Salmo 70(69) con il commento di Manuel Semprini



Dal libro dei Salmi
Salmo 70 (69) – Supplica del povero e bisognoso
(Lamentazione individuale, nel momento della tentazione e della prova, con formule imprecatorie. Attestazioni di fiducia)

Testo del Salmo
1 Al maestro del coro. Di Davide. Per fare memoria. 

2 O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto. 3 Siano svergognati e confusi quanti attentano alla mia vita. Retrocedano, coperti d’infamia, quanti godono della mia rovina. 4 Se ne tornino indietro pieni di vergogna quelli che mi dicono: «Ti sta bene!». 5 Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano; dicano sempre: «Dio è grande!» quelli che amano la tua salvezza. 6 Ma io sono povero e bisognoso: Dio, affréttati verso di me. Tu sei mio aiuto e mio liberatore: Signore, non tardare. 

 

 

 

Canto 
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Manuel Semprini

Meditazione
Il secondo versetto di questo salmo viene usato, nella Liturgia delle Ore, per cominciare la preghiera: «O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto». Ecco, così ci dovremmo rivolgere a Dio ogni volta che ci troviamo in difficoltà, nel dubbio o nel timore. Come l’autore, che si riconosce «povero e bisognoso», supplichiamo il Signore che ci aiuti. Tuttavia, questo aiuto, sempre nelle intenzioni dell’autore, deve venire non solo a nostro favore, ma anche contro i nostri “nemici”, ossia coloro che ci minacciano e ci perseguitano. Ai nostri orecchi può sembrare strano, se non addirittura imbarazzante, supplicare il Signore affinché punisca i nostri avversari. Eppure, se non a Dio, a chi possiamo aprire il nostro cuore? Se Dio accede sempre e comunque nel segreto della nostra coscienza, che senso ha nascondergli il nostro risentimento o la nostra rabbia? Suor Grazia Papola afferma, infatti, che i salmi di vendetta (o imprecatori) mettono al centro della preghiera il dolore di chi è oppresso, perché sono sottesi dalla prospettiva teologica che «nella preghiera si possa dire ogni cosa, se la si dice a Dio, anche la violenza, che così è posta davanti a Dio, nelle sue mani» E, come spesso accade nelle vicende umane, alla maledizione segue quasi sempre la benedizione: «Esultino e gioiscano in te quelli che ti cercano». Un canto ambivalente, paradossale, inquietante, ma pur sempre un canto, un affidamento alla giustizia e alla misericordia del Signore, che arriveranno a liberarci dalle nostre oppressioni, talora più mentali che fisiche. 

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