Marco 3,20-21: "E' fuori di sé...". (Commento di M.P.Veladiano da "Uomini e profeti")



Parola del Signore
Dal Vangelo secondo Marco 3, 20-21

Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare.
Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».

 

 

Recita
Alan Santini

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale con chitarra di Gabriele Fabbri

Meditazione
Maria Pia Veladiano
Brano audio tratto da "Uomini e profeti", trasmissione radiofonica di RaiTre

Meditazione
"I suoi" possiamo intendere che sia verosimilmente la famiglia di sangue comunque intesa, perché poi lui farà riferimento alla madre e ai fratelli e le sorelle. Se prendiamo buona la ripresa è la famiglia di sangue che non lo riconosce.

La cosa importante è che dicono “E’ fuori di sé!”.
Allora Gesù è fuori, è fuori di testa?

Eh, sì. E’ il dramma di non conoscere chi ci sta vicino, di non saper vedere chi ci sta vicino. Noi siamo tutti unici e quindi è difficile riconoscerci per questa unicità e l’unicità di Gesù è anche molto particolare. Però è facile incontrare nella vita questa esperienza, la mia vita di scuola che è veramente un privilegio, lo dico sempre, ci restituisce all’osservazione genitori che non conoscono i figli, che non li vedono. Faccio un passo indietro perché è un po’ necessario per capire: quando si ha un bambino, il bambino noi lo sognamo come genitori, prima viene sognato, non è possibile immaginarsi il nulla e quindi c’è un figlio sognato.

Quello che qualche psicanalista chiamava “il bambino meraviglioso”, idealizzato…

Sì. Anche se si è persone che non hanno questa vocazione di idealizzare, però in ogni caso qualcosa bisogna immaginare, sognare. L’operazione dei genitori deve essere poi quella di fare arretrare i loro sogni, per far sì che il bambino sogni la propria vita. Nella scuola noi vediamo in trasparenza situazioni in cui questo non accade, quando i genitori, e sono tanti, vengono e dicono “…pensare che avrebbe già lo studio pronto del padre…” oppure “…l’azienda pronta…” oppure “…io che ero così bravo a calcio, lui è un brocco…”ecc… . Allora lì vuol dire che il sogno del genitore non è arretrato e questa è un’operazione tremenda, verso la quale bisogna veramente essere sorvegliati. E’ pretendere in qualche modo il possesso della vita degli altri, perché l’abbiamo generata, è esattissimamente il contrario di quello che è il dono della vita: la vita la do e poi l’affido a chi l’ha ricevuta. Vuol dire non mettersi in ascolto. Invece di sentire se l’altro ha un bene da darmi, io sono sicura di avere un bene da dargli che è il mio bene, quello che ho sognato per lui. E questa è un’operazione che qui accade all’ennesima potenza. Hanno il Messia: capisco che fosse un po’ difficile da riconoscere, però, voglio dire, non lo vedono…vedono le loro paure, insomma.

 

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