Salmo 95(94) con il commento di Andrea Parato



Dal libro dei Salmi
Salmo 95 (94) – Canto d’ingresso
(Inno di lode e di ringraziamento. Salmo invitatorio di pellegrinaggio per l’ingresso nel tempio)

Testo del Salmo
1 Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. 2 Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. 3 Perché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dèi. 4 Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti. 5 Suo è il mare, è lui che l’ha fatto; le sue mani hanno plasmato la terra. 6 Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. 7 È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce! 8 «Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto, 9 dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. 10 Per quarant’anni mi disgustò quella generazione e dissi: “Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie”. 11 Perciò ho giurato nella mia ira: “Non entreranno nel luogo del mio riposo”».  

 

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Andrea Parato

Meditazione
Tre invocazioni scandiscono questo salmo, come tre movimenti. Nel primo,«Venite, cantiamo al Signore», Dio è presentato con la metafora di roccia della salvezza. C’è forse ancora una visione arcaica della divinità, che si eleva sopra altri dei come dominatore della natura, dio plasmatore della terra. Ma la metafora della roccia della salvezza richiama la roccia da cui scaturisce l’acqua, citata poche righe dopo, e secoli dopo ispirerà “la casa sulla roccia” e “la pietra scartata dai costruttori”. Il secondo, «Entrate: prostràti, adoriamo», introduce la metafora del pastore che conduce il suo gregge. La stessa immagine prenderà migliore forma in altri salmi e poi diventerà emblema di Cristo, nelle sue parole sul buon pastore e nelle raffigurazioni dell’arte paleocristiana. Il terzo movimento: «Se ascoltaste oggi la sua voce!», introduce ad un richiamo severo pronunciato dalla stessa voce divina. È la voce di Dio che ricorda un fatto raccontato nel libro dell’Esodo (Es 17,1-7), quando il popolo mormorò contro Mosè e il Signore indicò al patriarca di battere sulla roccia (ecco che ritorna la roccia) e ne uscì acqua per soddisfare il popolo. Questo avvenne a Massa (che significa anche “prova”) e Meriba (che vuole dire “contestazione”). Allora, dire: «Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto» è come dire: “Non indurite i vostri cuori nella contestazione, come nel giorno della prova nel deserto”. Al cuore indurito è impossibile entrare nel riposo di Dio. Ma chi vi può entrare? Nella Lettera agli Ebrei, secoli dopo, echeggia ancora questo salmo, quando l’autore scrive «noi che abbiamo creduto possiamo entrare nel riposo di Dio» (Eb 4,3). La vera roccia di salvezza è Dio, non quella su cui battiamo affinché scaturisca acqua per cercare di dissetare avidamente la nostra sete di vita.

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