Luca 16, 1-8 con il commento di don Franco Mastrolonardo



Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».

Meditazione
Situazione difficile per quell’uomo ricco che vede sperperati i suoi averi dall' amministratore più fidato. Una storia che si ripete, diremmo noi, date le notizie di mala amministrazione presenti ogni giorno sui giornali. Mi sovviene la situazione della nostra cara Italia che in qualche modo assomiglia a quell’uomo ricco del Vangelo indebitata negli anni da amministratori sciuponi, dissipatori e spesso disonesti. Ma per tutti arriva il rendiconto finale.
L’amministratore del Vangelo ha un impeto di orgoglio: di fronte all’incubo di perdere lo status sociale acquisito, egli ricorre a un meccanismo finanziario che lo penalizza temporaneamente, ma che gli permette di sanare i bilanci e di mantenere l’incarico. In soldoni, rinuncia al proprio guadagno pur di salvare il posto e non retrocedere a mero bracciante o, peggio, ridursi all’elemosina.
Vedendo lo sbuzzo, il padrone resta ammirato dall’amministratore disonesto. Rimane un mascalzone, ma lo loda perché ha agito con scaltrezza. Certo non ha ricevuto l’abbraccio del padre come il figliol prodigo del Vangelo di Luca, ma qui non centra la questione del perdono. Gesù si serve di questa parabola per darci un altro tipo di insegnamento.
Proviamo a riflettere su quell’ultima frase: I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Questa è la conclusione, potremmo dire la morale della parabola. I figli della luce chi sono? E chi sono i figli di questo mondo? Non vorrei come al solito cadere nel distinguo classico, buoni e cattivi. So intanto che entrambi sono figli. E poi so un' altra cosa: che la luce di regola dovrebbe essere più veloce delle tenebre. Si dice appunto svelto come la luce. Qui al Punto Giovane diciamo simpaticamente che il diavolo è lento e Gesù è rock… Eppure nella parabola i figli della luce si fanno sorpassare dai loro pari. Di questo Gesù rimane colpito. Questi figli della luce sono lenti, poco creativi, poco furbi, poco scaltri, timorosi, indecisi, impacciati, poco lungimiranti. E così gli diventano più simpatici i figli di questo mondo, come quei bambini un po' sopra le righe che non stanno mai a quello che dici, ma che al momento opportuno ti stupiscono, perché hanno colto tutto. Ecco forse questa parabola è per i figli della luce di oggi che stanno ancora nel mondo lenti e impauriti e non si sono accorti che la luce perché sia luce, bisogna accenderla.

Recita
Anna Zavatta

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale con chitarra di Gabriele Fabbri

Meditazione
Don Franco Mastrolonardo

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