Malachia 3,1-4.23-24 con il commento di Marina Ratta e Aldo Terzi



Dal libro del profeta Malachia
Ml 3,1-4.23-24 

Testo del brano
Così dice il Signore: «Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani. Ecco, io invierò il profeta Elìa prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri, perché io, venendo, non colpisca la terra con lo sterminio».

 

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
M.Ravel. Pavane for a deal Princess. Thérèse Dussaut. Diritti Creative Commons. Musopen.org

Meditazione
Marina Ratta e Aldo Terzi
Recita Aldo Terzi

Meditazione
Per capire quale sia il significato di questo brano occorre prima avere qualche informazione sul profeta Malachìa, ultimo dei profeti minori, e sul suo libro scritto intorno al 450 a.c. Il popolo di Dio, come già era accaduto nella sua lunga storia, stava vivendo un periodo di grande scoraggiamento e di decadenza morale che pian piano aveva allontanato gli israeliti dalla fede; gli uomini avevano cercato di cancellare il pensiero di Dio e la società era profondamente corrotta: gli uomini agiati ripudiavano la propria moglie in favore di donne giovani e avvenenti, i poveri erano soggetti a soprusi mentre i ricchi prosperavano insolenti. In questo contesto i sacerdoti avevano perso il senso della loro missione e cercavano un vantaggio concreto per aver osservato i comandamenti e seguito i precetti del Signore, invidiando i superbi perché rimanevano impuniti pur facendo del male e provocando Dio. Nonostante questo, quando si sentono duramente ripresi dalle parole del profeta, i sacerdoti si stupiscono delle sue parole di rimprovero, si fingono innocenti, si illudono di non avere colpe: il peccato fa vedere la realtà con uno sguardo alterato, non più lucido.. Tra di loro, però, c’erano ancora uomini giusti, che dicevano: «dov’è il Dio della Giustizia»? Dio pone ascolto a questi uomini timorati; essi diventeranno dei privilegiati ai suoi occhi, la sua “proprietà particolare” ed Egli li accudirà come un padre accudisce dei figli fedeli. Che tenerezza! Poi ecco l’annuncio dell’ultimo giorno in cui il Signore verrà a giudicare l’uomo con parole di salvezza o di condanna: il Signore promette a coloro che non commettono ingiustizia, a chi crede nella sua parola e nelle sue promesse, che non morirà in eterno ma che vedrà il “sole di giustizia”, la vita eterna, la luce della resurrezione. Questo popolo che Dio ha prescelto è un popolo debole, riottoso, volubile eppure Dio non lo molla, lo riprende continuamente e lo riporta sulla strada maestra, come abbiamo visto tante volte nella storia del popolo di Israele. Questa fedeltà di Dio la vedremo concludersi nelle ultime righe del libro di Malachìa con l’annuncio dell’atto d’amore più grande che Dio ha per l’uomo: il passaggio dal “Vecchio” al Nuovo Testamento, il dono del suo figlio! È proprio Gesù che dalla notte della morte, con la sua resurrezione, ha fatto sgorgare la vita nuova, la vita eterna, la resurrezione. La società descritta dal profeta Malachìa, senza remore morali, senza condivisione di ricchezze, di esperienze e di idee, assomiglia molto a quella dei nostri giorni: anche noi viviamo tante ingiustizie e siamo continuamente alle prese con le nostre fragilità e debolezze, ma Dio continua a non mollarci, ci nutre con la sua Parola e ci riempie del suo Spirito. Riflettendo oggi su questo brano penso che Dio voglia sottolineare due cose: ci chiede di non lasciarci sopraffare dal peccato per avere occhi nuovi che vedano la sua presenza nelle cose che accadono nel nostro quotidiano, di lasciarci andare alla sua cura per noi e di nutrirci costantemente della sua Parola perché rimaniamo del tutto “uomini”, per vivere appieno la nostra vocazione, per restare dentro la vita. Nelle nostre vite ci accorgiamo che il confine tra felicità e infelicità, tra vita e morte spirituale a volte è labile, incerto ma sta a noi individuare la differenza tra le situazioni e scegliere la strada che promette vita in noi e intorno a noi e non la strada che si rileva senza uscita; è la Parola di Dio la torcia che ci fa vedere in lontananza quando c’è poca luce, che ci dà conforto quando fuori è buio. Ripensando al periodo difficile che abbiamo attraversato, la pandemia, quando sembrava che il ritorno alla normalità fosse molto lontano o impossibile da raggiungere, quando ci dicevano che la nostra economia non si sarebbe ripresa e che saremmo rimasti nella povertà, inizialmente ci siamo comportati come il popolo di Dio che non sentendo più la sua voce si dimentica di appartenergli! Poi, piano piano, abbiamo iniziato a vedere i segni di speranza che Dio metteva sulla nostra strada, il nostro cuore si è tranquillizzato e abbiamo ricominciato a vedere la bellezza di questo mondo e delle persone che ci circondano.. è il miracolo che Dio compie nelle nostre vite: trasformare il lutto in vita, le tenebre in luce, le mancanze in pienezza.

 

 

 

 

 

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