Genesi 15,1-12.17-18 con il commento di Andrea Parato



Dal libro della Genesi
Gn 15,1-12.17-18 

Testo del brano
In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate».

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Lorenzo Tempesti. Maramore. www.suonimusicaidee.it. Licenza gratuita

Meditazione
Andrea Parato

Meditazione
«Dopo tali fatti..» Ma di quali fatti si parla? Di come alcuni re invasori vengono a combattere contro i re delle città della Valle e, dopo averli sconfitti, rapiscono Lot e tutti i suoi beni; di come Abram organizza un piccolo esercito e attacca di notte i re invasori (non male per un settantacinquenne) liberando Lot, e di come Abram viene festeggiato dal misterioso Melchìsedek, re di Salem e sacerdote del Dio altissimo: con l’offerta di pane e vino (e qui ogni riferimento non è casuale) e con una benedizione. È dopo questi fatti, dunque, che Abram in visione riceve la parola del Signore: «Non temere». Però a questo punto Abram quasi contesta, chiede una concretizzazione della ricompensa del Signore: non ha figli e dunque domanda un erede. Per ben due volte lo puntualizza. Ma che sfacciato! Poi il Signore rinnova ancora la promessa: la discendenza di Abram sarà come le stelle del cielo. Dopo il paragone con la polvere della terra, ora verrebbe da dire che manca la polvere di stelle. È insito dell’umano questo contenere in se il terreno e il celeste, questa tendenza verticale che unisce il basso e l’alto, questo avere i piedi ben radicati ma lo sguardo verso qualcosa di più ampio oltre le nuvole. Ed è paziente il Signore, che prima ascolta le richieste di Abram e poi, dopo avergli già detto di alzare gli occhi per guardare lo stendersi della terra che gli spetterà, ora gli dice di guardare in su, per contare l’incontabile. Il Signore lancia la provocazione di una sfida: lui può fare tutto. La premessa è: «non temere». E Abram accetta la sfida e crede. Ma, visto che è un tipo pragmatico, osa ancora chiedere una sorta di patto con il Signore. Forse, a questo punto Abram capisce di aver esagerato.. e infatti sperimenta il terrore e l’oscurità. Eppure va avanti con il patto e conclude l’alleanza. Forse a Dio piace quest’uomo che si muove con coraggio nelle battaglie come nel dialogo con il Creatore, che non teme di chiedere in modo diretto e giusto e che, soprattutto, sa osare la fiducia.

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