Giovanni 15,1-8: "Un rimanere reciproco...". (Commento di Papa Francesco)



Parola del Signore
Dal Vangelo secondo Giovanni 15, 1-8

Testo del Vangelo
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

 

Meditazione
Papa Francesco
Omelia a Santa Marta del 13 Maggio 2020. Mercoledì della V settimana di Pasqua.
Memoria della Beata Vergine Maria di Fatima

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

Meditazione
Il Signore torna sul “rimanere in Lui”, e ci dice: “La vita cristiana è rimanere in me”. Rimanere. E usa qui l’immagine della vite, come i tralci rimangono nella vite (cfr Gv 15,1-8). E questo rimanere non è un rimanere passivo, un addormentarsi nel Signore: questo sarebbe forse un “sonno beatifico”, ma non è questo. Questo rimanere è un rimanere attivo, e anche è un rimanere reciproco. Perché? Perché Lui dice: «Rimanete in me e io in voi» (v. 4). Anche Lui rimane in noi, non solo noi in Lui. È un rimanere reciproco. In un’altra parte dice: Io e il Padre «verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Questo è un mistero, ma un mistero di vita, un mistero bellissimo. Questo rimanere reciproco. Anche con l’esempio dei tralci: è vero, i tralci senza la vite non possono fare nulla perché non arriva la linfa, hanno bisogno della linfa per crescere e per dar frutto; ma anche l’albero, la vite ha bisogno dei tralci, perché i frutti non vengono attaccati all’albero, alla vite. È un bisogno reciproco, è un rimanere reciproco per dar frutto.

E questa è la vita cristiana. È vero, la vita cristiana è compiere i comandamenti (cfr Es 20,1-11), questo si deve fare. La vita cristiana è andare sulla strada delle beatitudini (cfr Mt 5,1-13), questo si deve fare. La vita cristiana è portare avanti le opere di misericordia, come il Signore ci insegna nel Vangelo (cfr Mt 25,35-36), e questo si deve fare. Ma anche di più: è questo rimanere reciproco. Noi senza Gesù non possiamo fare nulla, come i tralci senza la vite. E Lui – mi permetta il Signore di dirlo – senza di noi sembra che non possa fare nulla, perché il frutto lo dà il tralcio, non l’albero, la vite. In questa comunità, in questa intimità del “rimanere” che è feconda, il Padre e Gesù rimangono in me e io rimango in Loro.

Qual è – mi viene in mente di dire – il “bisogno” che l’albero della vite ha dei tralci? È avere dei frutti. Qual è il “bisogno” - diciamo così, un po’ con audacia - qual è il “bisogno” che ha Gesù di noi? La testimonianza. Quando nel Vangelo dice che noi siamo luce, dice: “Siate luce, perché gli uomini «vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro» (Mt 5,16)”. Cioè la testimonianza è la necessità che ha Gesù di noi. Dare testimonianza del suo nome, perché la fede, il Vangelo cresce per testimonianza. Questo è un modo misterioso: Gesù anche glorificato in cielo, dopo aver passato la Passione, ha bisogno della nostra testimonianza per far crescere, per annunciare, perché la Chiesa cresca. E questo è il mistero reciproco del “rimanere”. Lui, il Padre e lo Spirito rimangono in noi, e noi rimaniamo in Gesù.

Ci farà bene pensare, riflettere su questo: rimanere in Gesù, e Gesù rimane in noi. Rimanere in Gesù per avere la linfa, la forza, per avere la giustificazione, la gratuità, per avere la fecondità. E Lui rimane in noi per darci la forza del [portare] frutto (cfr Gv5,15), per darci la forza della testimonianza con la quale cresce la Chiesa.

E una domanda, mi faccio: come è il rapporto tra Gesù che rimane in me e io che rimango in Lui? È un rapporto di intimità, un rapporto mistico, un rapporto senza parole. “Ah Padre, ma questo, che lo facciano i mistici!”. No, questo è per tutti noi! Con piccoli pensieri: “Signore, io so che Tu sei qui [in me]: dammi la forza e io farò quello che Tu mi dirai”. Quel dialogo di intimità con il Signore. Il Signore è presente, il Signore è presente in noi, il Padre è presente in noi, lo Spirito è presente in noi; rimangono in noi. Ma io devo rimanere in Loro…

Che il Signore ci aiuti a capire, a sentire questa mistica del rimanere su cui Gesù insiste tanto, tanto, tanto. Tante volte noi, quando parliamo della vite e dei tralci, ci fermiamo alla figura, al mestiere dell’agricoltore, del Padre: che quello [il tralcio] che porta frutto lo pota, e quello che non lo porta lo taglia e lo porta via (cfr Gv 15,1-2). È vero, fa questo, ma non è tutto, no. C’è dell’altro. Questo è l’aiuto: le prove, le difficoltà della vita, anche le correzioni che ci fa il Signore. Ma non fermiamoci qui. Tra la vite e i tralci c’è questo rimanere intimo. I tralci, noi, abbiamo bisogno della linfa, e la vite ha bisogno dei frutti, della testimonianza.

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