Salmo 72(71) con il commento di Nevio Genghini



Dal libro dei Salmi
Salmo 72 (71) – Augurio per l’incoronazione del sovrano
(Salmo reale: il re, capo del popolo di Dio. Messianico: il Messia e il suo regno universale)

Testo del Salmo
1 Di Salomone. 

O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio di re la tua giustizia; 2 egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto. 3 Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia. 4 Ai poveri del popolo renda giustizia, salvi i figli del misero e abbatta l’oppressore. 5 Ti faccia durare quanto il sole, come la luna, di generazione in generazione. 6 Scenda come pioggia sull’erba, come acqua che irrora la terra. 7 Nei suoi giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si spenga la luna. 8 E dòmini da mare a mare, dal fiume sino ai confini della terra. 9 A lui si pieghino le tribù del deserto, mordano la polvere i suoi nemici. 10 I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni. 11 Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti. 12 Perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. 13 Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri. 14 Li riscatti dalla violenza e dal sopruso, sia prezioso ai suoi occhi il loro sangue. 15 Viva e gli sia dato oro di Arabia, si preghi sempre per lui, sia benedetto ogni giorno. 16 Abbondi il frumento nel paese, ondeggi sulle cime dei monti; il suo frutto fiorisca come il Libano, la sua messe come l’erba dei campi. 17 Il suo nome duri in eterno, davanti al sole germogli il suo nome. In lui siano benedette tutte le stirpi della terra e tutte le genti lo dicano beato. 18 Benedetto il Signore, Dio d’Israele: egli solo compie meraviglie. 19 E benedetto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen. 20 Qui finiscono le preghiere di Davide, figlio di Iesse.

 

 

Canto 
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Nevio Genghini

Meditazione
Il Salmo 72 è un augurio e un voto per l’imminente incoronazione del sovrano. Secondo l’interpretazione più accreditata, che trova d’accordo ebrei e cristiani, il salmo allude all’avvento di una regalità senza pari, quella del Messia e del suo regno universale. La voce del salmista, rimbalzando lungo i secoli, raggiunge il lettore nel suo proprio “qui ed ora”: dunque non possiamo fare a meno di interrogarla a partire dal nostro presente e dalle domande personali e collettive che lo attraversano. Il salmo inizia così: «O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio di re la tua giustizia». La veneranda saggezza delle genti ha stabilito che c’è diritto là dove tutti gli uomini sono uguali davanti alla legge, e che c’è giustizia quando a ciascuno viene dato il “suo”. Ma qual è la radice di questa eguaglianza? E qual è la fondamentale “proprietà” di un essere umano? Sappiamo che la natura distribuisce ciecamente i suoi doni, e che le mutevoli combinazioni della sorte possono essere generose per qualcuno, avare per qualcun altro. Chi amministra il diritto e la giustizia, quando non si limiti a proteggere gli interessi di chi lo ha elevato a quell’ufficio, sa di dover compensare in qualche modo la distribuzione iniqua dei talenti e delle ricchezze tra gli uomini. Dunque da dove costui prenderà la misura per questa equa ripartizione, come potrà correggere le disparità più evidenti senza esporsi al sospetto di voler favorire gli amici ai danni della fazione avversa? Il salmo non lascia dubbi al riguardo: il potere terreno è giusto solo quando, a proposito dell’uomo e di ciò che gli spetta, si lascia istruire da una sapienza più alta di quella umana. Solo Dio, infatti, in quanto Signore del destino terreno ed eterno della creatura, che Egli ha voluto a sua immagine, dà in senso assoluto a ciascuno il “suo” e stabilisce quale sia la sua inalienabile “proprietà”. Nessuna costituzione, nemmeno “la più bella del mondo”, potrebbe onorare adeguatamente la dignità umana se non lasciasse filtrare, nei suoi principi e nella sua architettura, la luce dello sguardo divino sull’uomo. Il salmo procede così: «Perché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto.. Li riscatti dalla violenza e dal sopruso, sia prezioso ai suoi occhi il loro sangue». Il mondo sotto gli occhi del Salmista, non diversamente dal nostro, è un mondo capovolto. Miseria, violenza, sopruso: un trauma di proporzioni inimmaginabili ha sconvolto l’ordine originario della creazione. Il ricordo mitico del paradiso perduto, di una età dell’oro del genere umano affrancata dalle innumerevoli pene che affliggono il cammino della civiltà, è una nostalgia antichissima e universalmente diffusa. Periodicamente questa nostalgia riemerge, come un fiume carsico, dai cunicoli della storia: allora la fiamma dell’utopia torna ad incendiare gli animi dei poveri e dei miseri. Ma ogni tentativo di “alleggerire” i fardelli della condizione umana si rivela immancabilmente imperfetto, quando non finisce addirittura per accrescere l’oppressione, la povertà e inimicizia. Così l’umanità oscilla, da tempo immemorabile, tra lo spirito dell’utopia e lo spirito della rassegnazione: i miseri non trovano ristoro e consolazione né da una parte né dall’altra. Chi è dunque il re chiamato a spezzare questo circolo perverso, e qual è la natura della maestà e della potenza con cui egli riscatterà la sorte dei “dannati della terra”? Ecco cosa possiamo leggere in filigrana nel salmo: con questo sovrano, che ha «pietà del debole» e salva «la vita dei miseri», tornerà nuovamente visibile lo splendore del mondo e la fonte della gloria che lo avvolge, cioè l’amore. In un mondo decaduto, soggetto all’ingloriosa legge dell’egoismo, il segno paradossale della gloria divina è la Croce, e il segno non paradossale – ma proprio per questo nascosto al mondo – della giustizia divina è la Resurrezione del Crocifisso. Il salmo termina così: «In lui siano benedette tutte le stirpi della terra e tutte le genti lo dicano beato». Stirpi, tribù, genti.. il lessico del salmo suona arcaico e forse un po’ inquietante per la nostra sensibilità, così intrisa di valori cosmopoliti e universalistici. Le sue parole, tuttavia, sono inequivocabili: il re messianico non sopprimerà le nazioni, cioè le forme consolidate, nel tempo e nello spazio, della prossimità e della relazione umana. La nostra conoscenza del bene matura sempre attraverso le reti dell’ordo amoris, come diceva Agostino, ossia mediante la cura di coloro che la vita ha affidato alla nostra diretta responsabilità. Il salmo, tuttavia, pretende qualcosa, da genti, da stirpi, da nazioni: devono rivolgersi al re messianico chiamandolo “beato”. Riconoscendo cioè a lui e soltanto a lui questo titolo, stirpi, popoli e nazioni confessano di non poter rappresentare perfettamente l’ordo amoris, né di poter circoscrivere la sua pratica entro i loro rispettivi confini. Ogni oncia di fraternità umana viene dal re messianico e a lui fa ritorno.

 

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