Pregano tutti gli uomini?

L'universalità della preghiera

Avendo come base comune il bisogno di Dio possiamo dire che la preghiera appartiene all'uomo di ogni tempo. La preghiera nasce nel cuore di ogni uomo per la naturale consapevolezza di essere creature destinate alla morte. Questa dimensione di finitudine ci interroga e ci porta a scoprire una realtà sproporzionatamente più grande, più divina. A questa Realtà l'uomo di tutti i tempi si rivolge spontaneamente. Questo rivolgersi prende il nome di preghiera. 


"Amici, in questi esempi di preghiere delle diverse epoche e civiltà emerge la consapevolezza che l’essere umano ha della sua condizione di creatura e della sua dipendenza da un Altro a lui superiore e fonte di ogni bene. L’uomo di tutti i tempi prega perché non può fare a meno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza, che rimane oscuro e sconfortante, se non viene messo in rapporto con il mistero di Dio e del suo disegno sul mondo". (Benedetto XVI, catechesi sulla preghiera 1)

 
La natura della preghiera è intrinsecamente trascendente, nel senso che è sempre indirizzata ad un essere spirituale superiore con cui gli esseri umani cercano di allearsi. Colui che prega si pone, attraverso il discorso, in una posizione asimmetrica rispetto ad un essere trascendente; a volte poi l’atto di pregare può implicare anche un’offerta, o la promessa di un voto.

 
L'uomo è un essere orante non per scelta, ma per natura. La sua preghiera non è frutto di un desiderio soggettivo, bensì è iscritta nel suo squilibrio ontologico che lo rende consapevole della sua finitezza e dei suoi limiti, ma al contempo lo informa delle sue aspirazioni” (Marco Damonte, “Homo orans. Antropologia della preghiera”)

 

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