Salmo 14(13) con il commento di Angela Catrani



Dal Libro dei Salmi
Salmo 14 (13) – Contro la corruzione umana

(Salmo sapienziale. Didattico morale. Profetico)

Testo del Salmo
1 Al maestro del coro. Di Davide. 

Lo stolto pensa: «Dio non c’è». Sono corrotti, fanno cose abominevoli: non c’è chi agisca bene. 2 Il Signore dal cielo si china sui figli dell’uomo per vedere se c’è un uomo saggio, uno che cerchi Dio. 3 Sono tutti traviati, tutti corrotti; non c’è chi agisca bene, neppure uno. 4 Non impareranno dunque tutti i malfattori, che divorano il mio popolo come il pane e non invocano il Signore? 5 Ecco, hanno tremato di spavento, perché Dio è con la stirpe del giusto. 6 Voi volete umiliare le speranze del povero, ma il Signore è il suo rifugio. 7 Chi manderà da Sion la salvezza d’Israele? Quando il Signore ristabilirà la sorte del suo popolo, esulterà Giacobbe e gioirà Israele.

 

 

Canto
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Angela Catrani

Meditazione
Il tono del Salmo è duro, accorato, quasi disperato. Re David si rivolge al Maestro del coro con queste parole: si sente quasi il pianto di rabbia nella voce. “Disse lo stolto in cuor suo: Dio non c’è” - Affermazione forte, che però lo stolto si tiene per sé. Quando ero una ragazzina, immersa nella natura e di fronte al cielo stellato chiesi, a volte alta, “Dio esiste?”: ero in compagnia di amici credenti, che risero. Ebbi il coraggio del mio dubitare, però. Sfidai Dio. O almeno, nel mio minuscolo, non mi tenni nel cuore un dubbio, lo dichiarai a voce alta. Era già, forse c’era sempre stato, il germe dell’ateismo. Non mi arresi facilmente: la preghiera, la frequentazione della Messa e degli ambienti ecclesiali, uno studio rigoroso e costante della Bibbia, gli esercizi spirituali di Loyola, provai tutto. Credere in Dio è rassicurante, si entra a far parte di una comunità solida e solidale, ci si sente dalla parte giusta, con i valori giusti, con una guida serena a dirti come ci si deve comportare, cosa si deve fare, per non essere stolto, appunto. Dio è misura del mondo. In epoca arcaica, credere in una divinità fu essenziale per crescere nella civiltà. La religione regolamentava, suggeriva, indicava, spingeva, incoraggiava. I Salmi, attribuiti al grande Re Davide, figura storica sicuramente esistita, resa ieratica dal bisogno dell’uomo di avere, oltre a guide ultraterrene, anche umane, riflettono una vasta gamma di sentimenti umani: paura, disperazione, angoscia, gioia, felicità, dolore e consolazione. Sono di formazione filologa, lavoro come editor: la parola è il mio pane, dunque. Ebbene, non la Parola, però, che pure ho studiato a lungo. Sono serena nel dichiarare il mio ateismo. Dio non c’è. In ebraico, il verbo essere al tempo presente non viene espresso, esistono due formule יש) iesh) e אין) en) cioè l’esistente e il non esistente. Nel salmo 14 (13) si osa affermare che Dio non è esistente. È lì, nero su bianco: היםִ [adonai enֵ  אין ֱא ֹל Stolto chi lo pensa, blasfemo (a morte!) chi osa affermarlo, eppure noi lo leggiamo. En Adonai: persino il nome di אלהים adonai/elhoim] viene sottaciuto, è vietato nominare le sacre lettere, eppure noi leggiamo  che non esiste. La lettura a voce bassa, o addirittura nella propria mente, ha origini molto recenti: prima tutto era letto a voce alta, anche perché i leggenti erano rarissimi. Quanto doveva essere deflagrante per un dubbioso ascoltare quel en letto a voce alta? Ed è a questo punto della mia riflessione che mi rivolgo a uno degli scrittori più importanti della Letteratura mondiale, Fëdor Dostoevskij, in particolare relativamente al suo romanzo I fratelli Karamazov. Scritto nel 1880, è un romanzo intriso di riflessioni umane e divine, di dubbi, di sospensioni, di paure. Tre fratelli, di madri diverse, e un padre abietto e vizioso; un monastero con monaci eremiti santi; una cittadina di provincia, un delitto efferato e innominabile: ne nasce un capolavoro assoluto. Potrebbe esserci una dicotomia perfetta tra il personaggio del padre e quello dei padri eremiti: invece padre Zosima, uomo giusto, monaco glorificato in vita, quando muore inizia subito a fetere, segno di corruzione. Il dubbio che non fosse poi così santo si insinua tra le pareti del monastero. Cos’è la santità? E se avesse ragione chi dice che l’uomo è corruttibile per sua stessa natura? Dio cosa fa per difendere i suoi figli prediletti? Dio dall’alto dei cieli prospexit: il verbo prospicere, guardare avanti, ma anche prevedere, qui è usato al passato remoto. Dio si è sporto una e una sola volta dall’alto dei cieli. Il verbo ebraico ִhishqif (“sporgersi”, “guardare avanti”) fa parte della categoria dei verbi hifil, causativi attivi. Dio cioè compie un atto che muove altro: nel momento in cui si sporge verso gli uomini inesorabilmente causa scompiglio; Egli cerca almeno un uomo saggio che creda in Lui. Mi piace pensare che Dio si fosse sporto, avesse guardato in giù e vista l’estrema insipienza degli uomini stolti («Dio non c’è»), se ne fosse lavato le mani e Amen. Ora tocca agli uomini prendere in mano questa massa di stolti e riportarli nell’alveo della religione/legge: ed ecco la figura di Re David, che invoca giustizia. La vita dei saggi è faticosa: si vede la stupidità degli uomini e si prova a combatterla, spesso inutilmente. La Bibbia è piena di profeti e saggi contro i mulini a vento. L’uomo è corrotto, stolto, senza Dio. Ma torniamo al nostro amato scrittore russo, che si professa credente. Dostoevskij è un credente che si pone sempre in ascolto e alla ricerca. Nei suoi libri, Dio e la religione ortodossa sono sempre presenti. Ne L’idiota, altro suo immenso romanzo, il personaggio principale, affetto da epilessia (stessa condizione di cui era afflitto lo scrittore), torna dal sanatorio dove ha trascorso tutta la vita pieno di domande, che non sa a chi rivolgere. Se Dio esiste, perché permette il male? Il male, ci dice il Salmo 14, è proprio di chi non accetta Dio nella sua vita, lo stolto che pensa che Dio non esista. Cioè, egli produce ed è il male stesso. Omnes declinaverunt, simul corrupti sunt; non est qui faciat bonum, non est usque ad unum, «Tutti hanno deviato (dalla retta via), contemporaneamente si sono corrotti, non c’è alcuno che faccia il bene, non ce n’è neanche uno». L’epilessia è una gravissima malattia neurologica del cervello che induce chi ne soffre ad avere movimenti incontrollati del corpo, spesso di tipo sussultorio. Assistere a una crisi epilettica è talmente sconvolgente che fino a non molti anni fa si attribuiva questa grave malattia al demonio. Eppure il principe Myškin, il protagonista de L’idiota, è una persona candida e pura, innocente. Non si sente affatto posseduto dal demonio, non trova traccia in sé di cattiveria o malvagità. Si inserisce tra le figure che vengono anche chiamati “i folli di Dio”: uomini senza filtri, che trovano in Dio la loro unica gioia o benessere, come san Francesco d’Assisi, per esempio. Il panorama letterario di Dostoevskij è dominato da questi protagonisti profondamente puri, come Alëša, il fratello minore dei Karamazov. Una persona semplice ma fool (stolto), è il protagonista del romanzo di Flannery O’Connor La saggezza nel sangue. Hazel Motes, di famiglia contadina, nell’America dei primi anni Cinquanta del Novecento, sa di non credere a Gesù. È stato in guerra, e la guerra l’ha sputato fuori sano ma confuso, ha visto cose brutali, innominabili. Si è conservato puro per rigidi canoni materni, ma tornato dall’inferno vuole rientrare tra i vivi e sperimentare il peccato, nella certezza di un ateismo che non si pone dubbi. Il nome di Cristo è sempre presente, che sia invocazione o imprecazione, è uno dei grandi protagonisti di questo romanzo. Hazel ha un tale bisogno di non dare ascolto alla voce potente che lo richiama a Dio, da decidere di diventare il Profeta della Chiesa senza Cristo. La verità, dunque, è che non c’è nessuna verità? Ma la gente lo deride, lui, il suo ridicolo vestito azzurro e il suo berrettino nero. Attira però una serie di stolti come lui, una accozzaglia di folli senza Dio, senza testa, senza criterio. Sconfitto da se stesso, Hazel  finirà per accecarsi, per riuscire a darsi credito. Nella cecità, però, ecco che arriva la rivelazione e il dolore profondo. Da stolto che pensa «Dio non c’è», accetta la verità rivelata. La O’Connor definiva questo romanzo come ironico. Sinceramente non ho letto ironia: ho letto disperazione, una fatica immane ad accettare se stessi e gli altri, una dolente insofferenza verso le regole, verso la rigidità. Mi è difficile pensare a un Dio che si sporge a guardare l’infinita stoltezza degli uomini, ora come allora. Il versetto 4 mi colpisce in maniera particolare. Il latino è più preciso della traduzione italiana: Nonne scient omnes, qui operantur iniquitatem, qui devorant plebem meam sicut escam panis? «Non sa dunque nulla, chi è intento a pratiche malvagie, che divora il mio popolo come cibo fatto di pane?». Il rimando all’attualità è inevitabile e scontato. Ritorna allora il concetto del “senza Dio” per definire chi è pervaso di malvagità. Hazel Motes prova a essere malvagio, a corrompersi, nel corpo e nell’anima, dato che si sente “senza Cristo”, senza riuscirci, peraltro. Non mi sento malvagia, non mi sento stolta. Guardo chi è alla ricerca e mi sovviene di pensare che io cerco Dio nella Letteratura, nell’Arte, nella Musica, nelle Persone. Forse ribalterei il concetto: non è stolto chi è senza Dio, ma chi non si pone alla ricerca, chi non si fa mai domande, chi ritiene di essere sempre nel giusto. Stolto è chi non ha parola (דבר הן en davar). O chi, ancora peggio, mistifica le parole, chi cambia la verità. L’essere umano è il mistero più grande, e stolto è chi non crede nell’uomo.

 

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