Apocalisse 14,1-3.4b-5 con il commento di Cristian Messina



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo
Ap 14,1-3.4b-5 

Testo del brano
Io, Giovanni, vidi: ecco l’Agnello in piedi sul monte Sion, e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. Essi sono coloro che seguono l’Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l’Agnello. Non fu trovata menzogna sulla loro bocca: sono senza macchia.

 

 

 

Recita
Daniela Santorsola

Musica di sottofondo
Sir Cubworth. Ceremonial Prelude. Diritti Creative Commons

Meditazione
Cristian Messina

Meditazione
«Cosa c’ho scritto (in fronte), Giocondo?». Giovanni in un primo momento ha una visione: «l’Agnello in piedi – ri-sorto – sul monte Sion», l’altura sulla quale sorge Gerusalemme, città che prima l’aveva immolato. Tale immagine si contrappone a quella del capitolo tredici: l’Agnello circondato dai salvati fa da contraltare alla momentanea risurrezione della bestia. Insieme al Risorto ecco 144.000 persone.. chi sono? Un’interpretazione letterale di questo numero – come fanno i fratelli Testimoni di Geova – è evidentemente inappropriato; si tratta infatti di una cifra altamente simbolica, che nasce dall’importanza del 12: il suo primo rimando è ai segni zodiacali, che suddividono il cielo in altrettante regioni. Il numero è il risultato di 3 (la Trinità) x 4 (la terra, per via dei suoi punti cardinali). Nell’Antico Testamento simboleggia quella pienezza numerica che si riverbera nei figli di Giacobbe, dai quali derivano le 12 tribù. Non solo: durante la peregrinazione nel deserto il popolo trova ad Elim (Nm 33,9) 12 sorgenti d’acqua; i sacerdoti furono divisi in 12 classi (1Cr 24); 12 sono i cosiddetti “profeti minori”. Passando al Nuovo Testamento, Gesù sceglie 12 apostoli non a caso: sono loro il “nuovo Israele”! Nell’Apocalisse è dunque un numero indicante la perfezione: la nuova Gerusalemme ha 12 porte con i nomi delle 12 tribù (Ap 21,12), e la donna vestita di sole (cioè la Chiesa “nuda”, perché ormai immortale) ha sul capo «una corona di dodici stelle» (Ap 12). La tradizione successiva ci vedrà Maria, l’Immacolata, e con lei quei 144.000 “senza macchia”. Quest’ultima è insomma una cifra in cui l’autore moltiplica le tribù d’Israele per gli Apostoli per 1.000, un numero sterminato: un modo barocco per dire “tantissimi”. Oltre a questo può esservi l’allusione a quei “tanti” cristiani la cui fede è stata esemplare, e che per tale ragione «recavano scritto sulla fronte il (nome del Cristo-Agnello) e il nome del Padre suo». Avere «il nome sulla fronte» equivale ad “essere come..”: noi siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio, cioè come Lui, ma non siamo Lui. Chi mi incontra per strada può immediatamente scorgere in me la somiglianza con mio padre, tuttavia è evidente che io non sia lui. Tornando all’Apocalisse, già al capitolo due (2,17) troviamo: «Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi lo riceve».. probabilmente è «il nome al di sopra di ogni altro nome» che Cristo ha ricevuto dopo la sua risurrezione (Fil 2,9). Insomma “avere il nome sulla fronte” equivale ad essere risorti, come e grazie al Risorto! In un secondo momento Giovanni ha un’audizione, sente una voce dal cielo simile a quella dei suonatori di cetra, canto che solo i 144.000 riescono a comprendere (forse si tratta della celebre “musica celestiale”..), perché sono «i redenti della terra», che il greco traduce “i comprati dalla terra”, nel senso di riscattati, da quella terra che ancora gronda il sangue di Caino. Se a lui, dopo aver ucciso il fratello Dio impone un segno affinché non venga toccato, i 144.000 sono invece coloro in cui «non fu trovata menzogna», espressione che nell’Antico Testamento designa spesso la religione dei falsi dèi. Chiediamoci allora: quand’è che, oggi, mentiamo? Quando cioè ci aggrappiamo ai falsi dèi? Quando adoriamo ciò a cui non apparteniamo, e di cui non portiamo il nome sulla fronte? Sentiamo la voce dell’Agnello per seguirlo – come i 144.000 – «dovunque vada»? Loro sono stati riscattati «come primizie».. ma cos’è una primizia? Nella Bibbia è associata alla primogenitura, un modo per riconoscere che tutto appartiene a Dio. Il profeta Zaccaria (12,10) parla del giorno futuro in cui gli abitanti di Gerusalemme «guarderanno a colui che hanno trafitto.. Lo piangeranno così come si piange il primogenito». Ma adesso non dobbiamo più piangere, non ce n’è motivo.. La liturgia di oggi – come spesso accade – nel presentarci questo brano omette il versetto 4a: «(i redenti della terra) sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono vergini..». Storicamente si allude forse alla prostituzione sacra; in ogni caso, pur non riferendosi il brano alla contaminazione di tipo sessuale, e la loro verginità stia nell’aver rifiutato gli idoli, l’ascoltatore “disattento” – pensa la liturgia – potrebbe tuttavia fraintendere. Mah.. questi tagli non mi convincono appieno: meglio proporre e spiegare! «Cosa c’ho scritto (in fronte), Giocondo?». Ma chi è questo benedetto Giocondo? L’enigmatica dama ritratta da Leonardo da Vinci – Lisa Gherardini – è colei che fu data in sposa, nel 1495, al ricco mercante  Francesco di Bartolomeo del Giocondo (da cui l’appellativo “Gioconda”). Sembra fosse una donna piuttosto libertina, che al marito la facesse quasi sotto il naso, rendendolo oggetto di derisione tra i popolani, che iniziarono ad usare questo modo di dire, traducibile con “Sono forse un cretino?”. Nel caso dei 144.000 – e noi con loro – è proprio così, tutti “cretini”, ma nel senso etimologico del termine, deriva infatti (in senso dispregiativo) dal francese crétin, “cristiano”: siamo tutti suoi, non abbiamo più nulla da temere..  

 

 

 

 

 

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