Salmo 149 con il commento di Massimo Montanari



Dal libro dei Salmi
Salmo 149 – La lode sulle labbra e la spada in mano
(Inno escatologico dell’assemblea degli eletti al divino Salvatore. Salmo alleluiatico di processione al tempio)

Testo del Salmo
1 Alleluia. 

Cantate al Signore un canto nuovo; la sua lode nell’assemblea dei fedeli. 2 Gioisca Israele nel suo creatore, esultino nel loro re i figli di Sion. 3 Lodino il suo nome con danze, con tamburelli e cetre gli cantino inni. 4 Il Signore ama il suo popolo, incorona i poveri di vittoria. 5 Esultino i fedeli nella gloria, facciano festa sui loro giacigli. 6 Le lodi di Dio sulla loro bocca e la spada a due tagli nelle loro mani, 7 per compiere la vendetta fra le nazioni e punire i popoli, 8 per stringere in catene i loro sovrani, i loro nobili in ceppi di ferro, 9 per eseguire su di loro la sentenza già scritta. Questo è un onore per tutti i suoi fedeli. 

Alleluia.

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Massimo Montanari

Meditazione
Il ricordo della notte indugia nella mente poco prima dell’alba, vigile il timore accompagna la ronda delle sentinelle che attendono il mattino. L’inno 149, memore del canto quando ormai la lode dei salmi è un fatto, ci riporta nelle profondità del Salterio; un corpus figlio di parole e suoni, di articolazioni delle labbra e del ricamo delle mani dell’uomo, come il creato lo è del Padre, delle Sue dita e del Verbo. Un “canto nuovo” è ciò che l’uomo chiede a sé stesso attraverso le parole della salmodia, alla sua umanità, perché questo predicare rinnovato divenga legge neo-testamentaria, trascendentale, cristologica: l’assemblea dei fedeli non è mai stata così numerosa come nella “nuova Israele”, terra di coloro che hanno visto Dio, liberati dal rispetto antico per il farsi dell’amore. La cifra dell’amore sta nella perfezione della sua carità. Dal latino perficere, perfetto si dice di ciò che è “compiuto”, portato a termine: questo movimento perfetto, descritto in maniera di per sé ineffabile dalla natura dei Salmi, in quanto oggetti di pensiero e suono, mi ricorda la Critica di Kant e l’impossibilità del giudizio morale se non da parte del singolo attore, il quale agisce sul palcoscenico della storia conoscendo il suo intendimento al di là dell’atto. A questo tipo di perfezione credo possa rimandare il “canto nuovo” in apertura di inno: un cantico in grado di unire volontà e azione nel segno della carità. Mi piace pensare che il volto nobile della carità – lontano da quello miserevole al quale siamo spesso abituati, di cui non di rado ci rendiamo partecipi o testimoni – sia da ricercare piuttosto nelle parole comunità, coralità, unità. Allora, forse, l’“assemblea dei fedeli” potrebbe proporsi di ricercare un’armonia, di riconoscersi nel contrappunto; come l’orchestra mozartiana eterea e assoluta, senza possibilità di mediazione o stortura, anche la roccia di Sion sporcata dal suono di una delle sue membra rischia di cadere nella dissonanza, nel particolarismo, nella vanagloria – contraria alla gloria esultante dei fedeli nel proprio giaciglio, citata al verso quinto del Salmo 149. Certo, in quest’ottica virtuosa, unitaria, le particolarità stesse, le diversità ed eterogenee individualità potrebbero diventare ricchezze, i carismi della carità. «Alleluia», dunque, anche al linguaggio della guerra d’amore a cui il testo apre improvviso, che è parte della letteratura di ogni tempo e che appartiene ai più stridenti e indelicati ossimori. Non più la guerra in difesa delle ragioni di un solo popolo, nella quale ogni contendente è carnefice e vittima, ma inno iperbolico alla battaglia della carità: indomita, netta, gentile, in grado di opporsi agli opposti della fede. La fede, quella delle labbra, la stessa segnata col brando a due tagli, la dimensione umana dell’incontro con il Padre.

 

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