Genesi 11,1-9 con il commento di Daniele Missiroli



Dal libro della Genesi
Gn 11,1-9 

Testo del brano
Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole. Emigrando dall’oriente, gli uomini capitarono in una pianura nella regione di Sinar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da malta. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua; questo è l’inizio della loro opera, e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

 

 

Meditazione
L’umano arriva ad una tappa notevole del suo percorso evolutivo: la vita sociale organizzata in società complesse come le città, e la costruzione collettiva di edifici di culto che lo unificano nella lode al loro Dio. Tutto sembra lodevole! L’umano che si riunisce in un’unica fraternità, nello stesso culto, con la stessa lingua. È il cammino di unità cui tendiamo! E invece Dio punisce. L’approccio classico alla spiegazione di questo brano parte dalla motivazione: l’umano si domanda perché i simili si trovino a parlare lingue differenti e a non comprendersi; e la risposta data risiede nello schema orgoglio-punizione, hybris-nemesis. L’umano tenta di raggiungere Dio, Dio si accorge, interviene, il piano fallisce, segue la punizione. Vorrei provare a leggerlo, seppur marginalmente, fuori da questo schema. Capovolgendolo. Come fosse un brano-Pollicino, e ci chiamasse a trovare la strada raccogliendo le briciole dalla fine del cammino, per il ritorno. Ritorno all’unità. Riprendere a costruire la città, la polis, per il con-vivere; prendere a parlare dunque una lingua comune, che non sia sotto il cappello dell’uniformazione ma della fraternità riconoscibile; che non necessita della costruzione di “altari”, luoghi dall’alto per poter dominare. Finanche Dio. Ma necessita di tornare a farsi “terra”, humus che tesse unità, e tornare così a migrare, a incontrarsi per incontrare sé stessi, per incontrare Dio. 

 

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