15 Ottobre: Santa Teresa d'Avila (Biografia dialogata)



Santa Teresa d'Avila (15 ottobre)  
«Niente ti turbi – niente t’attristi, tutto dilegua – Dio non si muta, con la pazienza – tutto t’acquisti, manchi di nulla – se hai Dio nel cuor: basta il suo amor».
Queste massime di Teresa, da lei custodite gelosamente, furono trovate nel suo Breviario, scritte su un pezzo di carta usato come segnalibro. 

Scrisse anche altro?
Tantissimo, soprattutto per descrivere le sue esperienze mistiche, confluite in testi divenuti celebri, su tutti: Il cammino di perfezione, Pensieri sull’amore di Dio e Il castello interiore. «..prego per amor di Dio chiunque mi leggerà a tener sempre presente che la mia vita fu molto cattiva, tanto che fra i santi convertiti non ne ho trovato uno con cui consolarmi. Dopo che furono chiamati da Dio, essi non l’offesero più, mentre io ho continuato a peggiorare, facendo pure il possibile, a quanto mi sembra, per resistere alle grazie che Dio mi faceva per non essere obbligata a servirlo con maggior perfezione, comprendendo benissimo di non essere neppur capace di soddisfare al minimo di quanto già gli dovevo. Sia Egli per sempre benedetto che mi ha aspettata per tanto tempo!».

Ad ascoltare queste parole sembra di sentir parlare una peccatrice incallita..
Invece sono state scritte da una donna con la “D” maiuscola, conscia della sua condizione umana, dunque peccatrice, ma anche dell’immensa grandezza di Dio, che tutto può. Fu definita “la più santa tra le donne e la più donna tra le sante”: Teresa de Cepeda y de Ahumada, nacque ad Avila nel 1515 e morì la notte del 4 ottobre 1582 (ma il giorno dopo, per la correzione gregoriana del calendario, era già il 15 ottobre). Aveva 67 anni. Canonizzata nel 1622, fu riconosciuta dottore della Chiesa da Paolo VI nel 1970.   

Una vita davvero intensa.
Ma anche e soprattutto “concreta”: «Teresa senza la grazia di Dio è una povera donna – diceva –; con la grazia di Dio, una forza; con la grazia di Dio e molti denari, una potenza». A soli sette anni convinse il fratellino Rodrigo a fuggire di casa per cercare il martirio in Africa! Fortunatamente il viaggio dei due durò poco: uno zio li incontrò e li riaccompagnò a casa. Interrogata dai genitori sull’accaduto, rispose che “voleva vedere Dio”. Probabilmente mamma e papà, prima di rimproverarla, si fecero una grassa risata.. Ma quello che il Signore le chiedeva le era già chiaro, tanto che a ventun anni è già avvolta dal saio monacale delle Carmelitane di Avila, indossato il 2 novembre 1536. Ventisei anni dopo fondò il primo di diciassette monasteri, contribuendo in tal modo, con l’aiuto di San Giovanni della Croce, a riformare l’ordine carmelitano, sia maschile che femminile, e a rinnovare l’intera Chiesa appena uscita dal Concilio di Trento. Convinta che le monache non dovessero essere più di dodici per monastero, e che dovessero pregare e mortificarsi ben più dell’agio in cui versavano, riavvicinò l’ordine del Carmelo alla regola determinata da sant’Alberto nel 1210.     

Tornando ai suoi scritti, in particolare a Il castello interiore, di cosa parla?
Denominata anche Mansioni, quest’opera parla della preghiera attraverso un’allegoria: «Possiamo considerare la nostra anima come un castello fatto di un sol diamante o di un tesissimo cristallo, nel quale vi siano molte mansioni, come molte ve ne sono in cielo». Con “mansioni” indica i diversi gradi di orazione («la porta per entrare in questo castello – scrive – è l’orazione e la meditazione»), gradi salendo i quali si giunge al punto più alto, dove risiede il Re, col quale avviene l’unione con la propria anima, fenomeno da lei chiamato “matrimonio spirituale”. Se le prime tre stanze sono accessibili agli asceti, le ultime quattro sono riservate ai mistici. 

Scrisse anche poesie?
Circa una trentina, una delle quali recita così: «Quando il dolce Cacciatore tese l’arco alla frecciata, fra le braccia dell’amore caddi in pieno vulnerata. Ma ripresi nuovo brio; e un tal foco m’arse in petto ché il Diletto è tutto mio ed io tutta del Diletto. Mi colpì d’una saetta infocata dall’amore, onde l’alma stretta stretta si congiunse al suo Signore. Or null’altro qui desìo; per Lui solo è qui il mio affetto. Ché il Diletto è tutto mio ed io tutta del Diletto». 

«Nada te turbe
nada te espante
quien a Dios tiene
nada le falta,
nada te turbe
nada te espante
solo Dios basta..». 

Recita
Riccardo Cenci, Patrizia Sensoli

 

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