17 Ottobre: Sant'Ignazio di Antiochia (Biografia dialogata)



Sant'Ignazio di Antiochia (17 ottobre)  
«Scrivo a tutte le chiese, e a tutti annunzio che morrò volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete. Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto delle belve.. Sono frumento di Dio.. per divenire pane puro di Cristo. Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore.. E’ vicino il momento della mia nascita. Abbiate compassione di me, fratelli, non impeditemi di vivere, non vogliate che io muoia.. Lasciate che io raggiunga la pura luce: giunto là, sarò veramente un uomo.. Anche se vi supplicassi, quando sarò tra voi, non datemi ascolto: credete piuttosto a quanto vi scrivo ora nel pieno possesso della mia vita.. Se subirò il martirio, ciò significherà che mi avete voluto bene..». 

Di chi sono queste parole, così forti e anche un po’ – almeno apparentemente – contraddittorie?
A scriverle è Ignazio, terzo vescovo di Antiochia di Siria (dopo l’apostolo Pietro ed Evodio), al tempo una metropoli, la terza più grande dell’Impero romano, oggi città turca di 350.000 abitanti circa, posta sulle rive del fiume Oronte, a pochi chilometri dal confine con la Siria. I destinatari di questa sua lettera sono i cristiani di Roma, verso la quale si stava dirigendo.

Per quale ragione?
Vittima della persecuzione di Traiano (98-117), veniva condotto prigioniero nella città eterna per essere giustiziato. Durante questo tragitto scrisse sette lettere – una sorta di testamento spirituale –, sei delle quali indirizzate ad alcune comunità di cristiani (di Efeso, Magnesia, Tralle, Filadelfia, Smirne e appunto Roma), la settima invece al vescovo Policarpo. I temi di queste missive, caratterizzanti il personaggio di Ignazio, sono fondamentalmente tre: in primo luogo il ruolo insostituibile del vescovo (è lui ad affermare per primo una struttura ecclesiale gerarchica e “ordinata”), come segno di unità della Chiesa locale: «Là ov’è il vescovo – scriveva –, ivi sia la comunità, così come ov’è Cristo Gesù ivi è la Chiesa cattolica»; quindi la diatriba contro i cosiddetti “docetisti” (dal verbo greco dokèin, “sembrare, apparire”), eretici i quali affermavano che l’incarnazione di Cristo fosse stata solo apparente; infine il martirio. Nella lettera indirizzata ai cristiani di Roma, Ignazio supplica i fedeli affinché non si oppongano alla sua morte, patita per amore di Cristo, unica e suprema condizione per divenirne davvero discepolo e imitatore!

Quella verso Roma fu insomma una vera via Crucis..
Proprio così. Ignazio, il cui nome deriva dal latino ignis, cioè “fuoco”, amava però definirsi Teòforo, “colui che porta Dio”. E lo portò proprio in tal modo, attraverso la sua testimonianza e il suo desiderio di darsi totalmente a Colui che per primo si era dato per la vita degli uomini, compresa la sua. Il suo concedersi alle belve del Colosseo, per farsi “pane” e “ostia” (dal latino “vittima”), segna la nascita del misticismo legato al martirio. Tra l’altro sembra che la nascita di due neologismi, “Chiesa cattolica” (cioè “universale”) e “Cristianesimo”, siano da attribuire proprio ad Ignazio.         

Come mai la sua memoria cade il 17 ottobre?
Perché i cristiani di Antiochia venerarono il suo sepolcro, situato alle porte della città, già dal IV secolo, celebrandone il dies natalis, il giorno cioè del martirio, proprio il 17 ottobre. Prima della riforma dell’attuale calendario veniva festeggiato però il primo febbraio. Eppure la sua volontà era quella di non lasciare neppure traccia di sé, volendo essere totalmente ingerito dalle fiere affamate, di modo che il suo funerale non gravasse economicamente su nessuno.. 

«Accogli, Signore, l’offerta del nostro servizio sacerdotale, come hai gradito il sacrificio di sant’Ignazio, frumento del Cristo macinato nel martirio, per formare il pane a te consacrato» (Preghiera sulle Offerte)

 

Recita
Riccardo Cenci, Patrizia Sensoli

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

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