Matteo 10, 37-42: "Amare...voce del verbo donare" (Commento di don Franco Mastrolonardo)



Testo del Vangelo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Meditazione
Gesù parte in quarta e conclude in retromarcia, quasi a venirci a riprendere. Sì, perché con le prime frasi lo perdiamo già di vista. E’ un linguaggio duro, quasi spietato. Come può chiederci di amarlo più di una madre o più di un figlio? Ricordo al proposito un simpatico aneddoto che mi raccontò una mamma durante le benedizioni nelle case. La sua bimba frequentava una scuola elementare tenuta dalle suore e un bel giorno la maestra di religione interrogò i bambini chiedendo se loro volevano più bene a Gesù che alla mamma e al papà. Tutti erano un po' intimoriti e andavano dietro le indicazioni della suora che li pilotava prendendo alla lettera il brano evangelico. Ma la bambina di questa mamma reagì, coraggiosamente alzò la mano e disse: "Io voglio più bene a mia mamma che a Gesù. Perché mia mamma la vedo, Gesù no".
Perlomeno è stata sincera.
Ad oggi gli direi, a conferma di quel dissenso, che in seno alla Chiesa ha avuto predecessori illustri. Pensate al priore di Barbiana, il nostro amato don Milani che in una delle sue lettere agli studenti scrisse così: "Carissimi ragazzi ho voluto più bene a voi che a Dio". Che dire quindi? Don Milani non aveva mai letto il Vangelo di oggi?
Ma andiamo avanti con l’analizzare il brano. Dopo averci stordito con questa partenza da formula uno, ecco che Gesù rallenta e arriva a concludere il brano con qualcosa di dolce e semplice.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere di acqua fresca non perderà la sua ricompensa.
Ci viene ora spontaneo chiederci. Qual’è il senso di un Vangelo così apparentemente schizofrenico?
Il senso sta nella misteriosa coincidenza dei due estremi. Qui riprendo una riflessione di Padre Ermes Ronchi.

"Il dare tutta la vita o anche solo una piccola cosa, la croce e il bicchiere d'acqua sono i due estremi di uno stesso movimento: dare qualcosa, un po', tutto, perché nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con il verbo dare: Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio. Non c'è amore più grande che dare la vita!
Un bicchiere d'acqua, dice Gesù, un gesto così piccolo che anche l'ultimo di noi, anche il più povero può permettersi. E tuttavia un gesto non banale, un gesto vivo, significato da quell'aggettivo che Gesù aggiunge, così evangelico e fragrante: acqua fresca.
Acqua fresca deve essere, vale a dire l'acqua buona per la grande calura, l'acqua attenta alla sete dell'altro, procurata con cura, l'acqua migliore che hai, quasi un'acqua affettuosa con dentro l'eco del cuore.
Dare la vita, dare un bicchiere d'acqua fresca, ecco la stupenda pedagogia di Cristo. Un bicchiere d'acqua fresca se dato con tutto il cuore ha dentro la Croce. Tutto il Vangelo è nella Croce, ma tutto il Vangelo è anche in un bicchiere d'acqua.
Nulla è troppo piccolo per il Signore, perché ogni gesto compiuto con tutto il cuore ci avvicina all'assoluto di Dio.
Amare nel Vangelo non equivale ad emozionarsi, a tremare o trepidare per una creatura, ma si traduce sempre con un altro verbo molto semplice, molto concreto, un verbo fattivo, di mani, il verbo dare”.

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

Meditazione
Don Franco Mastrolonardo

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