Salmo 123(122) con il commento di Patrizia Sensoli



Dal libro dei Salmi
Salmo 123 (122) – Con gli occhi rivolti verso Dio
(Cantico delle ascensioni. Supplica comunitaria. Salmo di fiducia)

Testo del salmo
1 Canto delle salite. Di Davide. 

A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli. 2 Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni, come gli occhi di una schiava alla mano della sua padrona, così i nostri occhi al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi. 3 Pietà di noi, Signore, pietà di noi, siamo già troppo sazi di disprezzo, 4 troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti, del disprezzo dei superbi. 

 

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Patrizia Sensoli

Meditazione

Commento

Partirei dalla fine, dall’esperienza che sta facendo il Salmista, un pellegrinaggio. Esperienza non solitaria ma di comunione, di fraternità. Questo lo mostra il plurale che incontriamo nella seconda metà del salmo. C’è uno stato d’animo condiviso di angoscia, arrivato al colmo della sopportazione ma appunto non individuale, vissuto con gli altri. L’esperienza di Dio, che è esperienza di comunione, passa sempre necessariamente attraverso una condivisione con i fratelli e le sorelle. Il pellegrinaggio è uno spazio e un tempo privilegiati per vivere la dimensione della fraternità pur dentro una relazione intima, profonda e personale con Dio. E torniamo così all’inizio del salmo che si apre con quel «A te». Una piccola espressione ma che dice tanto, dice tutto, dice che per l’orante Dio è il Tutto. Occhi e mani rappresentano le coordinate di un dialogo, di una relazione che si dipana silenziosa e vibrante tra l’uomo e Dio.. L’alzarsi dello sguardo fa da contrappunto al salire del Salmista che sta camminando verso Gerusalemme, meta del suo pellegrinaggio, come il cielo è la meta finale e definitiva di ogni esistenza. Le immagini del servo e della schiava che aspettano trepidanti un cenno dalla mano dei padroni vogliono comunicare la fiducia assoluta che lega l’orante al suo Dio. È un legame non di servitù e di soggezione, ma di fiducia e di appartenenza. La mano è la mano stessa di Dio che accoglie, cura, dona, guida, accompagna protegge. La mano ci dice come Dio cerca l’uomo. È un’immagine che ci rimanda al toccare, indica un modo di relazionarsi ancora più intimo del semplice cercare con lo sguardo. Ci richiama le immagini di Gesù che prende per mano la figlia di Giairo, la suocera di Pietro.. Così scopriamo quanto il desiderio di Dio per l’uomo, per ciascuno di noi, per me, sia sempre infinitamente più grande del mio per Lui: è un desiderio che mi supera, è un desiderio che profuma di eternità, è il richiamo all’essere in comunione con Lui, l’approdo finale di ogni ricerca di Dio.

 

 

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