Marco 9,30-37: "Servire...". (Commento di don Franco Mastrolonardo)



Parola del Signore
Dal Vangelo secondo Marco 9,30-37

Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Recita
Simona Mulazzani

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale con chitarra di Gabriele Fabbri

Meditazione
Don Franco Mastrolonardo con i ragazzi del Punto Giovane di Riccione

Meditazione
Di che cosa stavate discutendo lungo la via?” Il brano inizia con la seconda predizione della passione da parte di Gesù; nella prima Pietro lo prende addirittura in disparte per rimproverarlo, ma viene chiamato “Satana” di fronte agli undici, in questo caso invece, per non rischiare un’altra figuraccia, tutti e dodici pensano bene di starsene zitti, “avevano timore di chiedergli spiegazioni” …ci credo!! Arrivano a Cafarnao e, entrati in una casa, probabilmente quella di Pietro, Gesù chiede loro di che cosa stessero parlando nel tragitto. Loro cosa fanno? Tacciono anche stavolta, meglio così, dato che per via avevano fatto gli “sbuccioni” tra di loro. Questo comportamento degli apostoli può sembrarci assurdo e fuori luogo ma, al di là che Marco calchi o meno la mano nel descriverlo, è ciò che in fondo facciamo un po’ tutti nelle nostre relazioni quotidiane: che lo vogliamo o no, che ne siamo consci o meno, lo stare assieme è il più delle volte improntato su uno stile fantozzianamente “competitivo”, che questo scambio avvenga attraverso la propria esaltazione o lo sminuire gli altri, poco importa, fatto sta che servire davvero i fratelli è una gara dura. A rincuorarci è però il fatto che Gesù stesso ce lo chiede, lui che l’ha fatto prima di noi e in maniera totale, “consegnandosi” a chi lo avrebbe ucciso. Certo potremmo rispondergli che noi non siamo nulla, che servire è cosa divina, troppo lontana dalla nostra umanità, insomma potremmo dirgli che per noi è impossibile. Eppure, duemila anni fa, lo ha chiesto a dodici uomini, future guide della Chiesa, che mentre camminavano con lui discutevano, forse litigando, su chi fosse il migliore tra loro..

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