2Re 5,1-15a con il commento di Gianluca Conti



Dal secondo Libro dei Re
2Re 5,1-15a 

Testo del brano
In quei giorni Naamàn, comandante dell’esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramèi. Ma quest’uomo prode era lebbroso. Ora bande aramèe avevano condotto via prigioniera dalla terra d’Israele una ragazza, che era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che è a Samarìa, certo lo libererebbe dalla sua lebbra». Naamàn andò a riferire al suo signore: «La ragazza che proviene dalla terra d’Israele ha detto così e così». Il re di Aram gli disse: «Va’ pure, io stesso invierò una lettera al re d’Israele». Partì dunque, prendendo con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d’Israele, nella quale si diceva: «Orbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn, mio ministro, perché tu lo liberi dalla sua lebbra». Letta la lettera, il re d’Israele si stracciò le vesti dicendo: «Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me». Quando Elisèo, uomo di Dio, seppe che il re d’Israele si era stracciato le vesti, mandò a dire al re: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele». Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Elisèo. Elisèo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato». Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il Parpar, fiumi di Damàsco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato. Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bàgnati e sarai purificato”». Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato. Tornò con tutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele». 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

Meditazione
Gianluca Conti

Meditazione
Gli Aramèi erano anticamente un gruppo di semiti che abitavano i territori stepposi a est della Fenicia e di Canaan, nell’attuale Siria. Gli Aramèi costituivano diversi stati indipendenti tra di loro, tutti sottomessi al tempo del re Davide, ma che poi ripresero la loro indipendenza successivamente al re Salomone. La lettura di oggi riferisce un fatto che è stato menzionato da Gesù assieme al miracolo della vedova di Sarepta, nel capitolo 4 di Luca. I Giudei nella sinagoga di Nazareth sollecitavano Gesù a compiere miracoli a “gettoniera”, cosa che Gesù non aveva intenzione di concedere. La lettura di oggi, ossia la guarigione di Naamàn, ci narra come non sia avvenuta, se non dopo alcuni faticosi passaggi. Probabilmente la malattia di cui Naamàn era affetto non era veramente lebbra, ma una malattia della pelle di tipo scabbioso. Naamàn non era escluso dalla vita sociale, tuttavia la malattia costituiva per lui un problema serio. I guaritori dell’epoca sicuramente avevano provato a curarlo, senza successo, e alla fine, una speranza viene suggerita dalla schiava israelita a servizio della moglie di Naamàn. Lei propone con sicurezza una visita da Elisèo; forse conosceva il profeta e probabilmente circolavano su di lui voci di segni, per cui valeva la pena provarci. La questione era complicata: tra Aramèi e Israeliti certo non tirava una buona aria di vicinato; non una guerra dichiarata, ma sicuramente scaramucce e dispetti. Del resto la ragazza israelita era stata rapita, lei stessa, durante un raid di predoni. Naamàn si consiglia col suo re, il quale appoggia l’iniziativa e anzi lo fa partire in pompa magna, con una sua lettera di presentazione al re di Israele e molte ricchezze. I doni sono veramente esagerati: dieci talenti d’argento e altro ancora! (ricordate la parabola dei talenti di Gesù?). Penserei che Naamàn non confidasse nella collaborazione degli israeliti, per cui portava con sé un’offerta cosi consistente che nessuno si sarebbe sognato di rifiutare. Purtroppo per Naamàn le cose non vanno nel verso giusto. Il re di Israele interpreta male la visita, e si straccia pure le vesti; inoltre il re sembra non sappia che Elisèo sia un uomo di Dio. A volte si sa che certi valori non vengono considerati nei centri di potere: pensiamo ad esempio a quando i re magi interrogarono Erode e lui non sapeva nulla di Gesù. Alla fine Naamàn riesce nel suo intento, e arriva all’abitazione di Elisèo. Il profeta, però, non lo riceve. Il corteo al seguito si ferma sulla strada. I doni non servono. L’umiliazione è grande: il comandante militare è rifiutato. Certo lui immaginava chissà quali pratiche magiche, e invece nulla! Anzi la cura la deve fare lui stesso: “sciacquarsi” sette volte nel fiume Giordano (sette non è indicato a caso). Una soluzione banale e stupida, inconciliabile con la razionalità del militare. Elisèo non vuole la sottomissione dell’aramèo fine a sé stessa. I servi, al seguito di Naamàn, l’avevano in qualche modo intuito. Elisèo spinge verso una spoliazione della corazza del guerriero, un alleggerimento del cuore dalle vanità che lo appesantiscono. Solo dopo questa pulizia interiore Naamàn scoprirà la guarigione fisica, la sua pelle purificata come quella di un bambino.

Scarica la nostra App su