Salmo 10 (9B) con il commento di Elvis Spadoni



Dal libro dei Salmi
Salmo 10 (9B) – Sorgi, Signore, contro l’empio!

(Salmo di implorazione e di fiducia nell’oppressione. Salmo sapienziale, didattico alfabetico)

Testo del brano
1 (9,22) Lamed - Perché, Signore, ti tieni lontano, nei momenti di pericolo ti nascondi? 

2 (9,23) Con arroganza il malvagio perseguita il povero: cadano nelle insidie che hanno tramato! 

3 (9,24) Il malvagio si vanta dei suoi desideri, l’avido benedice se stesso. 

4 (9,25) Nel suo orgoglio il malvagio disprezza il Signore: «Dio non ne chiede conto, non esiste!»; questo è tutto il suo pensiero. 

5 (9,26) Le sue vie vanno sempre a buon fine, troppo in alto per lui sono i tuoi giudizi: con un soffio spazza via i suoi avversari. 

6 (9,27) Egli pensa: «Non sarò mai scosso, vivrò sempre senza sventure». 

7 (9,28) Pe - Di spergiuri, di frodi e d’inganni ha piena la bocca, sulla sua lingua sono cattiveria e prepotenza. 

8 (9,29) Sta in agguato dietro le siepi, dai nascondigli uccide l’innocente. 

Ain - I suoi occhi spiano il misero, 

9 (9,30) sta in agguato di nascosto come un leone nel covo. Sta in agguato per ghermire il povero, ghermisce il povero attirandolo nella rete. 

10 (9,31) Si piega e si acquatta, cadono i miseri sotto i suoi artigli. 

11 (9,32) Egli pensa: «Dio dimentica, nasconde il volto, non vede più nulla». 

12 (9,33) Kof - Sorgi, Signore Dio, alza la tua mano, non dimenticare i poveri. 

13 (9,34) Perché il malvagio disprezza Dio e pensa: «Non ne chiederai conto»? 

14 (9,35) Res - Eppure tu vedi l’affanno e il dolore, li guardi e li prendi nelle tue mani. A te si abbandona il misero, dell’orfano tu sei l’aiuto. 

15 (9,36) Sin - Spezza il braccio del malvagio e dell’empio, cercherai il suo peccato e più non lo troverai. 

16 (9,37) Il Signore è re in eterno, per sempre: dalla sua terra sono scomparse le genti. 

17 (9,38) Tau - Tu accogli, Signore, il desiderio dei poveri, rafforzi i loro cuori, porgi l’orecchio,

18 (9,39) perché sia fatta giustizia all’orfano e all’oppresso, e non continui più a spargere terrore l’uomo fatto di terra.

 

 

 

Canto 
Sorelle Clarisse del Monastero Natività di Maria, Rimini

Musica di sottofondo al commento
Libreria suoni di Garage Band

Meditazione
Elvis Spadoni

Meditazione
Questo salmo è in verità parte del salmo 9, come già detto parlando proprio di quello precedente a questo. Esso affronta sempre il tema del Salmo 9, ovvero di come Dio soccorra il povero e il misero castigando i malvagi che l’opprimono. Sono due salmi che ci invitano a riconoscere in Dio l’esercizio della giustizia retributrice. Di fronte all’invito implicito di lasciare a Lui il compito di agire come giudice giusto, il Salmo 10 è, potremmo dire così, più dubbioso della sua prima metà, ovvero il Salmo 9, che celebra senza tentennamenti “le meraviglie” di Dio come pronto giudice. Si comporta cioè un po’ come Giobbe, che invece dubita della giustizia di Dio, perché sperimenta un mondo dove invece il giusto soffre e il malvagio prospera tranquillamente, facendosi addirittura beffe degli uomini e di Dio: «disprezza il Signore pensando: Dio non se ne cura, Dio non esiste». Il salmo inizia infatti con una domanda che ricorda il celebre incipit di un altro salmo, quello pronunciato da Cristo sulla croce e che recita: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Anche qui, all’inizio del Salmo 10, il salmista chiede provocatoriamente a Dio: «Perché stai lontano, perché nel tempo dell’angoscia ti nascondi?». Infatti il povero di Dio vede gli empi essere tranquilli, e le loro azioni di sopruso non venire punite. Così nascono i pensieri e le domande su un Dio che non interviene, perché «non esiste», o se esiste perché se ne dimentica o non ritiene importante il grido del misero. In realtà verrebbe da pensare che questi non sono i pensieri dell’empio, o perlomeno non solo. Sono anche i pensieri dubbiosi del Salmista o di noi che recitiamo il salmo: ma siamo davvero sicuri che Dio opera la giustizia? Non dovremmo forse farci noi giustizia da soli? L’esperienza infatti ci mostra che i malvagi prosperano, si arricchiscono, non finiscono male come al termine di un bel film, dove invece vince sempre il bene. Il salmo non accoglie solo il nostro desiderio di una giustizia che si imponga di forza, con il potere supremo di Dio che “alza la sua mano”, ma accoglie anche i nostri dubbi e le nostre perplessità di fronte a una giustizia che pare aspettare. Di fronte al male, a ciò che giudichiamo tale, ci sentiamo impotenti e percepiamo impotente e inoperoso anche Dio: cosa aspetta? Cosa aspettiamo? Il salmo inizia con una domanda ma finisce con una affermazione: “Tu accogli il desiderio di giustizia dei miseri”. Chi ha fame e sete di giustizia, come già detto, sarà saziato. Nell’attesa dell’azione misteriosa di Dio, credo che il nostro sguardo debba andare al misero per eccellenza, al povero di Dio, al Cristo che, nelle mani degli uomini, è stato mansueto come un agnello, non ha aperto la sua bocca per difendersi, non ha alzato le sue mani per colpire. Egli ci insegna a opporci al male, non diventandone uno specchio che restituisce maggiorato ciò che riceve. Egli rompe questa spirale rispondendo al male con il bene, alla guancia colpita presenta l’altra. Questa non è resa, questa è la resistenza di chi abita la fede a cui questo salmo, donandoci le sue parole, educa il nostro spirito.

 

 

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