Luca 7,11-17: "Un corpo solo". (Commento del Centro Aletti a cura di fra Roberto Pasolini)



Parola del Signore
Dal Vangelo secondo Luca 7,11-17

Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

Musica di sottofondo
Al Vangelo: Arrangiamento di Gabriele Fabbri
Alla meditazione: Musica di Renata Russo

Meditazione
Fra Roberto Pasolini

Briciole di Parola è il commento alle letture del giorno del Centro Aletti. La guida: Fra Roberto Pasolini, frate minore cappuccino, biblista, che ha frequentato l’Atelier di Teologia del Centro Aletti nel 2016-2017.
Si ringrazia il Centro Aletti per la gentile concessione all'utilizzo dei suoi contenuti audio e video.
https://www.centroaletti.com

Meditazione
Dopo aver esortato i cristiani ad una condivisione sincera del pane e della vita, l’apostolo Paolo scrive altre raccomandazioni in vista di una crescita della comunione fraterna secondo la logica di Cristo, dell’amore più grande. A una comunità ancora incapace di vivere fino in fondo il vincolo della carità, Paolo propone una metafora che è rimasta centrale per la mentalità di ogni discepolo di Cristo, è la metafora del corpo, un’immagine semplice eppure potente, capace di affermare come l’individualismo non possa mai essere lo stile di quanti sono ormai entrati nello spazio dell’amore trinitario.
L’immersione nella vita e nello spirito del Signore risorto costituisce i credenti come un solo corpo, dove non può esserci alcun spirito di competizione o di gelosia, ma dove si impara a riconoscere nella diversità dei doni e dei compiti la provvedente mano di Dio che accarezza tutti i suoi figli, accompagnandoli verso la vita eterna nel suo regno.
Per questo è del tutto inutile, anzi dannoso, continuare a porsi a confronto con l’altro, ritenendo migliore il suo dono, rispetto a quello che noi abbiamo tra le mani. Ciò equivale a provare invidia nei confronti dello stesso Dio, il quale, come diceva san Francesco "dice e da a tutti ogni bene, secondo la misura della sua capacità e della sua missione”.
Piuttosto, ricorda San Paolo, c’è un carisma comune e universale a cui è importante aspirare tutti con grande desiderio.
Il carisma della carità appare molto evidente nei sentimenti con cui il Signore Gesù si pone nei confronti di quella vedova che nel Vangelo, accompagna in lacrime il corteo funebre del suo unico figlio. Le lacrime di questa donna straziata dal dolore sono una parola silenziosa ma sufficiente al Signore per donare liberamente ciò che non viene chiesto da nessuno ma certamente è desiderato da ogni cuore. Il bambino si alza e viene restituito vivo alla madre. In questa restituzione del figlio morto e risorto si nasconde una rivelazione dell’assoluta gratuità dell’amore di Dio il cui fine ultimo non è mai il possesso di niente e di nessuno ma sempre e solo la restituzione di ogni dono nello spazio della libertà. Intuire, donare e infine restituire: sono questi i verbi che dobbiamo declinare se vogliamo anche noi partecipare all’edificazione dell’unico corpo di Cristo nella carità.

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