Salmo 131(130) con il commento di Rachele Consolini



Dal libro dei Salmi
Salmo 131 (130) – Come un bimbo svezzato
(Cantico delle ascensioni. Salmo di fiducia)

Testo del Salmo
1 Canto delle salite. Di Davide. 

Signore, non si esalta il mio cuore né i miei occhi guardano in alto; non vado cercando cose grandi né meraviglie più alte di me. 2 Io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia. 3 Israele attenda il Signore, da ora e per sempre.

 


 

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Rachele Consolini

Meditazione
I salmi che vanno dal 120 al 134 sono chiamati “canti delle ascensioni”, forse una specie di libretto del pellegrino che “ascendeva” a Gerusalemme (città posta a 800 metri s.l.m.) per i tre pellegrinaggi annuali di Pasqua, di Pentecoste e della festa delle Capanne. Questa salita diventava pertanto un’ascesa spirituale. Una riflessione su di sé e sulla propria esistenza. Ed infatti sin dai primi versi del Salmo 131 sembra proprio che si apra il dialogo di un’anima che, in riflessione profonda con sé stessa, si mette in preghiera e mette la propria vita davanti al Signore. Da una prima impressione sembra che questa anima abbia vissuto tanto e abbia conosciuto le cose grandi e magnifiche, che però non gli hanno dato la pace e la soddisfazione che sperava. Infatti le sue parole sono di riparazione rispetto a quello che ha cercato nel lustro, ascoltando il proprio orgoglio e la propria superbia. L’espressione «né i miei occhi guardano in alto» sta a significare il fatto che quest’anima non vuole più essere arrogante, cioè  mettere sé stessa al centro, tanto da sentirsi autosufficiente e al livello di Dio, tanto da non aver più bisogno di Lui. E ancora, dice di non voler più cercare le cose grandi, tanto da vantarsene e da accrescere ancor più il suo orgoglio e il suo peccato. In questa ricerca del grande ha perso di vista la cosa più importante, la comunione con Dio e la dimensione di beatitudine di pienezza e di felicità, che sono proprio di chi segue la via del Signore. Ecco perché con il termine «Io invece» l’anima dichiara di voler cambiare rotta, di seguire la via della calma, dello stare fermo senza continuamente correre dietro a vane mete che non portano alla quiete del cuore. E dà un esempio per spiegare tutto ciò: un bambino. Chiunque abbia assistito ad un allattamento avrà notato l’agitazione del bimbo quando la mamma lo prende a sé e lo avvicina al seno. Egli, affamato, cerca con la bocca, sentendo il profumo del latte materno e, quando lo trova, inizia a succhiare con grande voracità. Solo dopo che si è saziato egli si calma, appagato, e magari si addormenta ancora attaccato al seno materno. Ecco, questo secondo momento vuole essere ora per l’anima, in questo cammino di ricerca interiore la via da seguire. Il bimbo protagonista della comparazione è, quindi, il piccolo svezzato, legato alla madre da un rapporto di intimità profonda, ma non regolata solo dal bisogno istintivo biologico della fame. Il bambino sa già che la madre è capace di soddisfare i suoi desideri più profondi di pace e serenità, e può vivere con essa nell’amore che li unisce. Quante volte anche la nostra anima continua chiedere a Dio di farci, di darci, di realizzare per noi i nostri desideri, bisogni, invece dobbiamo crescere della fiducia che Dio come una madre sa e conosce i nostri bisogni più profondi, e tra le sue braccia possiamo assaporare la vera pace. Ora l’unico modo che abbiamo per stare con Dio sono la preghiera e i sacramenti, e in questa tensione di fiducia e di amore, come Israele attendiamo il giorno in cui anche la nostra anima sarà con il proprio amato e sarà con Lui per sempre.

 

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