Salmo 140(139) con il commento di Giovanni Antonini



Dal libro dei Salmi
Salmo 140 (139) – Supplica nella lotta contro i persecutori
(Lamentazione individuale. Attestazioni di fiducia, con formule imprecatorie)

Testo del Salmo
1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. 

2 Liberami, Signore, dall’uomo malvagio, proteggimi dall’uomo violento, 3 da quelli che tramano cose malvagie nel cuore e ogni giorno scatenano guerre. 4 Aguzzano la lingua come serpenti, veleno di vipera è sotto le loro labbra. 5 Proteggimi, Signore, dalle mani dei malvagi, salvami dall’uomo violento: essi tramano per farmi cadere. 6 I superbi hanno nascosto lacci e funi, hanno teso una rete sul mio sentiero e contro di me hanno preparato agguati. 7 Io dico al Signore: tu sei il mio Dio; ascolta, Signore, la voce della mia supplica. 8 Signore Dio, forza che mi salva, proteggi il mio capo nel giorno della lotta. 9 Non soddisfare, Signore, i desideri dei malvagi, non favorire le loro trame. Alzano 10 la testa quelli che mi circondano; ma la malizia delle loro labbra li sommerga! 11 Piovano su di loro carboni ardenti; gettali nella fossa e più non si rialzino. 12 L’uomo maldicente non duri sulla terra, il male insegua l’uomo violento fino alla rovina. 13 So che il Signore difende la causa dei poveri, il diritto dei bisognosi. 14 Sì, i giusti loderanno il tuo nome, gli uomini retti abiteranno alla tua presenza.  

 

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Giovanni Antonini

Meditazione
Colpevole di guerre, di odio e di divisione: l’uomo è sempre stato così, fatto di ambiguità, cattiveria e dissidi. E questo non solo nel passato, ma ancora oggi, quando facciamo guerre, usiamo armi, ricacciamo indietro i migranti. E ciò che non manca mai all’uomo è trovare un motivo: un motivo per usare una pistola, per alzare le mani, chiudere le porte.. Quando si vuole essere superiori agli altri, quando ci reputiamo migliori e quindi “abbiamo il diritto” di parlare più forte, di pretendere di più, allora lì iniziamo anche noi a essere responsabili della “legge del più forte”. Mi domando quante volte io son stato voce del male. Quante volte ho alzato un muro, giudicato e smesso di dialogare? Quante volte ho parlato male di qualcuno, deridendolo per il suo essere? A quest’ultima domanda mi fermo, perché proprio oggi ci son cascato. Ho scelto la voce meschina e malvagia, dicendomi sempre che lo faccio per scherno, per ironia e divertimento. Forse compiamo azioni per farci accettare dal pensiero mainstream. Mi domando chi sarei se fossi nato in Africa, oppure in qualsiasi Paese dove non avrei i privilegi che oggi, in quanto cittadino italiano, posseggo. Mi chiedo se oggi ho compiuto azioni che profumino di gentilezza e umanità. Rimango perplesso, perché in questo mondo diamo voce alle azioni malvagie e le consideriamo ormai cose naturali, mentre il bello lo riteniamo fuori contesto. La dimensione del negativo è diventata centrale per l’umanità: si deve cercare sempre il male, anche quando altri compiono gesti belli; partecipiamo a un’attività e subito additiamo dicendo che noi avremmo fatto meglio oppure, molte volte, che era sbagliato questo e quello era di troppo.. Questa attitudine deriva dal contesto ipercritico di cui facciamo parte, alla ricerca sempre e comunque di un vincitore, un migliore che alzi la coppa al cielo dinnanzi a tutti quelli che si trovano sotto il palco, perdenti e delusi. E io che posso farci? Come posso non seguire la logica di questo mondo e come posso essere portavoce della bellezza e spezzare la catena dell’invidia, della avarizia, dell’oppressione e della solitudine? Forse si dovrebbe ripartire esattamente da quest’ultima parola: solitudine. Ci troviamo a dover affrontare sempre di più una lotta all’isolamento. E sempre meno scontato conoscere i nostri vicini, soprattutto quando ci troviamo in palazzi; sempre meno scontato salutare e chiamare per nome chi incontriamo per strada; sempre più abituati a star con la testa china dinnanzi allo schermo con delle cuffie. No, non è colpa del progresso. E soprattutto basta dare colpe, basta additare, basta dividere. Ritorniamo a con-dividere, a con-vivere, a con-taminarci. Si è comunità quando non si lascia alcuno indietro e quando la direzione è comune per tutti. Rispondiamo “presente” a questa chiamata, abbattendo il muro dell’indifferenza e dando voce alla reciprocità. Questo è il primo grande e semplice passo a cui, come persone, siamo chiamati a tendere. Dinnanzi alla divisione, diamo voce alla comunione. Dinnanzi all’odio, diamo voce all’amore. Dinnanzi alla guerra, diamo voce alla pace. È la rivoluzione della gentilezza. Ed è la più grande rivoluzione che oggi, esattamente oggi, possiamo iniziare. È una rivoluzione contagiosa, penetrante, e sconfinata. E risponderebbe al male più grande che dobbiamo affrontare oggi, appunto l’indifferenza che porta alla solitudine. Un abbraccio, una carezza, un sorriso, ma non solo ai nostri amici, anche a chi non conosciamo, anche a chi è per terra, lungo la strada, appoggiato sopra un cartone, anche a chi ci vuole male, a chi guarda con occhi di sfida, a chi pretende spazio e chi ci allontana. L’arma più forte che possiamo impugnare è questa, e possiamo farlo quotidianamente, a scuola, al lavoro, in università. Sogno un mondo fatto di cure e attenzioni al prossimo, chi vuole può aiutarmi in questa rivoluzione della gentilezza!

Scarica la nostra App su