Salmo 89(88) con il commento di Luca Gaviani



Dal libro dei Salmi
Salmo 89 (88) – La promessa fatta a Davide non verrà meno
(Salmo reale e celebrazione dell’Alleanza. Inno alla misericordia e fedeltà di Dio. Oracolo sul regno di Davide e del Messia. Lamentazione e supplica)

Testo del Salmo
1 Maskil. Di Etan, l’Ezraita. 

2 Canterò in eterno l’amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà, 3 perché ho detto: «È un amore edificato per sempre; nel cielo rendi stabile la tua fedeltà». 4 «Ho stretto un’alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide, mio servo. 5 Stabilirò per sempre la tua discendenza, di generazione in generazione edificherò il tuo trono». 6 I cieli cantano le tue meraviglie, Signore, la tua fedeltà nell’assemblea dei santi. 7 Chi sulle nubi è uguale al Signore, chi è simile al Signore tra i figli degli dèi? 8 Dio è tremendo nel consiglio dei santi, grande e terribile tra quanti lo circondano. 9 Chi è come te, Signore, Dio degli eserciti? Potente Signore, la tua fedeltà ti circonda. 10 Tu domini l’orgoglio del mare, tu plachi le sue onde tempestose. 11 Tu hai ferito e calpestato Raab, con braccio potente hai disperso i tuoi nemici. 12 Tuoi sono i cieli, tua è la terra, tu hai fondato il mondo e quanto contiene; 13 il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati, il Tabor e l’Ermon cantano il tuo nome. 14 Tu hai un braccio potente, forte è la tua mano, alta la tua destra. 15 Giustizia e diritto sono la base del tuo trono, amore e fedeltà precedono il tuo volto. 16 Beato il popolo che ti sa acclamare: camminerà, Signore, alla luce del tuo volto; 17 esulta tutto il giorno nel tuo nome, si esalta nella tua giustizia. 18 Perché tu sei lo splendore della sua forza e con il tuo favore innalzi la nostra fronte. 19 Perché del Signore è il nostro scudo, il nostro re, del Santo d’Israele. 20 Un tempo parlasti in visione ai tuoi fedeli, dicendo: «Ho portato aiuto a un prode, ho esaltato un eletto tra il mio popolo. 21 Ho trovato Davide, mio servo, con il mio santo olio l’ho consacrato; 22 la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza. 23 Su di lui non trionferà il nemico né l’opprimerà l’uomo perverso. 24 Annienterò davanti a lui i suoi nemici e colpirò quelli che lo odiano. 25 La mia fedeltà e il mio amore saranno con lui e nel mio nome s’innalzerà la sua fronte. 26 Farò estendere sul mare la sua mano e sui fiumi la sua destra. 27 Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza”. 28 Io farò di lui il mio primogenito, il più alto fra i re della terra. 29 Gli conserverò sempre il mio amore, la mia alleanza gli sarà fedele. 30 Stabilirò per sempre la sua discendenza, il suo trono come i giorni del cielo. 31 Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge e non seguiranno i miei decreti, 32 se violeranno i miei statuti e non osserveranno i miei comandi, 33 punirò con la verga la loro ribellione e con flagelli la loro colpa. 34 Ma non annullerò il mio amore e alla mia fedeltà non verrò mai meno. 35 Non profanerò la mia alleanza, non muterò la mia promessa. 36 Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre: certo non mentirò a Davide. 37 In eterno durerà la sua discendenza, il suo trono davanti a me quanto il sole, 38 sempre saldo come la luna, testimone fedele nel cielo». 39 Ma tu lo hai respinto e disonorato, ti sei adirato contro il tuo consacrato; 40 hai infranto l’alleanza con il tuo servo, hai profanato nel fango la sua corona. 41 Hai aperto brecce in tutte le sue mura e ridotto in rovine le sue fortezze; 42 tutti i passanti lo hanno depredato, è divenuto lo scherno dei suoi vicini. 43 Hai esaltato la destra dei suoi rivali, hai fatto esultare tutti i suoi nemici. 44 Hai smussato il filo della sua spada e non l’hai sostenuto nella battaglia. 45 Hai posto fine al suo splendore, hai rovesciato a terra il suo trono. 46 Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza e lo hai coperto di vergogna. 47 Fino a quando, Signore, ti terrai nascosto: per sempre? Arderà come fuoco la tua collera? 48 Ricorda quanto è breve la mia vita: invano forse hai creato ogni uomo? 49 Chi è l’uomo che vive e non vede la morte? Chi potrà sfuggire alla mano degli inferi? 50 Dov’è, Signore, il tuo amore di un tempo, che per la tua fedeltà hai giurato a Davide? 51 Ricorda, Signore, l’oltraggio fatto ai tuoi servi: porto nel cuore le ingiurie di molti popoli, 52 con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano, insultano i passi del tuo consacrato. 53 Benedetto il Signore in eterno. Amen, amen. 

 

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Luca Gaviani

Meditazione
Papa Francesco, in mancanza di sacerdoti disponibili e avvicinabili dispone, in tempi di pandemia chiuditutto, per il fedele in questua e in questione, la possibilità di un’autoconfessione, una sorta di autocommiserazione, come un’autocertificazione per validi motivi. Con tutte le chiese e le case chiuse e l’impossibilità, in un certo periodo, pure di andarci, poi aperte e diventate veicolo di contagi, il muoversi per Dio non sembra diventata una cosa strettamente necessaria. Dio è per noi, con noi, in noi. Il Regno di Dio ce l’abbiamo dentro. “Vecchio” e Nuovo Testamento paiono essere d’accordo sul fatto che il Tempio aiuta, ma è nel nostro interno che fa la Sua prima venuta, prende dimora e si dimena. Così l’assoluzione la rilascia direttamente la Divinità, e il Papa, suo vicario in terra, redige il nuovo decreto: con un Atto di Dolore ben fatto, rallentato, meditato, l’anima ritorna bianca e immacolata. E adesso concediamoci il lusso e l’irriverenza del satiro, divertiamoci alle spalle del Creatore, in un eden post-atomico, scandalizziamoci, scandagliandoci scagliamoci contro la chiglia di questa Porta-angeli. Analizziamo da paralizzati e pazzerelli questa vecchia preghiera imparata a catechismo, che contiene in sé una musica scritta e dimenticata come un Salve Regina: «Mio Dio».. all’inizio avrei preferito subito un “Nostro”, come il Padre, ma forse la situazione lo richiede, un possesso dell’ossesso, l’esigenza di un faccia a faccia con l’Ignoto, la volontà di un incontro di pugilato mistico, un arte marziale e celestiale, marziana e cerebrale, un’intimità ammaestrata e ammansita, il desiderio di un vis a vis di vertigini sull’abisso, sul baratro barattato con l’Eterno, nell’inferno di una relazione duale fatta di dolo leale che vale, con l’importanza e l’imponenza di una dimostrazione doppia, di coppia, d’affetto e di fatto, per preservare e perseverare, perché servano severe le tesi che sussistono sullo stesso tono. «Mi pento e mi dolgo».. mi sembra molto, già tanto, pentirsi, ma pure dolersi? Un po’ esagerato, ci poteva anche stare un “mi pento e mi sciolgo”, “mi spengo e mi tolgo”, “mi raccolgo”, mi sarebbe piaciuto di più (ma prima il dovuto di meno) “mi pento dolcemente”, “mi pento seriamente”, “mi pento e ti colgo”, mi avrebbe suonato meglio (per un sano risveglio), un benedetto “Scusami” fatto «Con tutto il cuore dei miei peccati perché peccando ho meritato i tuoi castighi».. Ahi! Il merito non è una colpa, come il proverbio arabo dove il marito percuote la moglie, ignaro di cosa abbia fatto, ma non lei, che non è mai stata martire, ma solo la causa dell’effetto. Il dubbio però è nella domanda esistenziale, cioè che io abbia commesso così tante nefandezze da meritare un così criptico castigo, e poi quale? Che flagello-maledizione-piaga-sciagura infliggermi, non voglio credere in un Dio così giudice, così persecutore, così punitore e pulitore, così boia, che noia bestemmiarlo ancora.. un Dio che è Amore non può essere un ufficiale in alta uniforme, un direttore, un rettore, un Ettore retto ed eretto come un vendicatore mascherato, un caustico castigatore, un castigamatti tra donne castigate. E l’orazione prosegue con la razione «E molto più», che non si capisce se si riferisce ai peccati o alle pene, «Perché ho offeso Te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa», in un soprassedere alla sorpresa, un vero soprassalto sull’intendere e sull’avere, un Messo sopra, commesso e commosso, non come un soprammobile, ma come una tovaglia, un centro tavola, un’edera, una polvere, un’aura. «Propongo», il più bel verbo in questo preciso momento, per farsi una proposta, d’amore? Con risposta corrisposta in un mettersi a discutere, parlarsi a cuore aperto, cercare di capirsi, a nervi scoperti, trovare gli accordi, un compromesso, come compagni d’universo, «Col tuo santo aiuto di non offenderti mai più», “never say never”, direbbe James Bond, ma lui è una spia e invece Dio è vincolato al segreto del suo mandato, sarebbe subito sconfessato. E poi offenderti, immagina Dio che se la prende, ha la coda di paglia, ci rimane male, fa il permaloso, il deluso. Bellissimo, ma troppo umano e purtroppo aduso. «E di fuggire», scappare, non farsi trovare (che ridere), solo che qui è difficile, candiderei invece un candido “Allontanarsi”, per quanto possibile, dall’instabile e inarrestabile scibile. «Le occasioni prossime», poetico e inconsistente, mi sembra perfetto per il titolo di un libro sulla gente, un bel volumetto rilegato e regalato di poesie post-virus, «di peccato. Signore, pietà». Oppure c’è la versione più lunga, e forse con maggior condono: «Signore, misericordia, perdonami», che è quella che io preferisco, un cuore misero tra corde che permisero, che se mi perdo in armi mi amerai perché do per Te. Alla fine avrei gradito che le occasioni prossime fossero state d’infedeltà, di distrazione, d’incredulità e un finale dotato di magnifica chiosa: “Dio.. scusa”, non lo farò più, come un bambino di tre anni che, con la fronte all’ingiù, strizza il cuore per far uscire dagli occhi un’anima di lacrima d’acqua viva che benedicendolo lo tace e lo lava, lo purifica. 

 

 

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