Giovanni 15,1-8: "La vite e i tralci...". (Commento di don Davide Arcangeli)



Parola del Signore
Dal Vangelo secondo Giovanni 15, 1-8

Testo del Vangelo
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Meditazione
La figura della vite era già stata utilizzata dai profeti, in particolare da Isaia, per indicare Israele, popolo eletto dal suo Signore e coltivato con il dono della legge in attesa di frutti di santità e giustizia. Se nella profezia di Isaia questa attesa di Dio era stata compromessa dal peccato degli uomini, invece Gesù fornisce l’opportunità di una radicale purificazione e rigenerazione. La Parola che egli pronunzia, ossia il suo globale itinerario di discesa nel mondo e risalita al Padre, per mezzo dell’innalzamento della croce, è in grado di purificare e rigenerare, perché i discepoli possano portare frutto.
Egli è la vite vera e i discepoli sono i tralci, nel senso che solo nella misura in cui rimangono in Gesù, possono portare frutto. La vite è composta dai suoi tralci e non si distingue da essi, perché c’è una totale compenetrazione del tralcio nella vite. Allo stesso modo ciò accade nei discepoli, che sono assimilati in Lui. Non si tratta solo di un’appartenenza del discepolo a Gesù, ma anche di una presenza costante e di un’inabitazione essenziale di Gesù nel discepolo. Infatti Gesù non si limita a dire: “Rimanete in me”, ma aggiunge anche “e io in voi”
Questo processo di trasformazione del discepolo e inabitazione del Figlio in Lui, si manifesta pienamente nella vita di preghiera. 
La preghiera è una parola di Dio che rimane in noi e ci riempie. La preghiera è una parola di Dio che si fa domanda, richiesta, supplica e che viene esaudita nel mistero di Dio. La preghiera è una potenza che trasforma noi e il mondo e cambia le cose. La preghiera è ciò che ci permette di rimanere innestati nella vite e portare molto frutto. La preghiera è il sale della vita del discepolo: senza di essa non possono esserci frutti a Dio graditi. 

 

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