1 Agosto: Sant'Alfonso Maria de' Liguori (Biografia dialogata)



Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1 agosto)
«Quanno nascette Ninno a Bettalemme/Era nott’, e pareva miezo juorno/Maje le Stelle lustre e belle/se vedetteno accossì:/e a cchiù lucente/jett’a chiammà li Magge all’Uriente./De pressa se scetajeno l’aucielle/cantanno de na forma tutta nova:/pe ‘nsì agrille ? co li strille,/e zombanno a ccà e a llà;/E’ nato, è nato,/decevano, lo Dio! che nc’ à criato..». Queste prime strofe di Quando nascette Ninno appartengono ad una canzone cara alla tradizione napoletana.

Ma cosa c’entra con il santo che festeggiamo oggi?
Si tratta del testo da cui è derivato in seguito il celebre Tu scendi dalle stelle, noto anche come Canzoncina a Gesù Bambino, canto natalizio composto da Sant’Alfonso nel dicembre 1754 a Deliceto, in provincia di Foggia. Nonostante ne abbia scritti e musicati tanti, questo è forse il brano che più incarna la religiosità popolare, che a detta del teologo Roberto Tagliaferri «(ha) vinto (oggi) non solo sulla secolarizzazione e sulla riduzione razionalistica della fede, ma soprattutto nei confronti della religione ufficiale» (Il Cristianesimo “pagano” della religiosità popolare). 

Canti a parte, cosa sappiamo di Alfonso?
Un po’ schematicamente possiamo così riassumere le tappe della vita di questo straordinario santo: nato nel 1696 a Marinella, nel napoletano  e da famiglia nobile (guarda caso il nome Alfonso significa proprio “nobile”), primo di otto figli, si fa notare immediatamente per le sue doti intellettuali. Iscrittosi all’Università a 12 anni, a 19 è già un avvocato affermato, ma a 30 diventa sacerdote. Sei anni dopo fonda la congregazione dei Redentoristi, mentre a 60 è consacrato vescovo. All’età di 79 anni, affetto da artropatia, ormai cieco e sordo, chiede ospitalità ai suoi figli spirituali, che lo accolgono in una casa di Nocera dei Pagani, in provincia di Salerno. 

Quindi ancora giovane abbandonò la carriera forense per quella ecclesiastica..
Un fatto causò in particolare questa svolta: un documento, esibito dopo una delle sue tante difese, dimostrò che, seppur in buona fede, il nostro Alfonso aveva avuto torto, sostenendo il falso. Così, smessa la toga, decise di stare accanto ai poveri, al servizio cioè di quella giustizia che non teme errori! Prima era avvocato – dal latino “chiamare in giudizio” (“per difendere”), parola che il greco traduce con Paraclito, “chiamato accanto”, e indica non a caso lo Spirito Santo – e si trovava a difendere chi lo pagava, poi  si trovò a fare altrettanto con le categorie più disagiate dei quartieri napoletani, ma questa volta gratis, nel senso latino del termine: “per grazia, bontà, benevolenza”.

Tornando all’ultima parte della sua esistenza, come si svolse?
Morì a 91 anni, gli ultimi 12 dei quali trascorsi a scrivere parte dei suoi tanti libri, tra cui Pratica d’amar Gesù Cristo, Le glorie di Maria e l’Apparecchio alla morte. Quest’ultimo testo sottolinea l’interesse che dette alla meditazione dei novissimi, ovvero le cose ultime: morte, giudizio (universale), inferno e paradiso, aspetti forse troppo poco citati nelle omelie domenicali di oggi.. Canonizzato nel 1832, fu dichiarato Dottore della Chiesa nel 1871, soprattutto grazie ai suoi scritti di teologia morale. In Pratica d’amar Gesù Cristo così si esprime: «Uomo, dice il Signore.. io sono stato il primo ad amarti.. il mondo neppur v’era ed io già t’amavo.. E dandoci il Figlio.. ci ha dato ogni bene: la sua grazia, il suo amore e il paradiso». E «il paradiso di Dio – sostiene lo stesso Alfonso – è il cuore dell’uomo» (Opere ascetiche). 

«Ti chiediamo Signore, per intercessione del santo vescovo Alfonso, di rendere attenti i nostri occhi ad ogni tua “discesa dalle stelle”, per poterti onorare ed amare come “re del cielo” e della terra, venuto “in una grotta” per donarci il paradiso». 

 


     

 

Recita
Cristian Messina, Tiziana Sensoli

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

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