sei calici di vino, dato che adesso si può fare..
Usciti dalla Sala non possiamo fare a meno di chiederci chi siano i testimoni di Geova, in cosa credano e perché? Proviamo a rispondere..
«“O lui o me”. Alla scena in cui mia madre chiede a mio padre di scegliere tra lei e Geova io non assisto, ne sento solo parlare». Con questo incipit, il giovane scrittore Paolo Valoppi comincia a mettere su carta la sua vicenda personale nel libro intitolato Mio padre avrà la vita eterna, ma mia madre non ci crede. Figlio di genitori che venivano entrambi da un precedente matrimonio – padre fervente testimone di Geova lui e madre non credente lei, nonché docente di Greco e Latino al liceo – cresciuto facendo da “cuscinetto” tra i due, nonostante la presenza di due fratelli e una sorella, respirò la diversità abissale della coppia, che arrivò talvolta ai ferri corti, ma «qualche mese dopo averlo cacciato di casa, mia madre permise a mio padre di tornare.. aveva capito che l’amore che provava per lui era più intenso di qualsiasi divergenza spirituale». Valoppi descrive in modo scorrevole e simpatico una vicenda che tuttavia gli ha segnato l’infanzia: non deve essere facile la vita familiare tra marito e moglie che non siano entrambi testimoni di Geova. Il suo racconto ne è la prova.
Alle domande che lo abitavano, e forse tuttora lo abitano, lasciamo rispondere ad un altro autore, il docente di Filologia patristica Valerio Polidori, che si è cimentato in un testo di ben altro tipo: La Bibbia dei Testimoni di Geova. Storia e analisi di una falsificazione. Il titolo è già un programma. Nel presentare il testo, il biblista Valentino Cottin esordisce così: «Tradurre la Bibbia è impresa difficile. È un testo antico – cosa che già di per sé lo rende problematico – che fonda la fede di schiere innumerevoli di persone. La resa di una parola, di un concetto, di una sfumatura ha avuto e ha ancora conseguenze enormi per la teologia, l’antropologia e la morale. Al traduttore, dunque, si richiede in uguale misura una conoscenza approfondita della lingua di partenza e di quella di arrivo, del mondo culturale e religioso antico e contemporaneo. Il testo biblico, inoltre, è portato da una comunità che con esso si identifica e lo riconosce come il proprio testo sacro, rivelato da Dio, punto di riferimento e misura (canone) della sua fede e della sua speranza. Non è un testo disceso dal cielo “nudo”: contiene la ricchezza e la miseria, le angosce e le speranze dell’uomo. È l’uomo, dunque, che, mentre riconosce la parola di Dio nel testo che egli stesso produce nella propria lingua e nella propria cultura, contemporaneamente lo interpreta e lo consegna alle generazioni future perché, a loro volta, lo riconoscano interpretandolo, in un processo infinito di comprensione e ri-comprensione, che chiamiamo “processo ermeneutico”».
Il libro di Polidori, sia chiaro, è volto a “smascherare” quelli che sarebbero i lati oscuri di questa realtà, e lo fa in modo netto e duro, senza mezze misure. Proviamo allora a lasciarci aiutare da lui, cercando tuttavia di mantenere uno sguardo più ampio, partendo col chiederci come si può diventare testimoni di Geova, cosa cioè porta ad una scelta di questo tipo? Se le risposte possono essere tante quante chi le pronuncia, qualche motivazione che accomuna deve pur esserci..
Anche se il nostro focus è sulla Bibbia che utilizzano, dobbiamo prima chiederci chi sono. Innanzitutto, si tratta di una setta? Partendo dal presupposto che oggi disponiamo di definizioni non più adatte a definire la complessità del fenomeno, ci limitiamo a distinguere la loro auto-definizione e quella che ne danno gli esterni. Un testimone di Geova non dirà mai di far parte di una setta, se non altro perché nel tempo la parola ha assunto una connotazione negativa, etimologicamente, infatti, setta deriva da due parole latine: secta, da sequi, “seguire”, e secare, “tagliare”. Un termine dunque positivo, in entrambi i significati, ma col tempo – soprattutto a causa di tragici episodi avvenuti tra gli anni ’70 e ’90 del secolo scorso – giornalisti e criminologi lo hanno reso negativo. «Setta ha ormai assunto – chiariscono la docente Raffaella Di Marzio e il maggior esperto in materia, il sociologo Massimo Introvigne nel loro agile testo ABC dei Nuovi Movimenti Religiosi – ..due diversi significati, che spesso si sovrappongono», criminologico, che vede la setta come «un gruppo religioso (o che si pretende tale) pericoloso», e sociologico, per cui la setta «è semplicemente un gruppo religioso le cui idee sono piuttosto diverse rispetto a quelle condivise dalla maggioranza dei consociati». «A causa della sovrapposizione di questi due significati – proseguono gli autori – , che potrebbe causare minacce alla libertà religiosa di gruppi minoritari ma non pericolosi, la maggior parte degli studiosi.. preferisce distinguere tra NMR (le realtà più piccole o di origine più recente) e nuove religioni (i gruppi più grandi e consolidati come i Mormoni o i testimoni di Geova) le cui dimensioni superano ormai quelle di un semplice movimento». Lasciamoci pertanto guidare dalle loro parole, soprattutto quando affermano che «la conoscenza adeguata di una realtà sia l’antidoto migliore per evitare fraintendimenti, giudizi avventati o erronei su gruppi spirituali e, nello stesso tempo, la migliore prevenzione verso forme di proselitismo ingannevoli».
Bene, cerchiamo allora di capire meglio chi siano, partendo dal fatto che, in ogni caso, sono sempre cercatori di Dio! Che questa ricerca avvenga secondo alcuni in modo discutibile non toglie però il dato di partenza: lasciamo che a giudicare sia il Padreterno..
Innanzitutto, quanti sono? Diamo un po’ di numeri: se nel mondo i cristiani – nelle tre confessioni – sono ancora la maggioranza, con circa 2 miliardi e 300 milioni, seguiti dai musulmani – anche in questo caso sunniti e sciiti insieme – che ammontano a 1 miliardo e 800 milioni, al terzo posto ecco gli induisti con 1 miliardo e 200 milioni, e via via tutte le altre grandi religioni. I testimoni di Geova contano (queste sono almeno le statistiche fornite nel 2022 dall’organizzazione stessa) 8 milioni e 700 mila aderenti, con quasi 118.000 luoghi di culto sparsi nel pianeta. Ma più del numero è interessante la loro crescita esponenziale: dal milione e mezzo del 1971 ai sei del 2002, fino all’attuale cifra già menzionata.
Quanto all’Italia, paese in cui i testimoni sono arrivati nel 1912 con la prima comunità di Pinerolo, nel 2021 vedeva sul primo gradino del podio i cattolici (44 milioni circa), con il secondo occupato da atei e agnostici (intorno ai 9 milioni), e il terzo dai musulmani (poco più di 2 milioni), la “medaglia di legno” spettava invece ai cristiani ortodossi (1.800.000 circa), mentre il quinto posto era appannaggio della terza confessione cristiana, i protestanti (con circa 600.000 persone). E i testimoni di Geova? Subito dopo, con 426.500 presenze. Più degli abitanti di Bologna, tanto per capirci.
La quantità è direttamente legata all’identità, il quanti sono ci introduce in qualche modo al chi sono. La loro storia nasce dal filone avventista, quei protestanti caratterizzati in primis dalla seconda venuta di Gesù Cristo e dal non riconoscere la Trinità. Se la frangia più nota è la chiesa Avventista del Settimo Giorno, è da un’altra, l’Associazione Cristiana Avventista, che alcuni dissidenti hanno dato vita al movimento degli Studenti Biblici. Sinteticamente parlando, la definizione più corretta per loro è quella di Nuova Religione, non si tratta più di un Nuovo Movimento Religioso dato che, sia nelle proporzioni sia nella durata hanno ormai assunto uno status importante. Una Nuova Religione, certo, tuttavia non cristiana. Come mai? Perché il requisito fondamentale per definirsi cristiani è il riconoscimento della Trinità, quindi la divinità di Cristo, che i testimoni non ritengono essere Dio. Il già citato Polidori, molto netto e critico nei loro confronti, li definisce «un culto giudeo-messianico organizzato sul modello di una moderna società per azioni, con dipendenti (i fedeli), filiali (le congregazioni) e un consiglio di amministrazione (il Corpo direttivo, che si autodefinisce lo “schiavo fedele e discreto”)». Un po’ tranchant, ma chiaro.
Facciamo qualche passo indietro. Secondo i testimoni di Geova la vera chiesa sarebbe cessata per via di una grande apostasia (che ha dato vita alla Chiesa Cattolica, identificata con l’antica Babilonia), per rinascere solo nel XIX secolo, coi testimoni, appunto. Proviamo ad essere più precisi: nel 1872 a Pittsburgh, in Pennsylvania, Charles Taze Russell organizza i già citati Studenti Biblici, sicuro dell’imminente ritorno del Signore, nel 1914. Nel 1909 la sede centrale dell’organizzazione venne fissata a Brooklyn. Sette anni dopo Russell muore e gli succede il suo avvocato, Joseph Franklin Rutheford, che dà una struttura sistematica all’organizzazione, a partire dal nome, che dal 1931 diventa “testimoni di Geova”, definizione mutuata da un passo di Isaia: «Voi siete i miei testimoni» (43,10). Non solo, è l’avvocato a fissare quelle condizioni che col tempo diventeranno i connotati dell’allora movimento: nel 1927 la proibizione di ingerire sangue (mentre la trasfusione era ancora consentita), l’anno dopo il divieto di celebrare il Natale e i compleanni, nel ’32 diventa obbligatoria la predicazione “porta a porta”, mentre dell’anno successivo è il divieto di salutare la bandiera, e nel 1936 quello di riconoscere la croce come strumento di supplizio di Gesù, dato che sarebbe morto impalato sulla crux simplex e non su quella tecnicamente chiamata immissa o capitata. Effettivamente, per indicare la croce il greco utilizza per lo più stauròs, “palo diritto”, ma in questa lingua non esisteva un termine che potesse tradurre la croce a due bracci.
Dal 1942 al 1977 il nuovo presidente del Corpo direttivo diventa Nathan Homer Knorr, che impone l’obbligo delle adunanze e dello studio della Torre di Guardia (nome mutuato da Ezechiele 3,17: «Figlio dell’uomo – dice il Signore al profeta – , ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele»), ma soprattutto colui che si occuperà della nuova redazione della Bibbia, conosciuta come Traduzione del nuovo mondo, focus del nostro interesse. Nel ’77 lascerà il posto a Frederick William Franz, che lo occuperà fino al 1992 fronteggiando due “terremoti”: uno legato alla mancata fine del mondo, annunciata questa volta per il 1975 (da notare l’aumento vertiginoso delle conversioni dei testimoni nell’imminenza di questa data, come altrettanto vertiginoso è stato il calo al mancato realizzarsi della fine), l’altro alla fuoriuscita del nipote Raymond Franz – uno di coloro che diede vita alla Traduzione del nuovo mondo – , che abbandonerà l’organizzazione per poi pubblicare testi di critica feroce, su tutti Crisi di coscienza. Le redini verranno quindi prese da Milton George Henschel fino al 2000, seguito da Don Alden Adams fino al 2014, che cederà infine il passo a Robert Louis Ciranko. Ma dagli anni ’70 in poi a guidare i testimoni è ormai un intero Corpo direttivo, di fatto il Consiglio di amministrazione della Watchtower Society, gruppo che si autodefinisce di «unti dallo spirito», «l’unico e vero canale di comunicazione tra Dio e gli uomini istituito da Dio stesso».
Com’è strutturata l’organizzazione oggi, e cosa li aspetta domani? L’attuale Watchtower Society, che Valerio Polidori definisce «la più grande stamperia di tutto l’orbe terracqueo», ha trasferito la sede da Brooklyn a Patterson, oggi una vera e propria cittadina dello stato di New York. Fiore all’occhiello della società sono la già citata rivista Torre di Guardia, a partire dal luglio 1879, e Svegliatevi!, che fa la sua prima comparsa nell’agosto del 1946.
Nella dottrina geovista l’uomo non ha un’anima, ma è un’anima (un essere cioè animato), che alla morte riposa nella tomba, a meno che non sia uno dei 144.000 eletti. Chi sono costoro? Le persone si dividono in due categorie: gli unti o eletti sono destinati (perché è Geova a deciderlo, facendolo sapere loro) a regnare in Cielo dopo la morte, a differenza di tutti gli altri, che vivranno eternamente ma su una terra paradisiaca. Solo i primi riceveranno un corpo spirituale, a differenza dei secondi che vivranno una risurrezione materiale, e questo mediante una “sostituzione di molecole” tale da ricreare ogni tratto fisico della persona nel momento in cui era in vita. E coloro che alla fine del mondo – profetizzata nel 1914 e poi “rivisitata” più volte – saranno ancora vivi? Anzitutto verrà inaugurato un periodo di mille anni (il millenarismo è una credenza diffusa, non solo fra i testimoni di Geova, ricavata dalla traduzione letterale – sempre lei! – del libro dell’Apocalisse), in cui i corpi dei vivi saranno “mutati all’istante” in quello nuovo, spirituale. E come sarà questo paradiso in terra riservato ai non unti? Simile all’Eden originale, in cui ognuno sarà sano, il male del passato verrà completamente dimenticato, vi saranno alloggi per tutti e cibo in abbondanza, non si dovrà neppure attendere nelle «file per fare provvista di combustibile». Al termine dei mille anni – affermava una rivista del 1975, altra data in cui il mondo sarebbe dovuto finire – «il Diavolo e i suoi angeli saranno lasciati sciolti per un po’ di tempo per mettere alla prova il restaurato genere umano, dopo di che saranno distrutti per sempre».
La grande battaglia di Armaghedòn (probabile deformazione di Ar-Meghiddo, il “monte di Meghiddo”, una località simbolica in cui avrà luogo la sconfitta finale degli empi, secondo Ap 16,16) è imminente, «questo sistema di cose» (così è chiamato il tempo presente) sta per finire, e ad esso seguirà un periodo di mille anni, al termine del quale Satana e i suoi angeli saranno lasciati liberi per un po’, dopo di che insieme agli umani che avranno scelto di seguirli precipiteranno nella distruzione eterna. La dottrina degli unti si ripercuote anche a livello “celebrativo”, dato che questi sono i soli a poter ricevere fisicamente gli emblemi, pane e vino che tutti gli altri si passano di mano in mano, come abbiamo visto, senza poterli assumere. La Watchtower Society ritiene che solo nel primo secolo dell’Era Volgare (il tempo, come già detto, non è scandito dall’incarnazione di Cristo) siano vissuti circa 50.000 unti, e in seguito, a causa della “grande apostasia” – durata fino alla fine del XIX secolo – , questi eletti sarebbero ricomparsi in grande numero, al punto che per raggiungere quota 144.000 ne rimarrebbero solo poche migliaia.
Ad essere negata è quindi l’immortalità dell’anima, ritenuta un concetto extra-biblico. Il cavallo di battaglia scritturistico è in tal caso Qo 9,5, reso come segue dalla TNM: «Infatti i vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla, né hanno più alcuna ricompensa, perché di loro non rimane alcun ricordo». Polidori precisa a tal riguardo: «Se l’idea della sopravvivenza dell’anima dopo la morte è oggettivamente problematica nell’AT, è pacificamente accettato che a partire dall’età ellenistica tale concetto si faccia strada nel giudaismo». Quanto all’esistenza degli inferi, si tratta di una parola che viene chirurgicamente evitata e resa alla lettera con Ades/Sceol, bypassando questa volta (stranamente) il principio traduttivo, sempre adottato con cura.
Da alcuni sono definiti lapidariamente “terrapiattisti”, eppure i numeri parlano chiaro.. come e perché si diventa testimoni? È indicativo come il geovismo attecchisca, è ancora Polidori a parlare, «esclusivamente tra gli strati poco o per nulla scolarizzati della popolazione». Altro dato che riporta l’autore: «fa riflettere.. che, per ogni tre nuovi testimoni, quasi due fuoriescano dalla congregazione..». Per ora mettiamo in ghiaccio la domanda e concentriamoci sull’auto definizione che si danno gli aderenti, lasciando nuovamente la parola al docente universitario, il quale sottolinea come il nome divino, che ricorre circa 7.000 volte nelle scritture ebraiche, «è effettivamente rappresentato, in ebraico, ..(da un) tetragramma.. (la cui forma traslitterata è YHWH). Esso ci è pervenuto senza vocali poiché queste non venivano riportate nei testi scritti, com’è abitudine in molte lingue dell’antichità.. – e aggiunge – Quanto all’esatta pronuncia del nome divino, i testimoni di Geova hanno scelto di adottare la forma masoretica, esito dell’inserimento delle vocali (e-o-a) di Enonah (“Signore”).. , nel tetragramma YHWH. Il risultato è: Y-e-H-o-W-a-H, italianizzato in “Geova”». L’insistenza su questo modo di chiamare Dio è legata anche, forse soprattutto, alla volontà di identificarsi come eletti da quel Dio che solo loro chiamerebbero “correttamente”. A tal proposito la Bibbia geovista traduce il letterale Atti 15,17 «affinché anche gli altri uomini cerchino il Signore e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio nome» con «perché gli uomini che rimangono cerchino diligentemente Geova insieme a persone di tutte le nazioni».
Per quanto riguarda, invece, la loro liturgia e gli eventuali sacramenti? La necessità di distinguersi dal resto della “cristianità” si traduce anche sotto il profilo liturgico e sacramentale, partendo dall’abolizione della gerarchia ecclesiastica. In realtà si tratta di una abolizione un po’ camuffata, dato che tale struttura si ripresenta con altri appellativi. Così, conservando la forma greca del Nuovo Testamento, diacono è reso con “ministro (di culto)”, presbitero con “anziano”, vescovo con “sorvegliante (di congregazione)”, Chiesa (letteralmente “assemblea”) con “congregazione” e liturgia (“azione del popolo”) con “servizio”. Si sostiene – giustamente – che i nomi siano importanti, ragion per cui là dove compare il vocabolo chiesa, la TNM riporta “congregazione”, e questo vale anche per i testi extrabiblici, che fanno diventare Ireneo, vescovo di Lione, il “sorvegliante della congregazione” della città francese. Obiettivo dichiarato, diamo ancora la parola a Polidori: «affermare che le prime comunità cristiane erano esse stesse di testimoni di Geova.. (che) rimasero fedeli agli insegnamenti di Cristo fino alla cosiddetta grande apostasia, verificatasi in un imprecisato momento del II secolo, e portata a compimento nell’epoca dei grandi concili ecumenici del IV secolo, dalla quale sono sorte le Chiese della “cristianità”.. Da questo momento in poi – prosegue il filologo patristico – le strade del “cristianesimo” e della “cristianità” si divideranno irrimediabilmente, sino alla comparsa, diciassette secoli dopo, degli “studenti biblici” di Charles Taze Russell».
Su cosa si basa allora la liturgia geovista? Praticamente ridotta all’osso, oltre al battesimo – che sancisce l’entrata ufficiale nella congregazione – rimane la già citata Commemorazione della morte di Gesù Cristo, il 14 di Nisan (13 giorni dopo la luna nuova più vicina all’equinozio di primavera), e le varie adunanze.
Che relazioni hanno fra loro e col “mondo” i testimoni? Tristemente famosi per il divieto delle trasfusioni di sangue, l’origine di questa presa di posizione è ancora una volta da ricercare in un approccio letteralista della Bibbia. Se nei primi anni di vita della congregazione non esisteva alcun impedimento, è nel 1944 che fa la sua comparsa un divieto a discrezione del singolo affiliato, per diventare, nel 1961, vincolante per tutti. La sua base è ritenuta scritturistica, ma la questione è ampia e complessa. Diciamo che tutto origina dal fatto che sia nel Primo che nel Secondo Testamento, nel Levitico (17,8-10.12.15; 18,6-18) come negli Atti degli Apostoli (15,20.29; 21,25), il verbo astenersi (dal sangue) significa solamente “non mangiare”, ragion per cui vietare le trasfusioni appare alquanto arbitrario. Accanto a queste c’è poi la pratica dei trapianti (prima lasciata alla coscienza del singolo, poi considerata un “atto di cannibalismo”) e delle vaccinazioni, vietate dal 1931 al 1953. Altro aspetto per cui intorno ai TdG si discute è quello della loro mancata celebrazione dei compleanni e del Natale. Quanto ai primi, la motivazione si basa sul fatto che la Bibbia non menzionerebbe il compleanno di Gesù, ma solo di persone non credenti, ad esempio quelli di Erode Antipa, riportato da tutti i Sinottici, e del faraone (Gn 40,19-22), entrambi teatro di una decapitazione, nel primo caso quella del Battista. Insomma una festa pagana. Quanto al Natale, il motivo è invece legato alla sua origine: è noto ai più che la data del 25 dicembre non sia storica ma simbolica, mutuata dal sole invitto celebrato dai Romani. Eppure tanto Russell quanto (almeno all’inizio) Rutheford, lo celebravano regolarmente! Si è smesso, probabilmente, perché ritenuto uno dei tanti simboli della “cristianità”, dalla quale occorreva distinguersi.
Se “il mondo” è nelle mani di Satana, vien da sé che tutto ciò che lo riguarda, dallo sport alla politica, vada evitato. Da qui le resistenze nei confronti del servizio civile (sostitutivo a quello di leva), il disimpegno politico e il rifiuto di onorare la bandiera nazionale, considerato un atto di adorazione, che spetta solo a Dio.
«Tra il 1970 e il 1979 – è ancora Polidori a parlare – , Raymond Franz calcolò che vi erano quattro defezioni ogni dieci battesimi e che, per ogni tre persone ancora nell’organizzazione, una l’aveva lasciata.. (un) continuo turnover.. ancora attuale». I testimoni sono dunque una realtà che attira e respinge allo stesso tempo. Chi se ne allontana può incappare più o meno nell’equivalente della scomunica cattolica, anche se occorre distinguere tra dissociazione, disassociazione e apostasia. Nei confronti di quest’ultima viene presa la posizione più dura, che ha come base scritturistica l’interpretazione letterale (superfluo ricordarlo) di 1Cor 5,11-13, nell’originale greco: «Ora però ho scritto a voi di non mescolar(vi) se qualcuno, fratello se dicente, sia fornicatore, o avaro, o idolatra, o calunniatore, o ubriacone, o ladro, con tale (persona) neppure (dovete) mangiare insieme. Cosa (spetta) infatti a me quelli di fuori giudicare? Non quelli di dentro voi giudicate? Quelli poi di fuori – Dio giudicherà. Togliete il malvagio dal mezzo di voi stessi». Parole di Paolo che la Nuovo Mondo traduce: «Ora però vi scrivo di smettere di stare in compagnia di chi è chiamato fratello ma pratica l’immoralità sessuale o è avido, idolatra, oltraggiatore, ubriacone o ladro, non mangiando nemmeno con una persona del genere. Devo forse giudicare quelli di fuori? Non sono quelli di dentro che voi giudicate, mentre Dio giudica quelli di fuori? “Allontanate la persona malvagia di mezzo a voi”». Diversa invece è la categoria dei cosiddetti inattivi, coloro cioè che, per vari motivi e senza una netta presa di posizione contro il geovismo, interrompono la loro attività di proselitismo, appunto.
Arriviamo così, finalmente, a ciò che più ci interessa: la versione della Bibbia dei testimoni di Geova, nata dagli anni ’50 del secolo scorso da un apposito Comitato di traduzione (all’inizio volutamente anonimo), composto dall’allora presidente Nathan Knorr, Albert Schroeder, George Gangas, Milton Henschel e Frederick Franz, il solo, quest’ultimo, ad avere qualche rudimento delle lingue originali bibliche, l’ebraico e il greco. Se la prima edizione completa della Traduzione del nuovo mondo uscì nel 1961, in lingua italiana – realizzata non partendo dai testi originali, ma dall’inglese, di fatto una traduzione della traduzione – si attese un paio d’anni per vederla stampata.
Quanto al canone biblico, la Nuovo mondo riconosce come ispirati solo 66 libri su 73, poiché Tobia, Giuditta, Sapienza, Siracide, 1 e 2 Maccabei e Baruc sono deuterocanonici (dal greco “secondo canone”), riconosciuti cioè come ispirati dalla Chiesa Cattolica in un secondo momento. Domanda: se a partire dal II secolo il “vero cristianesimo” scomparve per far posto alla “grande apostasia”, come mai vengono accettati come ispirati quegli altri libri che proprio la Chiesa, la grande apostata, ha riconosciuto? Mah..
Torniamo alla traduzione. In cosa differisce in concreto, ad esempio da quella della CEI? Diamo nuovamente la parola al Polidori, forse il solo ad aver condotto uno studio specifico sul testo geovista. A parer suo «Le modalità operative del Comitato, specialmente per.. il Nuovo Testamento, si possono ricondurre a cinque tipi di manipolazione», primo dei quali l’«apposizione di pause e punteggiatura non richiesta dal testo». A tal riguardo riporta l’esempio di Rm 9,5, che nella traduzione letterale suona così: «..di loro (sono) i padri e da essi (è) il Cristo, quello secondo (la) carne, l’essente sopra tutti Dio, benedetto per i secoli», mentre la versione CEI ha «..a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli», che la Traduzione del nuovo mondo riporta con «..a loro appartengono i patriarchi, dai quali è disceso il Cristo secondo la carne. Dio, che è al di sopra di tutto, sia benedetto per sempre». Il secondo tipo di manipolazione riguarderebbe l’«aggiunta o sottrazione di parole rispetto al testo originale», ad esempio Col 1,17, in greco: «ed egli è prima delle cose tutte e le cose tutte in lui sussistono», per la Bibbia geovista «Lui è prima di ogni altra cosa, e tramite lui tutte le altre cose sono state portate all’esistenza». Terzo cambiamento: l’«evocazione di lectiones minori per la scelta del testo base.. o di significati secondari, “possibili” dal punto di vista grammaticale – se decontestualizzati – ma del tutto improponibili». A tal proposito in At 20,28 il greco riporta: «Fate attenzione a voi stessi e a tutto il gregge, in cui voi lo Spirito quello santo ha posto (come) sorveglianti per pascere la chiesa di Dio, che si è acquistata per mezzo del sangue quello proprio», che la Nuovo Mondo rende con «Prestate attenzione a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo spirito santo vi ha nominato sorveglianti, per pascere la congregazione di Dio, che egli acquistò con il sangue del proprio Figlio». La penultima manomissione è relativa a «traduzioni francamente errate»: là dove la lingua originale di 1Tm 4,1 ha «Lo ora Spirito espressamene dice che ne(i) posteriori tempi si allontaneranno alcuni dalla fede dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine di demoni», la versione geovista riporta «Comunque, la parola ispirata dice chiaramente che in futuro alcuni si allontaneranno dalla fede, prestando attenzione a ingannevoli affermazioni ispirate e a insegnamenti di demòni». Infine la congregazione farebbe uso di «procedimenti arbitrari (ad esempio, la ben nota sostituzione di Kyrios con Geova)».
Quanto esposto Polidori lo suffraga con la testimonianza del fuoriuscito Raymond Franz, lui che, «testimone della creazione della TNM», nel suo libro Crisi di coscienza parlò espressamente di “manipolazione della Bibbia”.
Altro caposaldo della versione geovista è l’interpretazione letterale del testo sacro, e ciò costituisce un problema di non poco conto, poiché non si considera il fatto che la Scrittura è composta da generi letterari anche molto diversi tra loro, che è stata redatta in un contesto storico-culturale ben preciso, e via dicendo.. Tale letteralismo porta ad esempio a stabilire il momento dell’ingresso di Abramo in Canaan, o la data del diluvio, o ancora la creazione di Adamo: 4.026 a.C. (!?). Letteralismo che dunque non tiene conto della scienza, sfiorando in tal caso il ridicolo: è risaputo infatti che l’homo sapiens fece la sua comparsa tra i 130.000 e i 200.000 anni fa. «La domanda – per dirla col giornalista Antonio Lubrano – sorge spontanea»: come si può credere a dati di questo tipo? Lasciamo la risposta al fuoriuscito Franz: «poiché l’istruzione, in modo scientifico, accademico, e tutta l’intellighenzia secolare sono nelle mani di Satana, non ci si può fidare che della Bibbia, unica fonte autorevole di verità, anche quando sembra indicare fatti impossibili. Naturalmente la WTS.. si è prodigata nel fornire spiegazioni “possibili” per dare una parvenza di credibilità alle sue arbitrarie quanto grottesche cronologie». Diciamo che il “pentito” non la tocca piano.. Polidori aggiunge che «sin dai suoi esordi la WTS ha fortemente sconsigliato ai suoi affiliati di accedere a qualsivoglia forma d’istruzione superiore, vuoi per l’imminente fine del mondo, che avrebbe reso vani gli anni di studio, vuoi per dedicare più tempo all’opera missionaria». Un articolo della Torre di Guardia dell’aprile 2008 diceva infatti: «Anziché cercare la sicurezza nell’istruzione superiore di questo mondo, il cristiano confida in Geova», appoggiandosi in quest’ultimo caso a Proverbi 3,5. Fatto sta che, prosegue il docente universitario, i loro affiliati sono «tra le confessioni religiose i cui membri sono meno scolarizzati. Negli Stati Uniti.. solo il 6% dei TdG hanno una laurea.. contro una media nazionale del 16%».
Questo fondamentalismo biblico porta, vien da sé, a rifiutare il metodo storico-critico, che studia il testo nei suoi diversi aspetti. Non solo, un cortocircuito evidente risulta dal fatto che, da una parte la Bibbia è ritenuta l’unico fondamento teologico, dall’altra, però, la Scrittura viene modificata laddove non combacia con la teologia prestabilita.
Parlando invece di cristologia geovista? Quale rapporto hanno con Gesù? Un’accusa mossa ai testimoni è quella, già incontrata, di non essere cristiani. Diciamo subito che il Figlio di Dio non è ritenuto Dio, bensì una creatura. Gli appoggi biblici sono in tal caso diversi, ad esempio il celebre prologo di Giovanni (1,1), alla lettera «In principio era la Parola, e la Parola era verso – Dio, e Dio era la Parola», tradotto con «In principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era un dio». Cosa cambia concretamente in questa traduzione? Due piccoli particolari, che però fanno tutta la differenza del mondo: anzitutto «verso Dio» è reso «con Dio», quindi «Dio era la Parola» – a indicarne la consustanzialità, la stessa sostanza – è tradotto con «la Parola era un dio», là dove l’iniziale di dio è minuscola. Il versetto 14 del medesimo primo capitolo di Giovanni afferma poi: «E la parola carne divenne e pose la tenda fra noi, e contemplammo la gloria di lui, gloria come di unigenito da (il) Padre, pieno di grazia e di verità», per la NM: «E la Parola è diventata carne e ha vissuto fra noi, e noi abbiamo visto la sua gloria, la gloria che un figlio unigenito riceve da suo padre, e in lui abbondavano favore divino e verità». E anche qui, non solo padre è minuscolo, ma l’articolo determinativo il è reso con l’indeterminativo un, come a voler abolire il rapporto tutto speciale tra il Padre e il Figlio. Altra finezza traduttiva: in Gv 14,9 Gesù dice a Filippo: «Chi ha visto me, ha visto il Padre», ma nella traduzione geovista ecco un’ingiustificata aggiunta: «Chi ha visto me ha visto anche il Padre». Quell’anche, ovviamente assente nell’originale greco, è funzionale alla tesi da difendere a tutti i costi: Gesù non è Dio! E quando nei diversi brani giovannei Gesù afferma: «Il Padre è in me e io sono nel Padre» (Gv 10,38), o «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9-10) o, ancora, «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17,21-23)? La NM traduce «in» con «unito a», smorzando in tal modo l’“inabitazione reciproca” del Padre e del Figlio.
Non è tutto, dato che ad essere riesumato è niente meno che Ario. Basandosi su Pr 8,22, per la CEI: «Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine», per i testimoni diventa «Geova mi produsse come principio della sua attività, la prima delle sue imprese di molto tempo fa». In questo caso è necessario precisare che il Testo Masoretico (la versione ufficiale della Bibbia degli ebrei, i masoreti furono gli scribi inventori del sistema di vocali da aggiungere alle sole consonanti ebraiche) distingue bene tra i verbi fondare e creare, quest’ultimo usato ad esempio in Gn 1,1. Il cortocircuito ci fa tornare al prologo di Giovanni, si chiede infatti Sant’Agostino nel De Trinitate: «Se la Parola fosse stata creata, per mezzo di quale altra Parola sarebbe stata creata?».
La letteratura geovista, per tentare di dimostrare l’inferiorità di Gesù rispetto al Padre, si avvale di due titoli, “agente” e “rappresentante”, ponendo l’accento su alcuni aspetti: la mancanza di volontà da parte del Figlio e il suo essere mandato dal Padre (Gv 8,42); il fatto che Gesù dica che quest’ultimo è più grande di Lui (Gv 14,28); sostenendo che l’affermazione della divinità da parte di Tommaso apostolo equivalga ad una semplice esclamazione, sorta di “accidenti”, “wow” (Gv 20,20-26); la sottomissione del Figlio nei confronti del Padre (1Cor 15,28); precisando quindi che Gesù è un angelo, o meglio un arcangelo (Eb 1,5); infine facendo parlare Geova, al posto di Gesù, nel celebre passo dell’Apocalisse in cui il Figlio afferma «Io sono l’Alfa e l’Omega, dice il Signore Dio» (Ap 1,8).
Dunque, chi è davvero il Figlio di Dio? Polidori fa notare come, probabilmente, in passato la setta degli ebionìti (o nazorei) «pensasse che Gesù fosse una sorta d’incarnazione dell’arcangelo Michele.. Poiché, dopo il peccato adamitico, sarebbero entrati nel genoma dell’uomo i difetti genetici che ne provocano l’invecchiamento e la morte – questa è la tesi sostenuta in soldoni, ndr – , Dio avrebbe sottratto la forza vitale angelica a Michele instillandola nel grembo di Maria, riproponendo nella storia il perfetto corrispondente di Adamo, privo di quei difetti genetici. Di conseguenza, Gesù non avrebbe potuto morire se non per una morte violenta, essendo di fatto immune all’invecchiamento e alle malattie». La “pezza” scritturistica è in tal caso 1Ts 4,16: «perché il Signore stesso scenderà dal cielo con un comando, con voce di arcangelo e con tromba di Dio, e quelli che sono morti uniti a Cristo risorgeranno per primi» (TNM). Per tutte queste ragioni l’adorazione, diciamo così “assoluta”, va resa solo al Padre, lasciando a Gesù quella che il Corpo direttivo – lo “schiavo fedele e discreto” – ha chiamato “adorazione relativa”. Qui la base biblica è invece il secondo capitolo di Matteo che (si sta parlando dei magi nei confronti del bambino): «essendo caduti, adorarono lui», secondo l’originale greco, reso dalla NM «inginocchiandosi, gli resero omaggio» (Mt 2,11). Ma il prostrarsi al suolo fronte a terra, la proskynesis, era l’omaggio riservato ai sovrani! Ovvio che tra i brani più “spinosi” su questo tema, per i testimoni ci sia il celebre Inno di Filippesi, a motivo della sua forte cristologia. Il letterale «Perciò anche – Dio lui sovresaltò e donò a lui il nome quello sopra ogni nome» (Fil 2,9), è tradotto con «Per questo Dio lo ha innalzato a una posizione superiore e gli ha benevolmente dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome», là dove la finezza consiste questa volta nell’aggiungere «benevolmente» e «altro», a sottolineare che i tratti divini sono a Lui “gentilmente e immeritatamente” concessi dal Padre.
A tal proposito, che ne è di Maria e dei Santi? In una pubblicazione vien detto che le preghiere «devono essere rivolte solo a Geova per mezzo di Gesù Cristo».
Nell’intera disputa anti-trinitaria, infine, lo Spirito Santo non è altro che, sosteneva una rivista del 1989, «una forza controllata che Geova Dio usa per compiere una varietà di propositi.. (paragonabile) all’elettricità», per cui lo «spirito di Dio» che aleggiava sulle acque di Gn 1,2 diventa «la forza attiva di Dio», «lo Spirito» della 1Tm (4,1) è reso con «la parola ispirata», “Consolatore” è tradotto con “soccorritore”, il saluto liturgico «La grazia del Signore Gesù Cristo e l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2Cor 13,14) diventa «L’immeritata bontà del Signore Gesù Cristo (?!), l’amore di Dio e la partecipazione allo spirito santo (ovviamente minuscolo, ndr) siano con tutti voi», e via dicendo..
Ma se Gesù non è Dio, come può salvarci? Abbiamo già visto che «il Padre trasferì la forza vitale di Michele.. a una cellula uovo nel ventre di Maria, fecondandola». Ripetiamolo, come può allora salvarci? La riconciliazione dell’uomo con Dio avverrebbe in forma puramente giuridica: Geova ripaga l’offesa ricevuta – il peccato originale – sacrificando il suo “principale agente”, l’arcangelo Michele. E dell’incarnazione che ne facciamo? Ce lo dice La Torre di Guardia del 15 giugno 1957: «(quella dell’incarnazione) come altre dottrine insegnate dal clero, è contro la logica e la ragione. L’accettazione da parte della cristianità della teoria che Gesù fosse un Dio-uomo – prosegue l’articolo – si basa su un imperatore pagano, Costantino, il quale, interessato più alla politica che alla religione (e in questo l’articolo probabilmente non sbaglia, ndr), “influì sulle decisioni” e determinò ciò che in genere la cristianità crede anche ai nostri giorni. – e conclude – Non fu che nel 451 al Concilio di Calcedonia che venne definita la dottrina dell’Incarnazione. Il Concilio, formato da cristiani sviati, decise che Gesù era un DIO-UOMO». Piccolo problema: Costantino, che tra l’altro aveva simpatie ariane, morì nel 337!
Tirando le somme: chi è davvero il testimone di Geova, se non un fratello o una sorella che, in un momento particolare della sua vita ha incontrato risposte che altri non hanno saputo o voluto dargli? Chi è, se non colui e colei che – mea culpa – ha trovato una Chiesa locale distratta, eccessivamente occupata a fare altro? «I credenti stessi – diceva Benedetto XVI – sono il principale impedimento alla fede degli altri». Il seguace di Geova, ancora, è forse chi, di fronte all’attuale relativismo religioso, ha incontrato qualcuno che ha avuto il coraggio di andare al fondo della propria esperienza religiosa, magari in modo maldestro, ma ci ha provato. Già i Padri della Chiesa parlavano di “semi di Verità” che lo Spirito ha seminato in ogni religione, popolo e nazione di qualunque epoca. Il punto è, come sempre, la nostra responsabilità nel vivere pienamente il contesto storico-culturale che ci è stato concesso. Al resto (il giudizio) ci penserà Dio..
E la Traduzione del Nuovo Mondo, cos’è se non uno strumento il quale, probabilmente senza che chi la utilizza lo sappia neppure, è stato manomesso – non nell’originale senso etimologico di manumissio, l’atto con cui lo schiavo veniva liberato dal padrone, ma nella sua accezione postuma, ovvero l’averci “messo mano” – da chi, forse con i migliori intenti – non sta a noi giudicarlo – ne ha alterato il senso, ma soprattutto l’approccio?
Recita
Cristian Messina
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