Genesi 49,2.8-10 con il commento di Melania Marcatelli



Dal libro della Genesi
Gn 49,2.8-10 

Testo del brano
In quei giorni, Giacobbe chiamò i figli e disse: «Radunatevi e ascoltate, figli di Giacobbe, ascoltate Israele, vostro padre! Giuda, ti loderanno i tuoi fratelli; la tua mano sarà sulla cervìce dei tuoi nemici; davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi lo farà alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli».

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Lorenzo Tempesti. Maramore. www.suonimusicaidee.it. Licenza gratuita

Meditazione
Melania Marcatelli

Meditazione
Sono trascorsi lunghi anni, Giacobbe è giunto ormai al termine della sua vita. Si trova in Egitto con figli e nipoti, dove grazie a Giuseppe ha trovato il favore del faraone. In punto di morte chiede a Giuseppe di essere sepolto nella terra dei suoi padri, nel loro sepolcro. Poi riunisce intorno a sé i figli, ancora tutti in vita, e pronuncia degli oracoli sul loro futuro e sul destino delle tribù, che da loro discenderanno. Dovrebbe trattarsi di benedizioni, in realtà per i primi tre figli, Ruben, Simeone e Levi, a causa della loro condotta, si tratta in realtà di maledizioni, o meglio, il padre dice loro che rimarranno indietro, mentre riserva la preminenza sui fratelli a Giuda. Giacobbe pronuncia una benedizione profetica su di lui, affermando che riceverà la lode dei fratelli, la supremazia sui nemici; lo paragona ad un leone e a una leonessa, non nella violenza della caccia, ma nella maestosità del riposo. La sua preminenza durerà per sempre, finché non arriverà colui che dominerà su tutti i popoli. Questo versetto ha un forte valore messianico: la tribù di Giuda, da cui discenderà anche Davide, è la stessa in seno alla quale nascerà Gesù. La benedizione riservata a Giuda sembra essere una prefigurazione della sua venuta, leggiamo infatti al versetto 10: «finché verrà colui al quale esso appartiene (si parla dello scettro e del bastone del comando) e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli». Queste parole pronunciate da Giacobbe, negli ultimi istanti della sua vita, proiettano lui e noi in una dimensione di speranza per la venuta del Messia, di Gesù. Nelle sue parole riecheggia soprattutto l’aspetto regale, la vittoria e il comando, ricordiamo che nell’Antico Testamento le attese messianiche erano soprattutto questo. Ma noi che con occhi più consapevoli guardiamo a ritroso, non possiamo fare a meno di cogliere aspetti che ci rimandano al suo sacrificio di salvezza: nei versetti successivi viene citato un asino, con cui sappiamo entrerà a Gerusalemme, si parla della vite, si afferma che colui di cui si parla «lava nel vino la sua veste, e nel sangue dell’uva il suo manto». Tutti questi elementi tracciano un ponte tra cose antiche e cose nuove, la tradizione e la novità di Cristo, compimento della storia di salvezza che Dio aveva tessuto fin dal principio.

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