29 Giugno: Santi Pietro e Paolo (Catechesi dialogata)



Santi Pietro e Paolo apostoli (29 giugno)
La Chiesa oggi festeggia la solennità dei Santi Pietro e Paolo, che tuttavia celebra già durante l’anno.. come mai oggi li accomuna?
Momento speciale della Messa è la Preghiera Eucaristica, che inizia con il Prefazio, il quale ha la funzione di esprimere in modo particolare il ringraziamento per quanto Dio ha compiuto e compie continuamente nella storia della salvezza, e termina con il Santo. Lasciamo dunque alle parole del Prefazio di oggi il compito di introdurci a questa solennità: «Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Tu hai voluto unire in gioiosa fraternità i due santi apostoli Pietro, che per primo confessò la fede nel Cristo, Paolo, che illuminò le profondità del mistero, il pescatore di Galilea, che costituì la prima comunità con i giusti di Israele, il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti. Così, con diversi doni, hanno edificato l’unica Chiesa, e associati nella venerazione del popolo cristiano condividono la stessa corona di gloria».

Potremmo riassumere il tutto dicendo che, se oggi noi crediamo, è anche grazie a loro?
Esattamente! L’opera instancabile di questi due uomini di Dio ha segnato indelebilmente la storia. Non solo, «il (loro) martirio.. – dice Sant’Agostino – ha reso sacro per noi questo giorno.. questi martiri hanno visto ciò che hanno predicato. Hanno seguito la giustizia. Hanno testimoniato la verità e sono morti per essa.. – e prosegue – Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola. Pietro precedette, Paolo seguì. Celebriamo perciò questo giorno di festa, consacrato per noi dal sangue degli apostoli».

Perché, se Agostino dice che sono morti in giorni diversi, li celebriamo insieme?
Anzitutto va sottolineato che tale festa è talmente antica da precedere di molto quella del Natale. E’ attestato che già nel IV secolo in questo giorno a Roma si celebravano ben tre Messe: la prima a San Pietro in Vaticano, la seconda a San Paolo fuori le Mura e la terza nelle catacombe di San Sebastiano, luogo in cui le reliquie dei due apostoli furono nascoste per qualche tempo, per essere sottratte alle profanazioni. In più è bene ricordare che, dopo Maria, Pietro e Paolo, insieme a San Giovanni Battista, sono i santi più ricordati e con maggior solennità durante l’anno liturgico. Ma torniamo al motivo della loro celebrazione comune. Per lungo tempo, infatti, si ritenne che il 29 giugno dell’anno 67 fosse il momento esatto in cui, Pietro sul colle Vaticano e Paolo nella località ora denominata Tre Fontane, testimoniarono la loro fedeltà a Cristo col sangue. In realtà, sebbene il loro martirio sia storicamente indiscutibile, è incerto sia il giorno sia l’anno della loro morte: se per Paolo c’è concordanza, cioè l’anno 67, per Pietro invece gli studiosi propendono per il 64.

Quale ragione ha portato allora proprio al 29 giugno?
Il Messale precedente celebrava il 29 giugno Pietro e il 30, il giorno seguente, Paolo. La riforma liturgica ha voluto un’unica festa per entrambi. Ma perché? Alcuni la ritengono la cristianizzazione di una festa pagana precedente, quella che celebrava Romolo e Remo, i fondatori della Città Eterna. Perché accomunare gli apostoli ai due mitici fratelli gemelli? Questi ultimi sono ritenuti dalla tradizione pagana i fondatori di Roma: il 21 aprile del 753 a.C. è considerata la data di fondazione, giorno detto anche Natale di Roma. Romolo ha dato inoltre alla città il suo nome e ne è stato il primo re. Se i due “fratelli di sangue” sono ritenuti i fondatori della Roma civile, se così possiamo dire, i “fratelli di sangue versato” (per Cristo), sono i fondatori della Roma cristiana. Non solo, ma della Chiesa intera.

Tornando al martirio dei due apostoli, cosa sappiamo con certezza?
La testimonianza più antica ce la dà lo scrittore cartaginese Tertulliano nel II secolo. Egli riferisce che Pietro fu crocifisso (la tradizione ritiene “a testa in giù”, in quanto non si riteneva degno di morire allo stesso modo del suo Signore), mentre Paolo fu decapitato. Il primo fu seppellito sul colle Vaticano, il secondo nella proprietà di una certa Lucina, alle Acque Salvie, una zona paludosa sulla via Ostiense, a cinque chilometri da Roma, nei pressi del luogo sul quale oggi sorge la grande basilica di San Paolo fuori le Mura, fatta costruire dall’imperatore Costantino nel IV secolo e luogo della prima traslazione del sepolcro dell’Apostolo. Si dice che la sua testa decapitata sia rimbalzata per tre volte, e che ogni volta ne sia scaturita una fontana, da cui l’origine del nome “Tre Fontane”.

La solennità di oggi ha quindi una grande importanza per la Chiesa..
Grandissima. Il Lezionario di oggi, il libro cioè che contiene le letture proclamate durante l’Eucarestia, sottolinea la centralità della Chiesa in tutto il suo fulgore. Per quanto riguarda Pietro, la pericope (dal greco “ritaglio”) in cui gli viene affidato l’incarico di guidare la Chiesa, il cosiddetto “primato petrino”, è un aspetto dibattuto. Costituisce il momento in cui convergono due aspetti: la confessione di fede di Pietro (in cui l’apostolo afferma «Tu sei il Cristo..») e la promessa di Gesù nei suoi confronti. Se il primo dato è comune a tutti i Vangeli Sinottici (Mt 16,13-16; Mc 8,27-29; Lc 9,18-20), il secondo è attestato solo da Matteo (16,17-20). Questa seconda scena, in cui Gesù “consegna a Pietro” il compito di guidare (nel senso però di servire) la sua Chiesa, è costruita su tre simboli: la pietra, le chiavi e il binomio legare-sciogliere. La pietra si ricollega al nome aramaico kefa, attribuito da Gesù a Simone, considerato per questo “fondamento” della nuova realtà. Le chiavi invece indicano una responsabilità, si pensi ad esempio al rito d’iniziazione costituito dalla consegna delle chiavi di casa, che mamma e papà affidano al giovane ritenuto “pronto”. Il legare-sciogliere riguarda infine l’ambito dell’insegnamento e la morale: al pescatore di Galilea è affidato cioè il compito di interpretare e orientare le continue decisioni storiche della Chiesa.

Di Paolo, invece, cosa possiamo dire a riguardo?
Difficile riassumere cosa rappresenti Paolo per la Chiesa, quindi lasciamo che sia lui a farlo, con le parole di quello che viene considerato il suo testamento autobiografico, la seconda lettera a Timoteo (2Tm 4,6-8.17-18), in cui l’Apostolo usa quattro immagini per descrivere la sua esperienza cristiana. Al capitolo quarto dice testualmente: «sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita (che la vecchia traduzione della Bibbia rendeva con «è giunto il momento di sciogliere le vele»). Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede..». Se la prima immagine riguarda il culto, la seconda appartiene alla navigazione – che Paolo ha ben conosciuto e praticato –, mentre la terza è militare. L’ultima infine è sportiva: la corsa che lui ha compiuto gli ha meritato un premio ben maggiore di qualsiasi trofeo umano!

Donaci Signore, per i meriti di questi tuoi due instancabili “atleti”, di giungere alla corona che non appassisce.

Recita
Cristian Messina, Daniela Santorsola

Musica di sottofondo
Arrangiamento musicale di Gabriele Fabbri

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