Apocalisse 20,1-4.11-21,2 con il commento di Cristian Messina



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Ap 20,1-4.11–21,2 

Testo del brano
Io, Giovanni, vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell’Abisso e una grande catena. Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell’Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po’ di tempo. Poi vidi alcuni troni – a quelli che vi sedettero fu dato il potere di giudicare – e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni. E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri. Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. Poi la Morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco. E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.

 

 

Recita
Daniela Santorsola

Musica di sottofondo
Sir Cubworth. Ceremonial Prelude. Diritti Creative Commons

Meditazione
Cristian Messina

Meditazione
«Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato..» (Sal 90 [89]). Questi versetti parlano del cosiddetto millenarismo o chiliasmo (dal greco chílioi, “mille”), sorta di fase intermedia che ha fatto versare fiumi d’inchiostro, soprattutto alle sette albigesi e catare, più recentemente ai Testimoni di Geova. Tale prospettiva, condannata dalla Chiesa, dal III secolo ha iniziato a dividere gli studiosi: riguarda il passato o il futuro? Chi sostiene l’ultima ipotesi propende per un regno terrestre – di mille anni, appunto – che precede quello di Dio. In tal caso la terra sarebbe un luogo in cui già si sperimenta la gloria della sua rivelazione. Il libro dell’Apocalisse ne parla però come un periodo in cui Dio manifesterà la sua signoria insieme a coloro che non hanno ceduto agli idoli. Dice in fondo – si ricordi che occorre leggerla con le sue lenti, quelle simboliche! – che non si tratta della fine del mondo, quanto piuttosto di un periodo perfetto da vivere “quaggiù”, là dove mille anni (spirituali o cronologici che siano) sono da intendersi come il momento che precede la fine, del tempo cronologico, questo sì. Il mille – sottolineiamolo per l’ennesima volta – è un simbolo, qualcosa cioè che rimanda ad altro, nel nostro caso un ponte che ci conduce alla Gerusalemme celeste. Detto altrimenti, il millenarismo è da intendersi come quel periodo che, iniziato con la venuta di Gesù, ci permette già ora di sperimentare la vita paradisiaca. «Il mare restituì i morti che esso custodiva»: non possiamo non pensare, immediatamente, a quegli immigrati che non sono riusciti ad approdare alle terre in cui cercavano la vita, e invece.. Qui, però, rappresenta il novero di coloro che non sono stati irreprensibili nell’amore, ragion per cui mi verrebbe da dire “tutti”! L’Abisso è simbolicamente il luogo in cui le potenze demoniache sono temporaneamente imprigionate. «E vidi un cielo nuovo e una terra nuova»: siamo alla settima visione di Giovanni, probabilmente la più importante.. «Il mare non c’era più» perché considerato residuo del caos primitivo e soggiorno delle potenze malvagie, ma nella nuova creazione non c’è più posto per lui. I «libri aperti» sono forse i registri celesti, la memoria affettiva delle nostre azioni. Accanto ad essi ecco «quello della vita», che registra invece il nome degli eletti, cioè degli “scelti”. Sono forse i “più bravi”? Direi di no. Penso a coloro che, nel battesimo degli adulti, sono chiamati così dopo aver concluso il periodo del catecumenato, in pratica dopo aver appreso le “verità” della fede. Che differenza c’è allora tra i «libri aperti» e «quello della vita»? Che differenza c’è tra ciò che il Signore si ricorda di come ho vissuto, di quanto ho amato, e il fatto che mi scelga o meno? Posso aver amato poco o tanto, forse anche per niente, ma la sua elezione su di me rimane, fino a quando non chiuderò gli occhi a questa terra. Fino a quel momento io sono il suo preferito – e questo vale per ognuno, dato che il suo amore non è esclusivo, a differenza del nostro! Ma io Lui l’ho scelto? Ho ancora mille anni per farlo, mille possibilità che ogni giorno mi regala. C’è una città meravigliosa che sta scendendo dal cielo, anzi è già qui, dato che il cielo inizia sulla terra. È simile ad una sposa che non vede l’ora di fare l’amore col suo sposo, perché l’amore non è un sentimento, si “fa”. «Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato..». Passa sopra, Signore, all’amore che non ho “fatto”, e donami i «tuoi occhi», per vedere quello che c’è ancora da fare.. 

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