La Parola di Dio che combatte l'accidia (Ascolto "pneumaterapeutico" con sottofondo di Brahms)



Testo della preghiera
Siracide 30, 31

Non abbandonarti alla tristezza, non tormentarti con i tuoi pensieri.

Vangelo di Matteo 10, 38
Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.

Seconda lettera a Timoteo 2,3
Prendi anche tu la tua parte di sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù.

Seconda lettera ai Corinzi 7,10
La tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte. 

Salmo 30, 25
Siate forti, riprendete coraggio voi tutti che sperate nel Signore.

Prima lettera ai Corinzi 10,13
Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla.

Tobia 4, 13
Nella pigrizia vi è poverta e miseria, perche l'ignavia è madre della fame.

Salmo 22, 1-4
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me. 

Salmo 36, 3-4
Confida nel Signore e fa il bene,
abita la terra e vivi con fede.
Cerca la gioia del Signore
esaudirà i desideri del tuo cuore.

Lettera di Giacomo 1, 12
Beato l'uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.

Vangelo di Luca 14,27
Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.

Salmo 41,6
Perchè ti rattristi anima mia? Perchè su di me gemi?
Spera in Dio, ancora potrò lodarlo,
Lui salvezza del mio volto e mio Dio. 

 

 

Recita
Sorelle clarisse di Urbania

Musica di sottofondo
J. Brahms. Synphony No.3 in F Op.90, III. Poco allegretto. Diritti Creative Commons, musopen.org

L' accidia
Chi è preso dall' accidia probabilmente non avrà neppure la voglia di aprire la app per ascoltare questa preghiera. Si perchè questo demonio ci inchioda sui nostri pensieri girovaghi e ci paralizza. Ci toglie ogni slancio e ogni interesse. Per cui il consiglio, come sempre, è quello di anticipare il demone della accidia che era considerato dai padri del deserto, uono degli otto spiriti malvagi, i nostri vizi capitali e pregare ogni giorno questa litania di Parole antirresis. Il consiglio è anche quello di impararle a memoria e recitarle nel nostro cuore. Ascoltando le parole della Bibbia noterete che quasi tutte sono pronunciate direttamente da Dio. Questo perchè l'accidioso fatica ad esternare il suo dolore e ha bisogno di essere continuamente provocato e anche sferzato.

Cos'è l'accidia
E' una malattia dell’anima, la cui manifestazione più evidente è una sofferta depressione melanconica, la perdita cioè dell’oggetto d’amore e della parte del sé che vi era investita. In termini spirituali è una forma di depressione dovuta al rilassamento dell’ascesi, ad un venir meno della vigilanza, alla mancanza di custodia del cuore. Resistere, perseverare, andare avanti è allora l’insegnamento fondamentale della tradizione ascetico-monastica, consapevole che il fervore degli inizi ha bisogno di essere messo alla prova nel più austero dei crogiuoli: il tempo.

I termini pigrizia o noia, con i quali spesso è tradotto, non esprimono che una parte della realtà complessa che esso indica: stanchezza, indolenza, torpore, disgusto, abbattimento, languore, atonia o perdita di tensione dell’anima, scoraggiamento, avversione.

Lo stato che l’accidia origina non è una semplice crisi passeggera, ma una patologia radicale e cronica del cuore, uno stato d’animo che porta al disorientamento. Tutti questi stati, che si ricollegano all’accidia, sono accompagnati da inquietudine o ansia, che è, oltre al disgusto, un carattere fondamentale di questa passione.

Contro un nemico così sfuggente e multiforme, quasi fatto d’ombra, la tradizione spirituale cristiana individua le armi più efficaci nella resistenza e nella costanza amorosa - per dirla in una parola nella virtù della fortezza, dono dello Spirito Santo - applicate a tutti gli atti dell’esistenza: da quelli spirituali a quelli materiali.

Diviene così fondamentale imparare a mantenersi vigili e coscienti del presente; imporsi metodo e disciplina nelle azioni; esercitare con costanza ed esigenza la veracità verso se stessi e gli altri; vivere la speranza attiva e paziente del costruire giorno per giorno. Infine, visto che l’accidia pretende di prendersi troppo sul serio e ingigantisce l’importanza della propria tristezza, ottimo antidoto è una buona dose di autoironia che con una risata sappia farci riportare le cose che ci coinvolgono alla loro giusta proporzione.

L'accidia nell'Antierretikon di Evagrio Pontico
L'acedia
L'acedia (1) È una debolezza dell'anima che insorge quando non si vive secondo natura né si fronteggia nobilmente la tentazione (2). Infatti la tentazione È per un'anima nobile ciò che È il cibo per un corpo vigoroso. Il vento del nord nutre i germogli e le tentazioni consolidano la fermezza dell'anima. La nube povera d'acqua È allontanata dal vento come la mente che non ha perseveranza (3) dallo spirito dell'acedia. La rugiada primaverile accresce il frutto del campo e la parola spirituale esalta la fermezza dell'anima. Il flusso dell'acedia caccia il monaco dalla propria dimora, mentre colui che È perseverante se ne sta sempre tranquillo. L'acedioso adduce quale pretesto la visita degli ammalati, cosa che garantisce il proprio scopo. Il monaco acedioso È rapido a svolgere il suo ufficio e considera un precetto la propria soddisfazione; la pianta debole È piegata da una lieve brezza e immaginare la partenza distrae l'acedioso. Un albero ben piantato non È scosso dalla violenza dei venti e l'acedia non piega l'anima ben puntellata. Il monaco girovago (4), secco fuscello della solitudine, sta poco tranquillo e, senza volerlo, È sospinto qua e là di volta in volta. Un albero trapiantato non fruttifica (5) e il monaco vagabondo non dà frutti di virtù. L'ammalato non È soddisfatto da un solo cibo e il monaco acedioso non lo È da una sola occupazione. Non basta una sola femmina a soddisfare il voluttuoso e non È abbastanza una sola cella per l'acedioso.

Capitolo 14

L'occhio dell'acedioso fissa le finestre continuamente e la sua mente immagina che arrivino visite: la porta cigola e quello balza fuori, ode una voce e si sporge dalla finestra e non se ne va da l finché, sedutosi, non si intorpidisce. Quando legge, l'acedioso sbadiglia molto, si lascia andare facilmente al sonno (1), si stropiccia gli occhi, si stiracchia e, distogliendo lo sguardo dal libro, fissa la parete e, di nuovo, rimessosi a leggere un po', ripetendo la fine delle parole, si affatica inutilmente, conta i fogli, calcola i quaternioni, disprezza le lettere e gli ornamenti e infine, piegato il libro, lo pone sotto la testa e cade in un sonno non molto profondo, e infatti, di l a poco, la fame gli risveglia l'anima con le sue preoccupazioni. Il monaco acedioso È pigro alla preghiera e di certo non pronuncerà mai le parole dell'orazione (2); come infatti l'ammalato non riesce a sollevare un peso eccessivo così anche l'acedioso di sicuro non si occuperà con diligenza dei doveri verso Dio: all'uno infatti difetta la forza fisica, all'altro viene meno il vigore dell'anima. La pazienza, il far tutto con molta assiduità e il timor di Dio curano l'acedia. Disponi per te stesso una giusta misura in ogni attività e non desistere prima di averla conclusa, e prega assennatamente e con forza e lo spirito dell'acedia fuggirà da te (3).

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