Salmo 91(90) con il commento di Marianna Pascucci



Dal libro dei Salmi
Salmo 91 (90) – Al riparo delle ali divine
(Salmo di fiducia, sapienziale, didattico sulla retribuzione. Salmo di pellegrinaggio, messianico)

Testo del Salmo
1 Chi abita al riparo dell’Altissimo passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente. 2 Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido». 3 Egli ti libererà dal laccio del cacciatore, dalla peste che distrugge. 4 Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio; la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza. 5 Non temerai il terrore della notte né la freccia che vola di giorno, 6 la peste che vaga nelle tenebre, lo sterminio che devasta a mezzogiorno. 7 Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma nulla ti potrà colpire. 8 Basterà che tu apra gli occhi e vedrai la ricompensa dei malvagi! 9 «Sì, mio rifugio sei tu, o Signore!». Tu hai fatto dell’Altissimo la tua dimora: 10 non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda. 11 Egli per te darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie. 12 Sulle mani essi ti porteranno, perché il tuo piede non inciampi nella pietra. 13 Calpesterai leoni e vipere, schiaccerai leoncelli e draghi. 14 «Lo libererò, perché a me si è legato, lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome. 15 Mi invocherà e io gli darò risposta; nell’angoscia io sarò con lui, lo libererò e lo renderò glorioso. 16 Lo sazierò di lunghi giorni e gli farò vedere la mia salvezza».

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Marianna Pascucci

Meditazione
Questo rappresenta, senza alcun dubbio, il salmo della fiducia e dell’abbandono in Dio. La sua struttura può essere suddivisa in tre parti: la prima, composta dai versetti 1 e 2, la seconda dai versetti che vanno dal 3 al 13 e, la terza ed ultima, composta dai versetti 14, 15 e 16. Le note che riguardano questo salmo nella Bibbia ci descrivono l’orante che pronuncia questa preghiera per affrontare la notte nel Tempio, in attesa di ricevere, all’alba, l’oracolo di salvezza che il sacerdote gli rivolgerà nel nome del Signore. La notte, di cui parla questo testo, potrebbe essere interpretata come il cammino del giusto e si presenta con il suo carico di incubi, di pericoli e di paure, ma, certamente, non incute timore a colui che da subito e totalmente si è affidato a Dio e solo in Lui cerca rifugio e protezione. Il «laccio del cacciatore» indica il pericolo, l’insidia, le trappole poste dal nemico per compromettere il cammino del giusto, come ad esempio «la peste che distrugge», là dove quel «che distrugge» si dovrebbe tradurre, secondo l’originale ebraico, con «le calunnie del nemico», o «i terrori della notte» che sono rappresentati dagli assalti e dalle incursioni dei briganti, o «la freccia che vola di giorno» raffigurata come gli attacchi perpetrati in pieno giorno dagli oppositori, o «la peste che vaga nelle tenebre» che sta ad indicare l’uomo che non può vedere il propagarsi del virus, e dunque è come se brancolasse nel buio; infine «lo sterminio che devasta a mezzogiorno», dato dall’azione delle carestie. Tutto questo viene poi contrapposto alla salvezza data dalla fiducia in Dio, attraverso queste splendide e rassicuranti parole: «Egli ti libererà dal laccio del cacciatore; ti coprirà con le sue penne e sotto le sue ali troverai rifugio». Qui viene sottolineata in maniera sublime l’immagine della sollecitudine di Dio per l’uomo. E ancora «mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma nulla ti potrà colpire.. “Sì, mio rifugio sei tu, o Signore!”. Tu hai fatto dell’Altissimo la tua dimora e non ti potrà colpire la sventura, nessun colpo cadrà sulla tua tenda». Qui possiamo trovare due rimandi, uno a Gesù, al Messia che, per evitare la caduta di molti, fu inviato per la salvezza dell’umanità. Il secondo è dato dalla bellissima immagine a cui queste parole rimandano, che è quella degli angeli, in particolare quella dell’angelo custode che dalla nascita viene affidato ad ogni uomo; egli ha il compito di custodirlo, di difenderlo dagli spiriti maligni, di guidare i suoi passi e di comunicargli la volontà di Dio, cercando di aiutare ogni persona a raggiungere il fine per il quale è stata creata. Anche l’autore della Lettera agli cita gli angeli: «Non sono essi tutti spiriti al servizio di Dio, mandati ad esercitare il ministero a vantaggio di coloro che devono ereditare la salvezza?» (1,1-14). Gli angeli, dunque, presentano a Dio le preghiere degli uomini, intercedono per loro, partecipano alla gioia del Signore per ogni conversione e accompagnano le anime nella loro dipartita da questo mondo, e saranno presenti al giudizio universale. E poi ancora, «sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede». Qui l’immagine degli angeli descrive le loro mani volte a formare una strada, che il giusto possa percorrere in maniera sicura. Questi versetti (11 e 12) richiamano anche un episodio riportato nei Vangeli di Matteo (4,6) e Luca (4,10-11), che riguarda le tentazioni di Gesù. Il Salmo prosegue con «calpesterai leoni e vipere, schiaccerai leoncelli e draghi», questo perché il giusto, assistito da Dio, camminerà indenne. I draghi, nello specifico, sono un’immagine tratta dalla mitologia cananea, come ad esempio il leviatano, che è l’incarnazione del caos in forma di drago, il quale minaccia di mangiare i dannati dopo la vita, ma alla fine viene annientato. Esso nella Bibbia ebraica è metafora di un potente nemico (Babilonia) come ritroviamo in Isaia 27,1. Gli ultimi tre versetti si presentano invece sotto forma di oracolo, e contengono la convalida da parte del Signore e la risposta ai tanti interrogativi rimasti in sospeso nei Salmi di lamentazione. La risposta è data in chiave evangelica, come possiamo evincere dalla lettura di essi. Confesso che questo Salmo mi è particolarmente caro, non soltanto perché è uno splendido canto liturgico dal titolo Su ali d’aquila, composto dal sacerdote statunitense Michael Joncas nel 1979, ma soprattutto perché mi trovo molto spesso a recitarlo e a trovare pace e conforto nel farlo; esso rappresenta la preghiera fiduciosa, incondizionata e definitiva in Dio, è appunto abitare con Lui, è aver fatto una scelta profonda e radicale, alle volte anche difficile e dolorosa. Egli però è la corazza, è lo scudo, è la protezione, è il conforto; con Lui non si deve temere né di giorno né di notte, né dagli attacchi del nemico, che possono essere le tentazioni di varia natura, come quella, nella tristezza più angosciosa, di lasciarsi andare, o nella paura della malattia incombente, quanto mai attuale. In questi anni l’uomo, colpito al cuore dalla pandemia, vacilla, ma chi crede e ripone tutto in Dio troverà la vera forza. È con questa prospettiva che si trova il coraggio nell’affrontare la vita di tutti i giorni, fatta di continue prove, vittorie e sconfitte, di dolori profondi, ma anche e soprattutto di piccole e grandi gioie.

 

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