Giovanni 15,1-8: "Rimanete in me...". (Commento di don Franco Mastrolonardo)



Parola del Signore
Dal Vangelo secondo Giovanni 15, 1-8

Testo del Vangelo
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Recita
Massimo Alberici

Musica di sottofondo
P.H.Erlebach. Halleluja. Performer Michel Rondeau. Diritti Creative Commons. musopen.org

Meditazione
Don Franco Mastrolonardo

Meditazione
Rimanete in me. Sembrerebbe uno di quegli imperativi stonati per quelle che sono le ambizioni di libertà costitutive dell’uomo. Come se Gesù ci volesse solo per lui, a lui incatenati in una stanza qualsiasi della sua casa, condannati ad un carcere eterno. In realtà lo sappiamo bene: l’uomo non ha mai ascoltato i consigli di Dio e ha sempre fatto di testa sua. Come il figlio minore del Vangelo ha deciso di andarsene e se ne è andato. E Dio glielo ha sempre permesso!
No. Il "rimanete in me" non è un imperativo obbligante, non è il bloccare le nostre spinte autonome, gli slanci, la creatività che contraddistinguono l’uomo e la sua natura evolutiva.
Il "rimanete" è come dire: per favore aspetta qui davanti a me, ti sto facendo più bella di quello che sei. Non temere, ti sto plasmando per il tuo bene, per la tua felicità. Non scappare. L’esempio più lampante che mi viene in mente è quello dello scultore. Sappiamo che fra tutte le arti la scultura lavora per sottrazione piuttosto che per addizione. Se pensiamo alla musica, pensiamo a tante note che si aggiungono ad un pentagramma, o a suoni che si aggiungono al silenzio. Se pensiamo al disegno pensiamo a fogli o superfici che vengono colorate e quindi riempite. E a noi diciamocelo: ci piace essere riempiti, mascherati, truccati, vestiti.
Non ci piace invece essere spogliati, denudati, privati. Ecco invece lo scultore fa proprio questo: toglie qualcosa e lo fa con colpi decisi di scalpello. Lo scultore pota come il vignaiolo, lo scultore ti priva di qualcosa a colpi continui di martello. Ma se lo fa è perché vede la scultura dietro il blocco di marmo o come Mastro Geppetto vede già Pinocchio nel ceppo di legno.
Ecco, Dio vede quella meravigliosa creatura che siamo noi dentro l’umanità di cui siamo stati plasmati. Per questo ci dice: rimanete nel mio amore. Stai fermo piccolo. Non vedi che sto facendo di te, quello che sei veramente?

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