La Bibbia: Nuovo Testamento



Meditazione
Se il Primo Testamento si chiude con le parole di Malachia, il Nuovo si apre con la genealogia di Gesù propostaci da Matteo, come a dire che la trama dell’attesa, di cui l’antica alleanza è tessuta, incrocia ora il suo ordito, generando quel meraviglioso drappo che, come la Sindone, reca l’immagine di Gesù! Quest’armonia, composta di antica e nuova Alleanza, condusse i primi cristiani anzitutto a chiamare Antico Testamento quella raccolta di scritti che fino a quel momento definiva «La Legge e i Profeti», in secondo luogo a fissare un canone, dal greco kanôn, letteralmente “canna, asta per misurare”, in senso figurato sia “regola di condotta” sia “regola di fede”. Ed è in questa seconda accezione che s’intende la lista ufficiale dei 27 libri che compongono il Nuovo Testamento. Quei 27 testi in cui, dice la Costituzione conciliare Dei Verbum (17), «(la Parola di Dio) presenta e manifesta la sua forza in modo eminente». Ma, come si è già detto altrove, questo eminente non è sinonimo di “esclusivo”: ora che c’è un Nuovo Testamento – si chiedevano già i primi cristiani – che valore ha quello “Vecchio”? Se nasce un Secondo, che ne è del Primo? E ancora, se il Primo Testamento è in preparazione del Nuovo, che significato può ancora avere ora che è giunto il compimento? Queste ed altre domande sono tutt’altro che di lana caprina, e le risposte stanno forse nella concezione che abbiamo del tempo: certo quel che è passato è passato, ma la Storia della Salvezza è un tutt’uno, ce lo ripete con grande finezza pedagogica la liturgia, che ogni anno celebra l’Avvento in attesa del Natale, e la Quaresima in attesa della Pasqua, e questo di anno in anno. O che valore ha il cammino – potremmo ancora domandarci – quando è giunta ormai la meta? Il vecchio adagio dei pellegrini ci ricorda che «la meta è il cammino», mentre il filosofo tedesco Lessing sottolineava a modo suo, con una frase tornata di moda grazie ad una celebre pubblicità, che «l’attesa del piacere è essa stessa piacere». Il punto è che non è possibile ridurre il Primo Testamento a semplice preparazione del Nuovo, essendo già rivelazione che Dio fa di sé stesso. Ma il suo significato, evidenzia il biblista Bruno Maggioni, è aperto, ragion per cui «il Nuovo Testamento è nascosto nell’Antico – diceva sant’Agostino – e l’Antico diventa chiaro nel Nuovo». Insomma la Scrittura va letta nella sua circolarità, dove un passo è chiarito e illuminato da un altro. Tornando al canone dei libri che la compongono, che scelta fu fatta? Perché il Nuovo Testamento è composto proprio da questi 27 libri e non da altri? Perché non scrisse qualcosa Gesù stesso? ..non sarebbe stato tutto più facile? Il punto è questo: più che scelta si tratta di “emersione”, se così possiamo dire, questi libri infatti, e non altri, si sono in qualche modo imposti da soli e in maniera autorevole, certo grazie alla Chiesa, che tuttavia, ridiamo nuovamente la parola a Maggioni, «ha avuto il coraggio di accogliere “le differenze” delle testimonianze, giudicando queste differenze (di autori, stili, generi letterari, ecc..) non un ostacolo all’unità della fede, bensì un segno della sua ricchezza». Non è forse tale apertura a caratterizzare la Bibbia come testo vivo? Quelli che vengono chiamati apòcrifi, dal greco “nascosti”, furono  dunque all’inizio opere contenenti e veicolanti idee estranee a quelle della prima Chiesa, idee nascoste e segrete, cioè proprie di un ambiente settario (nel senso peggiorativo del termine); in un secondo momento, però, vennero considerati apocrifi gli scritti sui quali la comunità cristiana si rifiutava di fondare il proprio credo, e di cui perciò non autorizzava la proclamazione pubblica nel servizio liturgico domenicale. In generale la letteratura apocrifa è divisibile in quattro categorie di opere: vangeli, atti degli apostoli, lettere e apocalissi. Se è vero che  possono contenere degli errori, ricoprono tuttavia un grande valore: pur non fondando la dottrina e la fede della Chiesa, possono infatti aiutarci ad affiancarla ed arricchirla. Il Nuovo Testamento più antico che attualmente possediamo, ovviamente tutto scritto in lingua greca, è oggi conservato in due Bibbie su pergamena risalenti al IV secolo: il Codex Vaticanus, così chiamato poiché è conservato nella Biblioteca Vaticana, e il Codex Sinaiticus, scoperto nel monastero di Santa Caterina del Sinai, in Egitto, oggi conservato al British Museum di Londra.          

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Gabriele Fabbri

Scarica la nostra App su