Matteo 9, 14-17: "Fame e sete di Dio...". (Commento di don Franco Mastrolonardo)



Testo del Vangelo
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Meditazione
Già in precedenza Gesù ammoniva l'atteggiamento ipocrita dei farisei circa il digiuno. Non ha senso il digiuno se è ostentato. Diverso invece l'atteggiamento dei discepoli di Giovanni il Battista nei confronti del digiuno. A loro non interessavano i plausi della gente, ma nei riguardi di questa pratica avevano una specie di devozione idolatrica. Troppo rigidi.
Il cristianesimo non si pone come meta della spiritualità il digiuno, e nemmeno la preghiera, ma la comunione con Gesù. E tutto è vissuto nella gioia.
Nel nostro cammino di amicizia ovviamente ci poniamo degli strumenti per convertirci a Lui. In questa prospettiva il digiuno diventa liberante: libera uno spazio in noi per permetterci di crescere nella fede. E’ da vivere con gioia perché come l’allenamento costa fatica ma ti permette di raggiungere traguardi nuovi, di superare te stesso, così è il digiuno. Nessuna tristezza del cuore, perchè lo “Sposo” è con noi! Il digiuno ci porta nel deserto a parlare con lo Sposo, ci fa riscoprire quella fame e sete di Dio, nel Dio che ci chiede di convertirci e di andare verso Lui . Ma quando siamo insieme a Lui nessun digiuno e nessuna tristezza, perchè lo Sposo è con noi!
Vi lascio con un articolo di un quotidiano laico circa le considerazioni sul digiuno del Ramadan . Forse qualche differenza tra noi cristiani e i musulmani c'è... Il testo lo potete leggere.

"Il Ramadan è diventato una tradizione più sociale che religiosa. È il mese in cui i credenti osservano il digiuno totale allo scopo di provare con il proprio corpo quello che provano i poveri, quelli che la società ha lasciato indietro. Nel 1966, l’allora presidente tunisino Habib Bourguiba era apparso in televisione e aveva bevuto un bicchiere di succo d’arancia per esortare gli operai che facevano lavori di fatica a non fare il digiuno. Per qualche anno, la Tunisia fu l’unico paese musulmano a non rispettare rigorosamente il digiuno di Ramadan. Oggi quell’epoca è finita e chi non osserva il digiuno e mangia in pubblico è punito con la reclusione da sei a dodici mesi.
Una tradizione sociale, certo, ma anche un momento per rafforzare la propria devozione ai precetti dell’Islam. In Magreb nessuno osa uscire dai ranghi e mangiare in pubblico: un simile atto sarebbe percepito come una mancanza di solidarietà e un tradimento. Quello che manca al Ramadan, così come è praticato nel mondo musulmano, è lo spirito che ne è all’origine. Al calare del sole, quando tutti rompono il digiuno, non tutte le tavole sono imbandite con le stesse vettovaglie: ce ne sono di ricche e di povere o poverissime. Inoltre, la meditazione, la riflessione su se stessi e l’esame di coscienza non si fanno per davvero. Ci sono delle riunioni nelle moschee, dette “Tarawih”, con preghiere e sermoni, ma il modo in cui le persone si comportano non è molto diverso dal solito.
All’estero, durante il mese di Ramadan gli immigrati musulmani soffrono perché sono una minoranza in un contesto che ignora l’Islam e le sue tradizioni. Non possono smettere di lavorare per le preghiere o lesinare la fatica durante la giornata. Gli manca quella che il Corano chiama “la calorosa fratellanza” e che dà ai musulmani un’occasione per rafforzare i legami della solidarietà. Il credente, che non deve rendere conto che a Dio, può praticare la sua religione in silenzio senza chiedere all’ambiente circostante di partecipare alle sue azioni. L’Islam responsabilizza il credente. È per questo che nell’Islam sunnita, maggioritario, non c’è gerarchia, non ci sono intermediari tra il fedele e Dio: l’Islam è un rapporto diretto con il Creatore. Ecco che cosa rende nulle le autoproclamazioni di califfato, come quella del capo dell’Isis al-Baghdadi. La sua illegittimità è insita nello spirito e nelle parole dell’Islam".

Recita
Maria Elena Fabbri

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale con chitarra di Gabriele Fabbri

Meditazione
Don Franco Mastrolonardo

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