Salmo 39(38) con il commento di Serena Nicolò



Dal libro dei Salmi
Salmo 39 (38) – La vita come un soffio
(Lamentazione di un uomo annientato dalla sofferenza. Attestazione di fiducia e di speranza)

Testo del Salmo
1 Al maestro del coro. A Iedutùn. Salmo. Di Davide. 

2 Ho detto: «Vigilerò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua; metterò il morso alla mia bocca finché ho davanti il malvagio». 3 Ammutolito, in silenzio, tacevo, ma a nulla serviva, e più acuta si faceva la mia sofferenza. 4 Mi ardeva il cuore nel petto; al ripensarci è divampato il fuoco. Allora ho lasciato parlare la mia lingua: 5 «Fammi conoscere, Signore, la mia fine, quale sia la misura dei miei giorni, e saprò quanto fragile io sono». 6 Ecco, di pochi palmi hai fatto i miei giorni, è un nulla per te la durata della mia vita. Sì, è solo un soffio ogni uomo che vive. 7 Sì, è come un’ombra l’uomo che passa. Sì, come un soffio si affanna, accumula e non sa chi raccolga. 8 Ora, che potrei attendere, Signore? È in te la mia speranza. 9 Liberami da tutte le mie iniquità, non fare di me lo scherno dello stolto. 10 Ammutolito, non apro bocca, perché sei tu che agisci. 11 Allontana da me i tuoi colpi: sono distrutto sotto il peso della tua mano. 12 Castigando le sue colpe tu correggi l’uomo, corrodi come un tarlo i suoi tesori. Sì, ogni uomo non è che un soffio. 13 Ascolta la mia preghiera, Signore, porgi l’orecchio al mio grido, non essere sordo alle mie lacrime, perché presso di te io sono forestiero, ospite come tutti i miei padri. 14 Distogli da me il tuo sguardo: che io possa respirare, prima che me ne vada e di me non resti più nulla.

 


 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Serena Nicolò

Meditazione
Il Salmo 39 è un canto amaro e pungente che ci guida a riflettere sulla realtà della vita, in quel che è la fragilità dell’esistenza. Ha a tema il fluire del tempo che ci sfugge, è una riflessione sul limite umano che, alla base ha comunque fede e quindi fiducia in Dio. L’autore articola il canto sulla contrapposizione di silenzio-parola, di controllo-sfogo, di espressioni che richiamano la vita ma anche la sua fine. Il Salmista ha fatto il fermo proposito di essere controllato nell’agire e nel parlare mentre l’empio gli sta dinanzi. Cerca nel silenzio di evitare la sua azione malvagia. Il silenzio poi, però, produce un’esplosione che non si può contenere, è come un fuoco devastatore che si manifesta in quella domanda bruciante: «Fammi conoscere Signore la mia fine». Dio deve aiutare l’uomo a capire e a darsi ragione, la lezione divina è però implacabile, lo mette ancor più davanti alla fragilità dell’esistenza e lo fa con una parola tanto delicata quanto impietosa: soffio. In ebraico habel, tradotto spesso con “vanità”. Ecco che vengono spazzate via le illusioni e le superficialità, l’uomo si affanna, accumula, ma la vita di ogni uomo non è che un soffio, è un nulla la durata della sua vita. L’uomo è nuovamente ammutolito, ancora in silenzio, ma non più solo davanti al mistero dell’esistere, piuttosto davanti all’azione di Dio, scoprendo la superiorità della logica divina. Quante volte anche noi attraversiamo momenti di difficoltà senza trovare una risposta. Non basta certo una preghiera per farci superare il disagio e la tristezza. Ma proprio allora, in quei momenti, è importante che resti ferma la nostra fiducia nel Signore. E così come Gesù, con tutta la sua umanità, si rivolge al Padre dicendo «se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42), così il Salmista conosce la sua fragilità e la sua sofferenza, e nella risposta che si attende da Dio non cerca un destino che non è il suo, ma rivolge una preghiera perché la sua esistenza sia un poco meno dolorosa, prima che tutto di lui sia svanito.

 

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