In Effetti

Non è possibile capire “dove andiamo” senza sapere “da dove veniamo”: occorre allora tornare al grande codice della cultura occidentale.

Non solo, è utile osservare come questo, nel tempo, abbia prodotto degli “effetti” sulla cultura in generale.

Il capitolo 24 di Luca può aiutarci ad attualizzare la questione: come i due diretti a Emmaus «conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto», altrettanto potremmo fare oggi, conversando tra noi di tutto quello che è accaduto negli ultimi duemila anni. In generale, che tracce ha lasciato sul pianeta Terra l’evento Gesù Cristo?

Nello specifico, quali effetti ha prodotto sulla cultura e nei diversi ambiti: la storia, la letteratura, la geografia, la scuola, la scienza, la filosofia, l’arte, la politica, la superstizione, l’etica e, avvicinandoci al nostro tempo, lo sport, i mass media, e via dicendo?

Più precisamente: il mondo coi suoi mille risvolti, si è lasciato scalfire dalle pagine bibliche? Quanto, queste, hanno inciso nello svolgimento della “storia”?

Ma soprattutto: quali “effetti” ha avuto su di essa? I nostri occhi, come quelli dei due di Emmaus, sono ancora oggi «impediti a riconoscerlo», ma Gesù non smette di affiancarsi a noi, e lo fa in mille modi: uno di questi è appunto attraverso la sua Parola, che poi è Lui stesso! Parola contenuta in primis nella Bibbia, il libro più posseduto al monto eppure il meno letto.. triste record. A volte ci affianca senza che ce ne rendiamo conto e, con la voce di un amico, attraverso un avvenimento o in altro modo, ci chiede cos’è accaduto in questi duemila anni: cosa gli rispondiamo?

«La Bibbia – afferma il teologo Brunetto Salvarani – è.. letteratura, a sua volta produttrice di altra letteratura e di arte: per cui sarà utile, sulla linea ermeneutica tracciata nel secolo scorso da Paul Ricoeur e Hans Georg Gadamer, cimentarsi con la sua storia degli effetti di senso», e aggiunge: «la Bibbia è un libro con il quale dobbiamo tutti fare i conti, credenti o non credenti, laici o religiosi che siamo».

Torniamo a Emmaus: «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui», parole il cui “effetto” è: «non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre.. ci spiegava le Scritture?».

Allora perché non lasciarci battere il cuore da qualsiasi cosa ci parli di Gesù, sia esso un quadro o un film, un libro o un autore, la scienza o un evento sportivo, uno spettacolo o una canzone? Ci è chiesto solo di ri-conoscerlo in tutto ciò..

Nel suo messaggio, in occasione della 54ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2020, papa Francesco ha affermato: «L’uomo è un essere narrante. Fin da piccoli abbiamo fame di storie come abbiamo fame di cibo.

Che siano in forma di fiabe, di romanzi, di film, di canzoni, di notizie.., le storie influenzano la nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli. Spesso decidiamo che cosa sia giusto o sbagliato in base ai personaggi e alle storie che abbiamo assimilato. I racconti ci segnano, plasmano le nostre convinzioni e i nostri comportamenti, possono aiutarci a capire e a dire chi siamo». Già cinque anni prima, il 15 gennaio 2015, lo scrittore, sceneggiatore ed insegnante Alessandro D’Avenia, ha tenuto un incontro con gli universitari del Politecnico di Milano su Dostoevskij e, ad un certo punto, ha affermato: «Perché per le cose più importanti parliamo di storia della vita, storia d’amore, perché?

Perché noi siamo esseri narrativi, senza le narrazioni noi della vita non sappiamo che cosa farcene. Perché siamo esseri narrativi? Perché interpretiamo le azioni dell’uomo attraverso le narrazioni, perché siamo esseri storici, esseri che stanno nella storia, che hanno una storia, che sono una storia.. conoscere la realtà è conoscere le narrazioni.. noi senza storie non possiamo vivere.. senza le narrazioni noi non sappiamo chi siamo.

Tutte le interpretazioni che noi diamo del nostro esistere sono narrative. Passiamo due terzi della nostra esistenza a narrare: la notte sognando, anche se non ci ricordiamo.. (e anche) quando non pensiamo a niente, noi costruiamo narrazioni.. senza narrazioni non esistiamo! ..a che punto sono le narrazioni nella nostra vita? ..Quello che si frappone fra me e la mia autenticità.. il mio stare al mondo.. è una narrazione».

E la Bibbia è proprio quel grande racconto che ha la pretesa di dirci chi siamo, perché – diceva Umberto Eco nel 1989, lui che scelse di abbandonare la fede cristiana – «Non c’è un aspetto della nostra cultura, compreso il marxismo, che non sia stato influenzato dalla cultura espressa dalla Bibbia..».

Eppure quest’ultima è un libro assente nell’attuale società.. come mai? Il già citato Salvarani sostiene che «Le motivazioni di tale assenza.. (siano) molteplici, a partire dall’analfabetismo di massa dei primi secoli del cristianesimo, anche se l’episodio decisivo – prosegue – resta senza dubbio il Concilio di Trento (1545-1563), quando l’atteggiamento difensivo nei confronti del nemico luterano impedì al magistero cattolico di cogliere il novum che stava maturando in quei decenni in tante coscienze laiche: la necessità di un rapporto diretto con il testo biblico..».

Ormai sono passati più di 450 anni da quel momento, ma l’analfabetismo biblico rimane, anche e soprattutto (considerata la responsabilità) in noi cattolici! La presente rubrica, intitolata non a caso In effetti, ha pertanto solo una piccola pretesa: fornire un paio d’occhiali per poter ri-conoscere il messaggio biblico in ogni “situazione” o quasi, la più grande storia mai raccontata in tante “storie” che già, forse, ascoltiamo da tempo..

 

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