Genesi 2,4b-9.15-17 con il commento di Daniele Missiroli



Dal libro della Genesi
Gn 2,4b-9.15-17 

Testo del brano
Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire».

 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Lorenzo Tempesti. Maramore. www.suonimusicaidee.it.Licenza gratuita

Meditazione
Daniele Missiroli

Meditazione
Un altro racconto di creazione; un’altra tradizione; o semplicemente un’altra inquadratura, della stessa scena: l’inizio, il principio. La stessa domanda, un’altra risposta. Da dove viene l’uomo? Perché la sua peculiarità? Perché questo essere che si racconta, che si chiede il senso delle cose, che indaga i principi? Secondo la tradizione, questo è il racconto più antico dei due. Il giorno è uno, in cui Dio fece il cielo e la terra, e compare subito l’uomo che viene visto come indispensabile al fiorire della terra. Sicuramente la nostra sensibilità di uomini e donne del XXI secolo metterebbe in dubbio questa visione.. Ma qui siamo agli albori della rivoluzione agricola, e tutto sembra così idilliaco tra l’uomo e la natura dominata. Allora Dio plasma l’uomo, perché la Natura lo necessita. Plasma l’Adam, l’Adamo, che significa “Uomo” in ebraico. Ma non uomo in quanto maschio, come siamo abituati a collegare, ma uomo in quanto umano. Ed è Adam perché dall’Adamah, che è la “terra”, è plasmato: lui è il “terroso”, proprio a rinsaldare questo rapporto con la terra. Ma ecco il tocco di genio: non è solo terra, lui. Non è solo carne animata. Non è solo sensi e percezione. Ha in sé un qualcosa che lo rende simile a Dio, ha una facoltà di pensiero che è assolutamente unica, ha coscienza, ha sapienza.. ha il ruach di Dio, il “soffio”! Quella scintilla che lo ha reso così unico. L’autore del racconto sembra essersi chiesto: cosa rende l’umano così unico tra gli altri animali? Una scintilla! Un soffio di Dio! Lo spirito che lo abita lo ha reso unico, sapiente, come Dio! Ecco che ora per “Umano” va fatto un habitat come si deve: un Eden, letteralmente un giardino irrigato, un orto, una campagna. Piena di alberi da frutto. E un «albero della vita». Nel mezzo. E un «albero della conoscenza del bene e del male». Ci sono, in Eden alberi per nutrire la carne e la sapienza.  Ma ecco che vediamo sopraggiungere il primo divieto, la prima regola, la prima legge della storia: «dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare». Innanzitutto, le leggi: l’uomo ha bisogno di una società ordinata da leggi e divieti? Ed è Dio il primo ad averci dato delle norme per la vita in pace? Sul merito: perché dovremmo morire mangiando della conoscenza del bene e del male? 

 

 

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