Giovanni 20, 24-29 con il commento di don Franco Mastrolonardo



Testo del Vangelo
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Meditazione
Suoneranno dissonanti agli orecchi dei teologi e dei liturgisti queste parole. Eppure la fonte è del tutto autorevole: Pierangelo Sequeri preside della Facoltà teologica dell'Italia settentrionale. Vi invito ovviamente ad ascoltare l’intera lezione su YouTube dal titolo “La bellezza evangelizzante della liturgia”. Però il senso del discorso è un po questo: noi occidentali, figli di una religiosità illuminista, abbiamo dimenticato la teologia del gesto. La nostra spiritualità diffida di chi tocca, di chi balla, di chi bacia, di chi stringe le mani, diffida della corporeità e delega alla mente la gestione del sacro e della preghiera. D’altronde non dice Gesù nel vangelo di oggi “beati quelli che pur non avendo visto hanno creduto ?”. E così addio ai sensi di cui gli occhi sono emblema, e spazio alla mente e all’anima che credono senza vedere. Con la riga finale del vangelo si è costruita una spiritualità per cristiani d’hoc.
Ma se ci si ferma unicamente a questa frase non si rende verità ad un Vangelo molto più complesso e ricco. E’ vero che Gesù indica come via di santificazione la fede cieca, ma questo è il punto d’arrivo. Il resto è invece un vedere, un sperimentare, un toccare; Dirà san Giovanni nelle sue lettere: ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta.
Guardiamo allora questo vangelo nella sua interezza. Non è forse Gesù che si lascia vedere dagli apostoli? Non è forse Gesù che si lascia toccare da Tommaso? Gesù poteva anche costringere Tommaso ad un fidarsi degli altri, poteva scegliere di non farsi più vedere, di obbligarlo al credere senza vedere. Invece no. E’ tornato per farsi vedere da lui, per farsi incontrare, addirittura per farsi toccare.
Come è bello e sensuale quel dipinto del Caravaggio che ci mostra la mano di Gesù che prende con decisione il dito di Tommaso e lo immerge nella ferita del costato. E li dietro i due super apostoli Pietro e Giovanni curiosissimi che guardano quasi ingelositi. Altro che credere senza vedere. Qui vogliono tutti vedere. Abbiamo bisogno di vedere e di far vedere. La nostra spiritualità vive dell’incarnazione. Concludo con questo passaggio del Cardinal Ravasi.

Recita
Cristian Messina

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

Meditazione
Don Franco Mastrolonardo

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