Salmo 42(41) con il commento di Massimo Cicchetti



Dal libro dei Salmi
Salmo 42 (41) – Intenso desiderio di Dio e del tempio
(Supplica di un esiliato con temi di fiducia e di speranza. Nostalgia di Dio e del suo Tempio. Responsoriale)

Testo del Salmo
1 Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core. 

2 Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. 3 L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? 4 Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?». 5 Questo io ricordo e l’anima mia si strugge: avanzavo tra la folla, la precedevo fino alla casa di Dio, fra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa. 6 Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio. 7 In me si rattrista l’anima mia; perciò di te mi ricordo dalla terra del Giordano e dell’Ermon, dal monte Misar. 8 Un abisso chiama l’abisso al fragore delle tue cascate; tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati. 9 Di giorno il Signore mi dona il suo amore e di notte il suo canto è con me, preghiera al Dio della mia vita. 10 Dirò a Dio: «Mia roccia! Perché mi hai dimenticato? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?». 11 Mi insultano i miei avversari quando rompono le mie ossa, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?». 12 Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Massimo Cicchetti

 

Meditazione
Salmo scritto dai coraiti al Maestro del coro, perché tutti i salmi sono canti di cui abbiamo perso la melodia, ma conserviamo i testi. È la lamentazione poetica di un levita “scomunicato” da Gerusalemme ed esiliato in terra straniera, nell’alta Galilea, alle sorgenti del Giordano tra il monte Ermon ed il monte Misar. Il Salmo, tra i più belli e poetici dell’intera raccolta, sublima il senso della distanza di questo fedele dalla madre patria. Con un sottile gioco di parole utilizza il termine Nefesch, che significa contemporaneamente la “gola”, ma anche l’“anima”, per descrivere il desiderio del Signore come una sete, fisica ma anche spirituale. La sete è un bisogno primario, un’arsura che si manifesta con il bisogno indifferibile di acqua, quando la sua mancanza toglie le forze e la capacità di agire. Eppure questa arsura è anche dello spirito che sente il bisogno prossimo della figura di Dio, come se la distanza dalla Patria ne rendesse la presenza più sfumata. La cerva che ha sete non smette di cercare il corso d’acqua salvifico, anche a prezzo del pericolo di incorrere in creature maligne che la attendono per impedirle di raggiungere il luogo desiderato. Come in un brano di Ezechiele, che ho di recente commentato, Dio si manifesta come Acqua, l’elemento senza il quale la vita non esisterebbe, il nostro corpo è composto prevalentemente di acqua, allo stesso modo la nostra anima è costituita dal flusso liquido dell’amore divino. Il nostro piccolo comprendere ha bisogno di similitudini per abbracciare quel concetto infinito che è Dio, lo immagina così travolgente e inarrestabile come un grande fiume, capace anche di coprire tutto il mondo quando vuole mostrarci la sua immensa potenza. Siamo tutti cervi che questo corpo materiale separa dal fluido vitale del Creatore, per questo ne sentiamo la sete, per ritrovare nel contatto con l’acqua che scorre la nostra natura primigenia di figli di Dio. Sant’Agostino nel suo commento a questo salmo aggiunge l’immagine dove i cervi che attraversano un grande corso d’acqua non lo fanno in modo solitario, ma si aiutano appoggiandosi gli uni agli altri per darsi forza e non essere travolti dalla corrente. Anche il popolo di Dio ha questo potere, di saper superare le difficoltà trovandosi unito. Forse è anche questa sensazione di unità che manca al salmista lontano dal suo popolo. Eppure anche in questa solitudine sente potente la presenza del Signore tanto da invocarne con fede l’intervento che possa ricondurlo più vicino, in modo da rasserenare la sua anima.

 

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