3 Settembre: San Gregorio Magno (Biografia dialogata)



San Gregorio Magno (3 settembre)
«..quando mi trovavo in monastero ero in grado di trattenere la lingua dalle parole inutili e di tenere occupata la mente in uno stato quasi continuo di profonda orazione. Ma da quando ho sottoposto le spalle al peso dell’ufficio pastorale, l’animo non può più raccogliersi con assiduità in se stesso, perché è diviso tra molte faccende. Sono costretto a trattare ora le questioni delle chiese, ora dei monasteri, spesso a esaminare la vita e le azioni dei singoli; ora ad interessarmi di faccende private dei cittadini; ora a gemere sotto le spade irrompenti dei barbari e a tenere i lupi che insidiano il gregge affidatomi..». Queste parole tracciano una sorta di sintesi del percorso spirituale di Gregorio Magno.

In che senso?
Nato a Roma nel 540 circa, da famiglia senatoriale e nobile, a soli venticinque anni Gregorio era prefetto della città eterna. Dopo pochi anni, tuttavia, trasformò la casa familiare in un monastero: sant’Andrea al Celio, uno dei colli di Roma, a pochi passi dal Colosseo. Lo stesso fece con altri suoi possedimenti in Sicilia, anch’essi trasformati in monasteri. Era un amante della vita monastica, scrisse tra l’altro il celebre Libro dei Dialoghi di san Benedetto, l’unica fonte storica che possediamo sul santo di Norcia. Ma il suo ritiro durò poco. Papa Pelagio II lo inviò intorno al 579 a Costantinopoli in qualità di apocrisario, l’equivalente dell’odierno nunzio apostolico, ovvero colui che rappresenta il pontefice, in modo stabile, in altri luoghi sparsi nel mondo. Nel 586 rientrò al Celio e quattro anni dopo, morto Pelagio II, fu eletto papa al suo posto, pur non volendolo, ma “per acclamazione di popolo”, come si suol dire.     

Che tipo di pontificato fu il suo, se queste furono le premesse?
Significativa è anzitutto la scelta della sua memoria liturgica. Pur essendo morto il 12 marzo del 604, la Chiesa lo celebra il 3 settembre, giorno della sua elezione a papa, e questo per due ragioni: da una parte perché il 12 marzo cadrebbe spesso nel periodo di Quaresima, che andrebbe a metterne in ombra la festa; dall’altra per sottolinearne la figura di “papa esemplare”. Da molti è ritenuto infatti il prototipo di papa, “modello perfetto di come si governa la Chiesa”. Nonostante la salute non fosse il suo pezzo forte, i suoi quattordici anni da pontefice furono densissimi: amministrò la cosa pubblica (supplendo talvolta all’incapacità dei funzionari imperiali); si occupò degli acquedotti; difese Roma dall’attacco del re longobardo Agilulfo; eliminò ogni residuo di servitù della gleba (rappresentata da contadini schiavi, legati ad un preciso appezzamento di terreno); promosse la missione inglese di Sant’Agostino di Canterbury; e tanto altro ancora. 

Il celebre canto “gregoriano” ha per caso a che fare con lui?
Forse no. Anzitutto va premesso che, con “gregoriano”, si intende tutto ciò che viene attribuito ad un papa di nome Gregorio: con riforma gregoriana si allude ad esempio alle innovazioni introdotte da Gregorio VII (1020 ca. – 1085), mentre con calendario gregoriano si fa riferimento a quello riformato da Gregorio XIII (1502-1585), e così via. Con canto gregoriano si indica pertanto il canto liturgico di rito romano, attribuito al nostro Gregorio Magno, ma gli studiosi hanno diverse ipotesi in merito. L’iconografia su questo si è in ogni caso sbizzarrita: celebre è l’immagine che lo ritrae, basandosi su un’antica leggenda, nell’atto di dettare i suoi canti a un monaco, fermandosi però a fare lunghe pause. La curiosità del monaco circa questi silenzi, lo portò un giorno a scostare il telo che lo separava dal papa: una colomba stava sulle spalle del pontefice e gli dettava i canti! In campo liturgico, però, va ricordato anzitutto il Sacramentario da lui elaborato, di fatto l’antenato dell’attuale Messale Romano, il “librone” utilizzato oggi per celebrare l’Eucarestia.  

Si dice avesse una certa familiarità con la Bibbia..
Esattamente, lo deduciamo da alcuni suoi scritti, ad esempio le Omelie su Ezechiele, in cui dice: «Figlio dell’uomo, ti ho posto per sentinella alla casa d’Israele (Ez 3,16).. quando il Signore manda uno a predicare, lo chiama col nome di sentinella. La sentinella infatti sta sempre su un luogo elevato, per poter scorgere da lontano qualunque cosa stia per accadere. Chiunque è posto come sentinella del popolo deve stare in alto con la sua vista, per poter giovare con la sua preveggenza». In queste poche righe, Gregorio non fa altro che delineare la figura dei discendenti degli apostoli di Gesù: non a caso la parola vescovo deriva dal greco epìscopos, dal verbo epi-scopein, “guardare dall’alto”, insomma “vigilare sul gregge”, per proteggerlo e dirigerlo. 

«Donaci, Gregorio, di fidarci e affidarci ai pontefici che il Signore ci “manda”, di pregare per loro e di saperli riconoscere come inviati del Padre, ma anche di essere guida, nel nostro povero quotidiano, di chi Egli affida a noi».       

Recita
Federico Fedeli, Cristian Messina

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

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