Matteo 5, 20-26: "Quando le parole uccidono...". (Commento di don Franco Mastrolonardo)



Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

Meditazione
Ogni tanto capita in confessionale chi comincia col dirmi, testuali parole: cosa vuole che le dica Padre? I miei peccati son tutti qui: bestemmiare non bestemmio, uccidere non ho mai ucciso nessuno, cosa vuole che le dica altro? Questa è la, direi, surreale quanto simpatica confessione soprattutto di quegli uomini di una certa età che hanno poca dimestichezza coll’esame di coscienza quotidiano. E qui diventa difficile la vita da prete in confessionale. Riuscire a far capire a quel tipo di persona in breve tempo che quelli che ha confessato non sono peccati, bensì virtù, ma che in fondo si... potrebbero mascherare un peccato più profondo e nascosto di cui non prendono consapevolezza…ebbene … spesso si preferisce dare una assoluzione veloce affidando tutto al Padre celeste.
Eppure Gesù è stato chiaro quel giorno: chi si adira con il proprio fratello e chi dice stupido al proprio fratello questi lo ha ucciso. Si proprio così. Perché cosa significa uccidere se non toglierlo di mezzo, o meglio toglierlo di mezzo dalla propria vita. Questa persona mi è di intralcio. La malavita lo ammazza, ciascuno di noi invece studia mezzi più delicati ma certamente peccaminosi per farlo fuori. Basta ad esempio che parli male di lui ad altri per denigrarlo pubblicamente, oppure escogitare stratagemmi per non vederlo, o semplicemente dire: ma che stai ad ascoltare quello? E’ matto!. Ecco fatto. Quell’uomo è come morto per me. E allora che differenza c’è tra l'averlo ucciso e averlo reso morto ai miei occhi. Certamente la gravità morale è diversa intendiamoci, ma le dinamiche di colpa sono le medesime. E per l’altro che subisce è certamente una morte, o perlomeno un trauma. Penso ad esempio a quei bambini che subiscono dal papà quei rimproveri tipo: non capisci mai niente. Poverini. Un giudizio svalutante di quel genere non finirà per far morire la stima che è in lui? E sempre di morte parliamo.

Recita
Federico Fedeli

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale con chitarra di Gabriele Fabbri

Meditazione
Don Franco Mastrolonardo

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