Salmo 137(136) con il commento di Luca Tentoni



Dal libro dei Salmi
Salmo 137 (136) – Ricordando Babilonia
(Cantico di Sion. Lamentazione nazionale con formule imprecatorie)

Testo del Salmo
1 Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion. 2 Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre, 3 perché là ci chiedevano parole di canto coloro che ci avevano deportato, allegre canzoni, i nostri oppressori: «Cantateci canti di Sion!». 4 Come cantare i canti del Signore in terra straniera? 5 Se mi dimentico di te, Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra; 6 mi si attacchi la lingua al palato se lascio cadere il tuo ricordo, se non innalzo Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia. 7 Ricòrdati, Signore, dei figli di Edom, che, nel giorno di Gerusalemme, dicevano: «Spogliatela, spogliatela fino alle sue fondamenta!». 8 Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto. 9 Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra. 

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Luca Tentoni

Meditazione
Questo salmo, tra i più appassionati del Salterio, risalta i sentimenti più forti dell’anima ebraica, cioè il dolore e la nostalgia profonda per la terra promessa ormai lontana e perduta. Si coglie un amore ancora vivo e intenso per la città santa distrutta, e una rabbia irrefrenabile verso gli autori della distruzione di Gerusalemme, con la conseguente deportazione. È particolarmente preziosa l’attenzione di coniugare una situazione drammatica come quella degli esuli nel “corpo” (v.4) con quelli dello “spirito”, cioè uno spazio e un tempo di purificazione della fede. Coinvolti sono la mano, la lingua, il palato, la voce, gli occhi (le lacrime), richiamando sia l’esilio corporeo che quello spirituale. La mano, indispensabile per il suonatore di cetra, è ormai paralizzata (v. 5) dal dolore, anche perché gli strumenti sono desolatamente appesi ai salici (piangenti pure quelli). La lingua è fondamentale al cantore, ma ora è incollata al palato. Regnano silenzio o lamento. In questa lontananza spaziotemporale la fede di Israele si purificherà e si approfondirà: nella “terra straniera” non c’è tempio, né sacerdozio, nemmeno sacrificio di animali. Proprio questa “povertà” promuove una fede “interiore”. Ora, non potendo offrire pubblicamente le vittime dei sacrifici, questo porta i fedeli ad offrire il dolore della lontananza e dell’esilio, fino ad offrire sé stessi. Questo salmo mi richiama alla mente una frase di Paolo Coelho tratta dal libro Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto: «Colui che è saggio, lo è soltanto perché ama. E colui che è sciocco, lo è solamente perché pensa di poter capire l’amore», proprio come le cinque vergini stolte che pensano di poter amare rimanendo senza olio per alimentare la fiamma. Risultato: porta chiusa e loro fuori dal regno promesso. In questo tempo, così particolare, anche noi troviamo il modo per curarci della nostra vita spirituale? Quali impegni ci distolgono dalla nostra vita interiore? In questo tempo (nell’ultima settimana), quali sono le parole che usiamo sovente? Amen.

 

Scarica la nostra App su