Salmo 75(74) con il commento di Massimo Gasperoni e di Cosetta Giovannini



Dal libro dei Salmi
Salmo 75 (74) – Giustizia finale di Dio
(Salmo del regno, con oracolo. Inno di lode a Dio, re e giudice universale. Messianico, escatologico)

Testo del Salmo
1 Al maestro del coro. Su «Non distruggere». Salmo. Di Asaf. Canto. 

2 Noi ti rendiamo grazie, o Dio, ti rendiamo grazie: invocando il tuo nome, raccontiamo le tue meraviglie. 3 Sì, nel tempo da me stabilito io giudicherò con rettitudine. 4 Tremi pure la terra con i suoi abitanti: io tengo salde le sue colonne. 5 Dico a chi si vanta: «Non vantatevi!», e ai malvagi: «Non alzate la fronte!». 6 Non alzate la fronte contro il cielo, non parlate con aria insolente. 7 Né dall’oriente né dall’occidente né dal deserto viene l’esaltazione, 8 perché Dio è giudice: è lui che abbatte l’uno ed esalta l’altro. 9 Il Signore infatti tiene in mano una coppa, colma di vino drogato. Egli ne versa: fino alla feccia lo dovranno sorbire, ne berranno tutti i malvagi della terra. 10 Ma io ne parlerò per sempre, canterò inni al Dio di Giacobbe. 11 Piegherò la fronte dei malvagi, s’innalzerà la fronte dei giusti.

 

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Massimo Gasperoni e Cosetta Giovannini

Meditazione
Una delle differenze tra l’essere umano e gli animali è la libertà di compiere il male, che mette l’uomo nelle condizioni di compiere volontariamente delle azioni malvagie, o di pensare ed operare per provocare sofferenza, vendetta, guerre e violenze su chi è più debole e indifeso. Gli animali invece sono guidati dal loro istinto e compiono azioni dettate dai propri bisogni contingenti, senza la volontà di provocare volontariamente sofferenza, ma per la propria sopravvivenza o difesa della prole. La conseguenza del fatto che siamo liberi di operare il male, o di scegliere volontariamente il bene anche quando quest’ultimo non è a nostro immediato vantaggio, presuppone quindi che le nostre azioni possano essere giuste o sbagliate, la nostra coscienza è il primo giudice di fronte alla quale siamo sottoposti, senza possibilità alcuna di nasconderci o di occultare qualche prova della nostra “colpevolezza”.. ma può un imputato essere giudice di sé stesso? È un evidente conflitto di interessi, che ci provoca talvolta sensi di colpa e di frustrazione, oppure una rassegnazione che annebbia la coscienza con tante piccole o grandi giustificazioni, per stare in pace. Nel salmo riconosciamo che l’unico giudice in grado di restituirci la verità sulla nostra vita è Dio, che vede tutto e ci sostiene in ogni momento, anche se ci nascondiamo, fino al più profondo dei nostri pensieri, e forse anche “un po’ più in là”. La cosa che ci riesce facile da qualche tempo a questa parte è invece quella di giudicare, di metterci sopra una bella sedia, magari anche con una tastiera o un cellulare in mano, e cominciare a scorrere, “scrollare” per utilizzare una parola del gergo attuale, una marea di informazioni, tante senza fondamento o senza un valido approfondimento, che piano piano vanno a soddisfare la nostra fame di una base solida inattaccabile, un pensiero controcorrente che ci fa “alzare la fronte” sopra quella degli altri o di più individui possibile; cominciamo così a ricercare uno schieramento nutrito di persone che la pensino come noi, insieme alle quali sentirsi forti contro la massa del popolo ignaro e credulone a tutte le notizie propinate dal main stream, gestito da chissà quale lobby sotterranea. È normale con questi presupposti avere un’idea di Dio giudice come di un dittatore che ci controlla come un grande fratello, al quale non possiamo nascondere nulla; ma veramente siamo convinti di essere in grado da soli di eliminare noi stessi il male? Oppure siamo frustrati in un perenne senso di colpa, perché ci rendiamo conto di non riuscire a rimanere in grazia di Dio per più di 2 secondi netti? Tutto ciò deriva, secondo noi, dalla nostra mancanza di fiducia nei confronti di Dio e della sua misericordia, oltre che da un’idea distorta della giustizia divina, che in realtà è una giusti-ficazione, un’opera ri-creativa, per rendere giuste tutte le cose, “ricapitolare tutto in Cristo”, rimettere Gesù al centro come paradigma di una nuova umanità. Questo processo, preannunciato dal salmo, in verità è già cominciato con la morte e risurrezione di Gesù, calice amaro che egli ha bevuto per tutti noi, buoni e cattivi, ed è tuttora operante grazie alla potenza dello Spirito Santo, attraverso le persone “di buona volontà” che chinano la fronte verso i bisognosi e i perseguitati; possiamo essere noi i giustificatori di Dio, non i giustizieri della tastiera di felina memoria. Ma come possiamo farlo? Ripartire da Gesù, dal Vangelo, ama il prossimo tuo, come la corsa del padre misericordioso verso il figlio caduto in disgrazia, o come la cura del samaritano verso il malcapitato. Dio non si mette sulla cattedra, ma dona sé stesso per la nostra giustificazione: non dobbiamo temere il giudizio, ma farci portatori di Giustizia.. se lo facciamo siamo già salvi, anche con i nostri limiti e le nostre fragilità, che non sono oggetto di morbosa curiosità di un Dio altissimo e lontanissimo, ma occasione di Grazia e di Conversione. Così potremo, tutti insieme e in un solo coro, cantare inni di lode, rendendo grazie a Dio per tutte le meraviglie che abbiamo operato grazie al nostro abbandono nelle sue mani.

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