2Corinzi 1,18-22 con il commento di Maria Angela Magnani



Dalla seconda lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi
2Cor 1,18-22 

Testo del brano
Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no». Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria. È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.

 

 

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Spence. Hovering Thoughts. Diritti Creative Commons

Meditazione
Maria Angela Magnani

Meditazione
Profondamente cristologica, la teologia di Paolo mette Gesù al centro di ogni riflessione e affermazione. Il Figlio di Dio mantiene le promesse del Padre in maniera chiara, decisa, senza dubbi o incertezze: così deve essere e così è! L’apostolo per vocazione, Paolo, invita i Corinti ad essere chiari, limpidi e onesti nelle risposte. Lo fa richiamandosi ad una formula che probabilmente circolava all’epoca – di cui vi è traccia anche nel Vangelo, sulla bocca di Gesù: «il vostro parlare sia “sì, sì!”; “no, no!”: il di più viene dal maligno» (Mt 5,37). Paolo in primis si sottomette a questo criterio di verità, che antepone ad ogni parola dell’annuncio. Il vangelo necessita peraltro di questo humus, per attecchire e portare frutto. Poiché è la coltura – e anche la cultura – del Figlio stesso, compimento della verità di Dio, la quale intesse le vite dei credenti per opera dello Spirito. Gesù, il Vangelo fatto carne, è il “sì” insuperabile, il sigillo definitivo su ogni promessa fatta da Dio al popolo dell’alleanza. Dietrich Bonhoeffer, con rara efficacia lo ha saputo esprimere in uno dei frangenti più drammatici della storia moderna, volgendo lo sguardo al mistero della fedeltà di Dio: «Dio non realizza tutti i nostri desideri, bensì porta a compimento tutte le sue promesse». E noi, moderni Corinti, siamo pronti a rispondere con un deciso “sì”, o siamo ancora incerti nel procedere e titubanti nell’accogliere la nostra vocazione-chiamata? Il «noi», che Paolo di Tarso lascia risuonare, è molto potente e ha la forza di un allargamento immenso, che non può essere misurato con la grammatica, né con il metro del criterio storico. In quella prima persona plurale siamo infatti compresi tutti e ciascuno (almeno quelli che hanno accolto l’annuncio del Regno), senza discriminazioni o esclusioni. Ebrei e pagani, circoncisi e incirconcisi: le rotte percorse dalla missione paolina non sono solo di natura geografica, per raggiungere cioè le zone più lontane e inaccessibili dell’impero romano affacciate sul Mediterraneo. Esse sono pensabili, allo stesso tempo e ben di più, come metafora, anzi simbolo degli itinerari che il vangelo compie all’interno delle regioni della nostra anima: a volte chiusa, deserta, sfuggente, sospettosa e non abbastanza aperta per farsi toccare e attraversare dal messaggio salvifico. L’Apostolo incede veloce in un crescendo che culmina in tre figure molto pregnanti per comprendere l’azione dello Spirito Santo: unzione, sigillo e caparra. Come Gesù anche noi siamo “Cristo”, ovvero unti di un olio che non si limita a profumare, proteggere e detergere la pelle, ma va ben oltre lo strato più esterno dei nostri corpi. Crismati dall’olio stesso che è lo Spirito, possiamo aver parte al sentire più intimo di Gesù: «abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5). Lasciamoci dunque permeare e attraversare da questo unguento benefico e vitalizzante che è la presenza del Risorto, per l’azione del suo Spirito. Permettiamo allo Spirito Santo di imprimere il suo sigillo; accogliamolo come un dono, il dono più grande: quello cioè di appartenerGli nella fede, per essere figli e figlie del Padre, nel Figlio. Solo così avremo in noi la caparra: un anticipo della gloria definitiva. Anzi, di più: essere noi stessi fatti, ad opera dello Spirito, come un buon assaggio del Regno, solo una piccola espressione di quella che sarà la sua vera e definitiva realizzazione nell’eternità di Dio. Se infatti questo compimento si mostrasse in tutta la sua potenza già qui in questa dimensione terrena, credo che il nostro cuore non reggerebbe a tanta gioia, splendore e magnificenza. Qui possiamo solo intuire, percepire e vivere nell’anelito della felicità eterna: una dolce nostalgia di Casa.

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