Salmo 109(108) con il commento di Patrizia Sensoli



Dal libro dei Salmi
Salmo 109 (108) – Imprecazione contro i nemici
(Lamentazione e supplica di un innocente calunniato. Salmo imprecatorio) 

Testo del Salmo
1 Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. 

Dio della mia lode, non tacere, 2 perché contro di me si sono aperte la bocca malvagia e la bocca ingannatrice, e mi parlano con lingua bugiarda. 3 Parole di odio mi circondano, mi aggrediscono senza motivo. 4 In cambio del mio amore mi muovono accuse, io invece sono in preghiera. 5 Mi rendono male per bene e odio in cambio del mio amore. 6 Suscita un malvagio contro di lui e un accusatore stia alla sua destra! 7 Citato in giudizio, ne esca colpevole e la sua preghiera si trasformi in peccato. 8 Pochi siano i suoi giorni e il suo posto l’occupi un altro. 9 I suoi figli rimangano orfani e vedova sua moglie. 10 Vadano raminghi i suoi figli, mendicando, rovistino fra le loro rovine. 11 L’usuraio divori tutti i suoi averi e gli estranei saccheggino il frutto delle sue fatiche. 12 Nessuno gli dimostri clemenza, nessuno abbia pietà dei suoi orfani. 13 La sua discendenza sia votata allo sterminio, nella generazione che segue sia cancellato il suo nome. 14 La colpa dei suoi padri sia ricordata al Signore, il peccato di sua madre non sia mai cancellato: 15 siano sempre davanti al Signore ed egli elimini dalla terra il loro ricordo. 16 Perché non si è ricordato di usare clemenza e ha perseguitato un uomo povero e misero, con il cuore affranto, per farlo morire. 17 Ha amato la maledizione: ricada su di lui! Non ha voluto la benedizione: da lui si allontani! 18 Si è avvolto di maledizione come di una veste: è penetrata come acqua nel suo intimo e come olio nelle sue ossa. 19 Sia per lui come vestito che lo avvolge, come cintura che sempre lo cinge. 20 Sia questa da parte del Signore la ricompensa per chi mi accusa, per chi parla male contro la mia vita. 21 Ma tu, Signore Dio, trattami come si addice al tuo nome: liberami, perché buona è la tua grazia. 22 Io sono povero e misero, dentro di me il mio cuore è ferito. 23 Come ombra che declina me ne vado, scacciato via come una locusta. 24 Le mie ginocchia vacillano per il digiuno, scarno è il mio corpo e dimagrito. 25 Sono diventato per loro oggetto di scherno: quando mi vedono, scuotono il capo. 26 Aiutami, Signore mio Dio, salvami per il tuo amore. 27 Sappiano che qui c’è la tua mano: sei tu, Signore, che hai fatto questo. 28 Essi maledicano pure, ma tu benedici! Insorgano, ma siano svergognati e il tuo servo sia nella gioia. 29 Si coprano d’infamia i miei accusatori, siano avvolti di vergogna come di un mantello. 30 A piena voce ringrazierò il Signore, in mezzo alla folla canterò la sua lode, 31 perché si è messo alla destra del misero per salvarlo da quelli che lo condannano.

 

 

Recitano
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Patrizia Sensoli

Meditazione
Il salmo è noto come quello “delle venti imprecazioni”, tanto è crudo il suo linguaggio e intrise di odio le immagini che lo accompagnano e che raccontano la disperazione di un uomo innocente, ingiustamente accusato e condannato che si rivolge a Dio, come ultima possibilità di ricevere una giustizia che gli uomini gli negano. Queste venti imprecazioni (versetti 6-15) prendono forma nella parte centrale del salmo, in cui tutto precipita in un vortice di rabbia e disperazione. Qui la tensione si fa altissima, lo spirito di vendetta soffia potentemente nel cuore del Salmista, che invoca ogni sorta di sciagura sul nemico, non solo per lui ma anche per la sua famiglia e per la sua discendenza. La maledizione è veste che avvolge, acqua che scende nell’intimo, olio che penetra nelle ossa, cintura che stringe. Ma chi è in realtà questo nemico? Certo qui si parla di una situazione reale in cui c’è un uomo perseguitato ingiustamente dentro un preciso contesto storico, come ci ricordano i commentatori, figlio di un’idea di giustizia retributiva, per cui chi fa il male riceve il male, anche da Dio. Eppure le parole del Salmista, pur storicamente così lontane da noi, ci sono tremendamente vicine, perché esprimono sentimenti che hanno attraversato la storia degli uomini. Sono parole che ci pongono di fronte al cuore dell’uomo, un cuore ferito e continuamente tentato, dove bene e male sono intrecciati inevitabilmente, un cuore che è quel campo dove grano e zizzania crescono insieme. Ci dicono come la tentazione di lasciarsi andare alla rabbia e al rancore sia sempre alla porta del cuore umano, quando non si riesce a dare un senso al proprio dolore e si perde la fiducia, quando ci si sente improvvisamente soli, traditi e ingannati. Allora qui il nemico può essere anche questa tentazione, quella di lasciarsi andare alle passioni istintive, di rispondere al male con il male. È così la liberazione implorata dall’orante al versetto 21: «Ma tu Signore Dio, trattami come si addice al tuo nome: liberami perché buona è la tua grazia». Può assumere lo stesso significato di quella che chiediamo al Signore nella preghiera del Padre Nostro: «non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male». E Dio non tarda a dare una risposta di consolazione. Risponde alla preghiera dell’orante donandogli la certezza che non lo abbandonerà, “perché si è messo alla destra del misero per salvarlo da quelli che lo condannano”, come ha risposto alla disperazione degli uomini di ogni tempo donando suo figlio Gesù Cristo, che continua a prendere su di sé il dolore di ogni perseguitato della Terra.

 

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